Il fenomeno dell'emigrazione dall'Umbria negli anni del secondo dopoguerra è ricostruito in modo complessivo, esaminando in profondità le origini del fenomeno e i suoi effetti sul breve e sul lungo periodo. Gli anni della ricostruzione sono per la regione anni difficili, in cui i problemi antichi e quelli più nuovi legati alla struttura del mercato del lavoro, alla conformazione del territorio e all'assetto produttivo si sovrappongono tra loro fino ad esplodere periodicamente. Una delle conseguenze più visibili di questa congiuntura storica è l'aumento vertiginoso dello spopolamento di intere aree e il parallelo sviluppo di diversi fenomeni migratori. L'emigrazione all'estero è solo una tra le tante tipologie migratorie che caratterizza gli umbri nel dopoguerra, e anzi spesso rappresenta l'esito finale di un percorso che li ha visti prima spostarsi verso le pianure, poi verso i piccoli e medi centri urbani e poi nelle grandi città dell'Italia centro-settentrionale. In fatto di destinazioni e di articolazione dei flussi, la realtà umbra del dopoguerra è segnata da una notevole mobilità verso i paesi dell'Europa centrale, da una dimensione temporanea e rotatoria dell'esperienza lavorativa fuori confine, da una diffusa specializzazione professionale, in cui il lavoro operaio e minerario risultano predominanti. Successivamente, l'emigrazione all'estero non si esaurisce, ma cambia lentamente il proprio volto. Diventa un fenomeno in cui sono maggiormente presenti lavoratrici e lavoratori qualificati, aumentano i ricongiungimenti familiari, si trasformano le modalità di associazione e di organizzazione dei migranti, si manifesta un atteggiamento delle istituzioni, soprattutto a livello locale, che non si limita più soltanto a voler sostenere la spinta emigratoria in funzione di valvola di sfogo, come avvenuto nell'immediato dopoguerra. Tutto ciò lascia segni profondi e duraturi sul territorio. L'emigrazione influenza il dibattito tra i partiti e nel sindacato, attraversa i luoghi pubblici più diversi: tutti sono in qualche modo costretti a fare i conti col fenomeno e tutti o quasi tutti contano un parente, un amico, un paesano, un conoscente che è partito, è tornato o è ripartito ancora o non è mai tornato. Nel frattempo, il flusso di rimesse che proviene dall'estero rappresenta un sostegno eccezionale ai redditi e ai consumi nella regione, contribuendo a una determinante integrazione dei bilanci familiari.
L'Umbria e l'emigrazione. Lavoro, territorio e politiche dal 1945 a oggi
Colucci Michele
2012
Abstract
Il fenomeno dell'emigrazione dall'Umbria negli anni del secondo dopoguerra è ricostruito in modo complessivo, esaminando in profondità le origini del fenomeno e i suoi effetti sul breve e sul lungo periodo. Gli anni della ricostruzione sono per la regione anni difficili, in cui i problemi antichi e quelli più nuovi legati alla struttura del mercato del lavoro, alla conformazione del territorio e all'assetto produttivo si sovrappongono tra loro fino ad esplodere periodicamente. Una delle conseguenze più visibili di questa congiuntura storica è l'aumento vertiginoso dello spopolamento di intere aree e il parallelo sviluppo di diversi fenomeni migratori. L'emigrazione all'estero è solo una tra le tante tipologie migratorie che caratterizza gli umbri nel dopoguerra, e anzi spesso rappresenta l'esito finale di un percorso che li ha visti prima spostarsi verso le pianure, poi verso i piccoli e medi centri urbani e poi nelle grandi città dell'Italia centro-settentrionale. In fatto di destinazioni e di articolazione dei flussi, la realtà umbra del dopoguerra è segnata da una notevole mobilità verso i paesi dell'Europa centrale, da una dimensione temporanea e rotatoria dell'esperienza lavorativa fuori confine, da una diffusa specializzazione professionale, in cui il lavoro operaio e minerario risultano predominanti. Successivamente, l'emigrazione all'estero non si esaurisce, ma cambia lentamente il proprio volto. Diventa un fenomeno in cui sono maggiormente presenti lavoratrici e lavoratori qualificati, aumentano i ricongiungimenti familiari, si trasformano le modalità di associazione e di organizzazione dei migranti, si manifesta un atteggiamento delle istituzioni, soprattutto a livello locale, che non si limita più soltanto a voler sostenere la spinta emigratoria in funzione di valvola di sfogo, come avvenuto nell'immediato dopoguerra. Tutto ciò lascia segni profondi e duraturi sul territorio. L'emigrazione influenza il dibattito tra i partiti e nel sindacato, attraversa i luoghi pubblici più diversi: tutti sono in qualche modo costretti a fare i conti col fenomeno e tutti o quasi tutti contano un parente, un amico, un paesano, un conoscente che è partito, è tornato o è ripartito ancora o non è mai tornato. Nel frattempo, il flusso di rimesse che proviene dall'estero rappresenta un sostegno eccezionale ai redditi e ai consumi nella regione, contribuendo a una determinante integrazione dei bilanci familiari.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.