In questo documento saranno evidenziati e discussi gli aspetti più interessanti dei moltissimi risultati scaturiti dal "monitoraggio d'indagine" attivato in seguito allo sversamento doloso di idrocarburi avvenuto il 23 febbraio 2010 nel Fiume Lambro. Questo progetto è stato condotto su tutti i corpi idrici interessati dallo sversamento e precisamente sui sedimenti dei fiumi Lambro e Po, dei rami e delle lagune del delta e delle aree marine costiere fino alla città di Rimini. I risultati riguarderanno soprattutto la contaminazione chimica ma anche gli effetti tossicologici. L'esame dei risultati condotto in questo documento darà maggiore attenzione alla salute della comunità acquatica come era, di fatto, negli obiettivi prioritari del "monitoraggio d'indagine" (AdiPo, 2010). Nel corso dell'indagine il ruolo degli idrocarburi sversati dolosamente è passato in secondo piano rispetto alla contaminazione cronica del sistema Lambro/Po e del Mare Adriatico, contaminazione cronica che lo stesso monitoraggio d'indagine ha permesso di inquadrare e portare in evidenza. Nonostante questa impostazione prevalente, il documento darà alcuni cenni anche in relazione alla salute umana, cenni che riguarderanno i possibili rischi derivanti dal consumo di organismi contaminati provenienti da alcune delle aree indagate. Se si esamina il DM 260/11, c'è un evidente lacuna normativa in merito alla qualità dei sedimenti delle acque interne. Ciò complica la valutazione di rischio e richiede il ricorso ad altri riferimenti bibliografici per procedere con l'interpretazione dei risultati ottenuti. Trasferire i limiti per le acque di transizione o marine del DM 260/11 alle acque interne non ha un fondamento chiaramente difendibile. Ancor meno fondata rischia di essere l'applicazione ai sedimenti dei valori proposti per i suoli e le loro destinazioni d'uso nel DM 152/06. Interessanti sono le proposte fatte da ISPRA in merito a casi di studio specifici o basate su estese ricognizioni della letteratura internazionale (ISPRA 2009; 2011). In entrambi i casi, tuttavia, per quanto molti dei presupposti applicati siano ampiamente condivisibili, manca quel lavoro di "affinamento" che attribuisce ad un dato il necessario bilanciamento tra tutela e restrittività. Basarsi solo sui meccanismi di ripartizione tra sedimento e acqua interstiziale partendo da valori guida prodotti per il composto in soluzione acquosa può generare dati eccessivamente restrittivi (DOC, biodisponibilità, approssimazioni nei K usati, etc.). Il recente Guidance Document n. 27 (EC, 2011) esamina molti degli aspetti collegati alla definizione di uno standard di qualità. Per quanto riguarda le acque di transizione o marino costiere, il quadro normativo sui sedimenti è viceversa disponibile, almeno per i contaminanti cosiddetti "storici". Ciò ha permesso considerazioni più dirette e meglio supportate. Come commento generale è evidente che il Fiume Lambro dimostra spesso i valori di contaminazione peggiori. Questo non può sorprendere se si considera che il sottobacino del Lambro è da anni quello più pesantemente antropizzato e industrializzato dell'intero bacino del Po. E' chiaro che un fiume di dimensioni non elevate come il Lambro non possa ricevere un carico inquinante di tali dimensioni senza una marcata alterazione qualitativa. Tale carico, che è il più elevato di tutti i tributari (almeno per BOD, COD e azoto), è trasportato al tratto medio del Po e diversi studi precedenti avevano evidenziato il ruolo del tributario lombardo nel peggiorare la qualità del Po a valle della loro confluenza (AdiPo 2003, IRSA 1997; 2000). Ma come sarà evidenziato in questo documento, c'è necessità di approfondimenti anche in altre aree del fiume padano.
Progetto per il monitoraggio dei corpi idrici interessati dallo sversamento di idrocarburi nel Fiume Lambro. Attuazione Fase I. Esame dei risultati più significativi e sintesi finale.
