Le nuove disposizioni costituzionali del Titolo V non si sono rivelate in grado di realizzare il cambiamento auspicato: uno Stato più leggero e molto meno costoso, un sistema locale in grado di offrire servizi di prossimità in modo efficace e delle Regioni in grado di esprimere una diversa statualità, adeguata ad una Repubblica delle autonomie, se non addirittura ad una Repubblica federale. Tutto ciò si è tradotto in un sistema istituzionale nel quale ogni livello di governo ha finito per svolgere i compiti di altri, rendendo così difficile, se non impossibile, l'attuazione del disegno costituzionale. Il problema maggiore, che ha nuociuto all'attuazione della riforma regionale, è derivato dal sistema politico. Sconvolto l'assetto dei partiti che aveva retto il Paese dal periodo transitorio del 1944/1946 sino all'inizio degli anni '90, si è andati avanti senza autentiche leadership, in grado di posizionare l'Italia nel contesto europeo e internazionale e, soprattutto, di migliorare la condizione dei divari interni al Paese. In questo modo la Repubblica italiana è stata vista come uno Stato a sovranità debole, scarsamente ascoltato e poco influente; essenzialmente privo di capacità politica ed economica, incapace di giocare un ruolo nello scenario europeo e in quello internazionale. La crisi economica dell'estate 2011 conferma ampiamente questa situazione. In uno scenario così devastato e poco confortante, non sono mancate voci che hanno proposto un ritorno al passato, così, accanto a chi vuole eliminare le Province, è possibile trovare chi vuole ridurre, se non cancellare, le Regioni medesime.

Letture sul regionalismo italiano. Il Titolo V tra attuazione e riforma della riforma

Stelio Mangiameli
2011

Abstract

Le nuove disposizioni costituzionali del Titolo V non si sono rivelate in grado di realizzare il cambiamento auspicato: uno Stato più leggero e molto meno costoso, un sistema locale in grado di offrire servizi di prossimità in modo efficace e delle Regioni in grado di esprimere una diversa statualità, adeguata ad una Repubblica delle autonomie, se non addirittura ad una Repubblica federale. Tutto ciò si è tradotto in un sistema istituzionale nel quale ogni livello di governo ha finito per svolgere i compiti di altri, rendendo così difficile, se non impossibile, l'attuazione del disegno costituzionale. Il problema maggiore, che ha nuociuto all'attuazione della riforma regionale, è derivato dal sistema politico. Sconvolto l'assetto dei partiti che aveva retto il Paese dal periodo transitorio del 1944/1946 sino all'inizio degli anni '90, si è andati avanti senza autentiche leadership, in grado di posizionare l'Italia nel contesto europeo e internazionale e, soprattutto, di migliorare la condizione dei divari interni al Paese. In questo modo la Repubblica italiana è stata vista come uno Stato a sovranità debole, scarsamente ascoltato e poco influente; essenzialmente privo di capacità politica ed economica, incapace di giocare un ruolo nello scenario europeo e in quello internazionale. La crisi economica dell'estate 2011 conferma ampiamente questa situazione. In uno scenario così devastato e poco confortante, non sono mancate voci che hanno proposto un ritorno al passato, così, accanto a chi vuole eliminare le Province, è possibile trovare chi vuole ridurre, se non cancellare, le Regioni medesime.
2011
Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie - ISSIRFA
Regionalismo italiano; Titolo V; Riforma della riforma.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/289959
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