Negli ultimi decenni la scienza ha fatto passi da gigante. Le scoperte di primaria importanza si sono moltiplicate, soprattutto grazie ai progressi considerevoli nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Oggi la principale questione è riuscire a trarre partito da questo stock di conoscenze, a trasformarle in prodotti, in servizi, in fattori della qualità della vita. Ed è in questa attività di passaggio, di trasformazione, di adattamento - cioè in innovazione, nel senso stretto del termine - che si situano le più importanti «poste in gioco» per la nostra prosperità, il nostro comfort e per l'«armonia sociale» alla quale aspira la società europea e, in generale, quella occidentale. Alcuni di questi numerosi fattori e modelli dell'innovare sono legati all'high-tech (ad esempio gli usi - molteplici ed inventivi - di Internet). Altri richiamano al buon senso e alla convivialità nelle diverse reti sociali. E suggeriscono di far dialogare organismi pubblici e privati che, abitualmente, si ignorano, a mobilitarli in favore di micro-progetti, alcuni dei quali assumo una dimensione regionale - se non nazionale. E a lato delle storie dei successi, le success stories, far emergere i settori potenzialmente innovanti e le innovazioni insufficientemente esplorate nei settori tradizionali, e che potrebbero ancor più svilupparsi se si riuscisse ad investire in organizzazione, in management, in relazioni sociali ed umane. Qualche esempio?: l'innovazione partecipativa nelle imprese, le regioni e i grandi progetti pubblici o il management del sistema sociale e sanitario. Come procedere ed avanzare su questa strada dell'innovazione non tecnologica, utilizzata spesso in maniera troppo poco sistematica, troppo parcellizzata?. Suggeriamo alcune piste. In primo luogo, bisogna prendere coscienza che la creatività è la madre dell'innovazione. Possiamo far avanzare la scienza accumulando ed incrociando conoscenze, ma per innovare occorrono uomini e donne immaginativi, cioè eccentrici. Gente curiosa di tutto, che cerca soluzioni piuttosto che demandarle alle istituzioni e alle gerarchie. Le condizioni della creatività possono essere schematizzate con le «3 T» di Robert Florida (2002; 2005; 2008): tecnologie, talenti e tolleranza. Trasportando le 3 T di Florida nell'Europa del 2000 possiamo dire che occorrono poli di competitività e tecnopoli per le tecnologie, dei territori che sappiano accogliere e trattenere le persone di talento offrendo loro qualità di vita e possibilità di lavoro intellettuale e scientifico, e dirigenti - politici ed economici - che abbiano l'esprit ampio ed aperto per accettare i devianti dell'eccellenza e per tollerare - che rifuggano da conflitti troppo accessi allo scopo di lasciare spazio alle innovazioni fuori dai sentieri già battuti.
Creatività, innovazione e attrattività dei territori
Barbieri Andrea Salvatore Antonio
2015
Abstract
Negli ultimi decenni la scienza ha fatto passi da gigante. Le scoperte di primaria importanza si sono moltiplicate, soprattutto grazie ai progressi considerevoli nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Oggi la principale questione è riuscire a trarre partito da questo stock di conoscenze, a trasformarle in prodotti, in servizi, in fattori della qualità della vita. Ed è in questa attività di passaggio, di trasformazione, di adattamento - cioè in innovazione, nel senso stretto del termine - che si situano le più importanti «poste in gioco» per la nostra prosperità, il nostro comfort e per l'«armonia sociale» alla quale aspira la società europea e, in generale, quella occidentale. Alcuni di questi numerosi fattori e modelli dell'innovare sono legati all'high-tech (ad esempio gli usi - molteplici ed inventivi - di Internet). Altri richiamano al buon senso e alla convivialità nelle diverse reti sociali. E suggeriscono di far dialogare organismi pubblici e privati che, abitualmente, si ignorano, a mobilitarli in favore di micro-progetti, alcuni dei quali assumo una dimensione regionale - se non nazionale. E a lato delle storie dei successi, le success stories, far emergere i settori potenzialmente innovanti e le innovazioni insufficientemente esplorate nei settori tradizionali, e che potrebbero ancor più svilupparsi se si riuscisse ad investire in organizzazione, in management, in relazioni sociali ed umane. Qualche esempio?: l'innovazione partecipativa nelle imprese, le regioni e i grandi progetti pubblici o il management del sistema sociale e sanitario. Come procedere ed avanzare su questa strada dell'innovazione non tecnologica, utilizzata spesso in maniera troppo poco sistematica, troppo parcellizzata?. Suggeriamo alcune piste. In primo luogo, bisogna prendere coscienza che la creatività è la madre dell'innovazione. Possiamo far avanzare la scienza accumulando ed incrociando conoscenze, ma per innovare occorrono uomini e donne immaginativi, cioè eccentrici. Gente curiosa di tutto, che cerca soluzioni piuttosto che demandarle alle istituzioni e alle gerarchie. Le condizioni della creatività possono essere schematizzate con le «3 T» di Robert Florida (2002; 2005; 2008): tecnologie, talenti e tolleranza. Trasportando le 3 T di Florida nell'Europa del 2000 possiamo dire che occorrono poli di competitività e tecnopoli per le tecnologie, dei territori che sappiano accogliere e trattenere le persone di talento offrendo loro qualità di vita e possibilità di lavoro intellettuale e scientifico, e dirigenti - politici ed economici - che abbiano l'esprit ampio ed aperto per accettare i devianti dell'eccellenza e per tollerare - che rifuggano da conflitti troppo accessi allo scopo di lasciare spazio alle innovazioni fuori dai sentieri già battuti.File | Dimensione | Formato | |
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