Guzzella L;Mascolo G;Locaputo V;Roscioli C;Mastroianni D;
2012
Abstract
In questo documento saranno evidenziati e discussi gli aspetti più interessanti dei moltissimi risultati scaturiti dal "monitoraggio d'indagine" attivato in seguito allo sversamento doloso di idrocarburi avvenuto il 23 febbraio 2010 nel Fiume Lambro. Questo progetto è stato condotto su tutti i corpi idrici interessati dallo sversamento e precisamente sui sedimenti dei fiumi Lambro e Po, dei rami e delle lagune del delta e delle aree marine costiere fino alla città di Rimini. I risultati riguarderanno soprattutto la contaminazione chimica ma anche gli effetti tossicologici. L'esame dei risultati condotto in questo documento darà maggiore attenzione alla salute della comunità acquatica come era, di fatto, negli obiettivi prioritari del "monitoraggio d'indagine" (AdiPo, 2010). Nel corso dell'indagine il ruolo degli idrocarburi sversati dolosamente è passato in secondo piano rispetto alla contaminazione cronica del sistema Lambro/Po e del Mare Adriatico, contaminazione cronica che lo stesso monitoraggio d'indagine ha permesso di inquadrare e portare in evidenza. Nonostante questa impostazione prevalente, il documento darà alcuni cenni anche in relazione alla salute umana, cenni che riguarderanno i possibili rischi derivanti dal consumo di organismi contaminati provenienti da alcune delle aree indagate. Se si esamina il DM 260/11, c'è un evidente lacuna normativa in merito alla qualità dei sedimenti delle acque interne. Ciò complica la valutazione di rischio e richiede il ricorso ad altri riferimenti bibliografici per procedere con l'interpretazione dei risultati ottenuti. Trasferire i limiti per le acque di transizione o marine del DM 260/11 alle acque interne non ha un fondamento chiaramente difendibile. Ancor meno fondata rischia di essere l'applicazione ai sedimenti dei valori proposti per i suoli e le loro destinazioni d'uso nel DM 152/06. Interessanti sono le proposte fatte da ISPRA in merito a casi di studio specifici o basate su estese ricognizioni della letteratura internazionale (ISPRA 2009; 2011). In entrambi i casi, tuttavia, per quanto molti dei presupposti applicati siano ampiamente condivisibili, manca quel lavoro di "affinamento" che attribuisce ad un dato il necessario bilanciamento tra tutela e restrittività. Basarsi solo sui meccanismi di ripartizione tra sedimento e acqua interstiziale partendo da valori guida prodotti per il composto in soluzione acquosa può generare dati eccessivamente restrittivi (DOC, biodisponibilità, approssimazioni nei K usati, etc.). Il recente Guidance Document n. 27 (EC, 2011) esamina molti degli aspetti collegati alla definizione di uno standard di qualità. Per quanto riguarda le acque di transizione o marino costiere, il quadro normativo sui sedimenti è viceversa disponibile, almeno per i contaminanti cosiddetti "storici". Ciò ha permesso considerazioni più dirette e meglio supportate. Come commento generale è evidente che il Fiume Lambro dimostra spesso i valori di contaminazione peggiori. Questo non può sorprendere se si considera che il sottobacino del Lambro è da anni quello più pesantemente antropizzato e industrializzato dell'intero bacino del Po. E' chiaro che un fiume di dimensioni non elevate come il Lambro non possa ricevere un carico inquinante di tali dimensioni senza una marcata alterazione qualitativa. Tale carico, che è il più elevato di tutti i tributari (almeno per BOD, COD e azoto), è trasportato al tratto medio del Po e diversi studi precedenti avevano evidenziato il ruolo del tributario lombardo nel peggiorare la qualità del Po a valle della loro confluenza (AdiPo 2003, IRSA 1997; 2000). Ma come sarà evidenziato in questo documento, c'è necessità di approfondimenti anche in altre aree del fiume padano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.