Nonostante la montagna in Italia goda di una centralità geografica (con il 35 per cento del territorio, a cui si somma il 42 della collina), essa è rimasta marginale nella storia e nella memoria del Paese. Eppure, a partire dall'unificazione del 1861, i regimi statali hanno nazionalizzato le montagne «ridefinendo i confini tra selvatico e addomesticato, razionale e irrazionale, bello e brutto» e ne hanno fatto non solo una risorsa, ma anche un simbolo delle conquiste del nostro Paese. Dai campi di battaglia della Prima guerra mondiale alla contraddittoria politica di rimboschimento del regime fascista, compressa tra repressione e celebrazione dei montanari; dalle proteste dei No tav in Val di Susa alla modernizzazione idroelettrica che, cinquant'anni fa, portò alla «strage annunciata» del Vajont: il libro di Marco Armiero ci restituisce - con la prosa di un romanzo - una storia di appropriazione e resistenza, di modernizzazione e marginalità, troppo spesso cancellata dalle narrazioni ufficiali. «Se il mio libro fosse riuscito almeno un po' a contribuire a questa memoria resistente, allora sarebbe per me un buon risultato». Questo libro esplora le relazioni tra l'identità italiana e le montagne. Dall'unificazione del 1861 i diversi regimi statali hanno trasformato le montagne in simboli nazionali e in una risorsa da sfruttare. La nazionalizzazione delle montagne italiane è una storia di conquiste militari e di resistenza, di trasformazione sociale ed ecologica, di risorse espropriate e di imposizioni simboliche. Le montagne raccontate in questo libro sono state modellate dalle parole e dalle bombe, dalle retoriche della modernizzazione e dalle tonnellate di calcestruzzo che hanno dato corpo a quelle retoriche sotto forma di dighe, strade e ferrovie. La Prima guerra mondiale ha trasformato in modo permanente i paesaggi montuosi e le popolazioni, nazionalizzando entrambi. Quando il fascismo giunse al potere, il processo di politicizzazione delle montagne raggiunse il suo culmine. Il regime sfruttò le montagne sia retoricamente sia materialmente, da un lato celebrando il ruralismo e le popolazioni contadine, dall'altro offrendo le risorse montane alle grandi società idroelettriche. Il libro si conclude con due storie esemplari relative alle montagne e al loro posto nella recente storia italiana: la Resistenza, che trovò nelle montagne il proprio rifugio d'elezione, e il disastro del Vajont (1963), che uccise duemila persone e rappresentò il tragico epilogo della modernizzazione idroelettrica delle Alpi.
Le montagne della patria. Nazione e natura nella storia d'Italia
Marco Armiero
2013
Abstract
Nonostante la montagna in Italia goda di una centralità geografica (con il 35 per cento del territorio, a cui si somma il 42 della collina), essa è rimasta marginale nella storia e nella memoria del Paese. Eppure, a partire dall'unificazione del 1861, i regimi statali hanno nazionalizzato le montagne «ridefinendo i confini tra selvatico e addomesticato, razionale e irrazionale, bello e brutto» e ne hanno fatto non solo una risorsa, ma anche un simbolo delle conquiste del nostro Paese. Dai campi di battaglia della Prima guerra mondiale alla contraddittoria politica di rimboschimento del regime fascista, compressa tra repressione e celebrazione dei montanari; dalle proteste dei No tav in Val di Susa alla modernizzazione idroelettrica che, cinquant'anni fa, portò alla «strage annunciata» del Vajont: il libro di Marco Armiero ci restituisce - con la prosa di un romanzo - una storia di appropriazione e resistenza, di modernizzazione e marginalità, troppo spesso cancellata dalle narrazioni ufficiali. «Se il mio libro fosse riuscito almeno un po' a contribuire a questa memoria resistente, allora sarebbe per me un buon risultato». Questo libro esplora le relazioni tra l'identità italiana e le montagne. Dall'unificazione del 1861 i diversi regimi statali hanno trasformato le montagne in simboli nazionali e in una risorsa da sfruttare. La nazionalizzazione delle montagne italiane è una storia di conquiste militari e di resistenza, di trasformazione sociale ed ecologica, di risorse espropriate e di imposizioni simboliche. Le montagne raccontate in questo libro sono state modellate dalle parole e dalle bombe, dalle retoriche della modernizzazione e dalle tonnellate di calcestruzzo che hanno dato corpo a quelle retoriche sotto forma di dighe, strade e ferrovie. La Prima guerra mondiale ha trasformato in modo permanente i paesaggi montuosi e le popolazioni, nazionalizzando entrambi. Quando il fascismo giunse al potere, il processo di politicizzazione delle montagne raggiunse il suo culmine. Il regime sfruttò le montagne sia retoricamente sia materialmente, da un lato celebrando il ruralismo e le popolazioni contadine, dall'altro offrendo le risorse montane alle grandi società idroelettriche. Il libro si conclude con due storie esemplari relative alle montagne e al loro posto nella recente storia italiana: la Resistenza, che trovò nelle montagne il proprio rifugio d'elezione, e il disastro del Vajont (1963), che uccise duemila persone e rappresentò il tragico epilogo della modernizzazione idroelettrica delle Alpi.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.