L'area del Foglio 253 è ubicata nell'Appenino Tosco-Romagnolo e amministrativamente ricade nelle Province di Firenze, Bologna, Faenza e Forlì-Cesena. Nella seconda edizione della Carta Geologica d'Italia in scala 1:100.000 è compresa nel Foglio 98 "Vergato" e nel Foglio 99 "Faenza" (CREMONINI & ELMI, 1971a, 1971b). La zona si estende a cavallo del crinale principale della catena appenninica. Lo spartiacque appenninico, qui orientato circa ONO-ESE, attraversa il settore sud-occidentale del Foglio da Monte Faggio all'Ombrellino ad ovest passando per il Monte Castel Guerrino, il Passo del Giogo, il Passo della Colla di Casaglia, fino all'Alpe di Vitigliano ad est. Data l'ubicazione geografica dello spartiacque, la maggior parte della superficie del Foglio contiene bacini idrografici che drenano le acque verso NE, confluendo in cinque principali corsi d'acqua: il Torrente Idice, il Torrente Sillaro ed il Fiume Santerno, appartenenti al bacino idrografico del Fiume Reno, ed i Fiumi Senio e Lamone. A sud dello spartiacque le acque confluiscono nel bacino del Mugello, drenato dal Fiume Sieve. La morfologia del Foglio è caratterizzata da forti dislivelli. Le cime più alte si raggiungono sullo spartiacque appenninico e corrispondono al Monte Lavane (q. 1261 m), nell'estremità sudorientale, al Monte La Faggeta (q. 1144 m) ed al Monte Femmina Morta (q. 1126 m), mentre nei fondovalle, ad esempio a nordest di Marradi lungo il Lamone o a sud-ovest nel Mugello, si scende fino a quote intorno ai 250 metri. I rilievi geologici per l'allestimento di questo Foglio sono stati eseguiti alla 7 NoteIlustrativeF253.qxd 13/10/04 16.30 Pagina 7 scala 1:10.000 nell'ambito del Progetto CARG (Legge 438/95), negli anni 1997- 2000, per le aree ricadenti in Toscana e nell'ambito del Progetto Carta Geologica dell'Appennino Emiliano-Romagnolo alla scala 1:10.000, negli anni 1992-1994, per le aree ricadenti in Emilia-Romagna. I criteri di rilevamento e descrizione adottati sono litostratigrafico per i terreni prequaternari, quello delle unità a limiti inconformi (UBSU) per i depositi fluvio lacustri e alluvionali quaternari (CNR-CCGG, 1992; ISSC, 1994), mentre per i depositi di versante è stato adottato un criterio essenzialmente litologico e morfogenetico. Durante il rilevamento sono state effettuate numerose campionature sistematiche, per l'acquisizione di nuovi dati biostratigrafici e petrografici, lungo sezioni stratigrafiche misurate. Per la realizzazione delle sezioni geologiche sono stati utilizzati anche le stratigrafie dei sondaggi per ricerca di idrocarburi ed i profili sismici cortesemente messi a disposizione da ENI S.p.A. - Divisione AGIP; in particolare si ringrazia il Dott. Sergio Rogledi, del servizio Esplorazione Italia, per l'assistenza nell'interpretazione dei profili sismici. Per la datazione dei campioni è stata utilizzata l'analisi basata sul contenuto dei nannofossili calcarei. Lo schema tempo adottato è stato così costruito: come Scala delle Inversioni del Campo Magnetico Terrestre (GPTS) per l'intervallo Giurassico superiore- Cretaceo superiore è stato adottato il modello proposto da GRADSTEIN et alii (1994), e per l'intervallo Paleocene inferiore-Miocene superiore quello proposto da CANDE & KENT (1992; 1995); anche per la Scala Cronostratigrafica sono stati adottati i limiti proposti da GRADSTEIN et alii (1994) per il Mesozoico, e da BERGGREN et alii (1995) per il Terziario, operando una scelta che rendesse più semplice il riferimento delle unità litostratigrafiche ad unità cronostratigrafiche definite in letteratura in modo spesso controverso. Per questo motivo le zone a nannofossili calcarei vengono qui considerate il riferimento cronostratigrafico più stabile, e utilizzate come biocronozone sono state affiancate alle tradizionali unità cronostratigrafiche. La Scala biocronostratigrafica fa riferimento per il Cretaceo allo schema di SISSINGH (1977) e per il Terziario a schemi diversi; per il Paleocene e parte dell'Eocene è stato utilizzato MARTINI (1971), asteriscando le zone con limiti zonali modificati; per il resto si è fatto riferimento a schemi più locali, in particolare per l'intervallo Eocene superiore-Oligocene inferiore a CATANZARITI & RIO in CATANZARITI et alii (1997), per l'Oligocene superiore- Miocene inferiore a FORNACIARI & RIO (1996) e per il Miocene medio e superiore a FORNACIARI et alii (1996). La petrografia delle arenarie delle unità torbiditiche oligo-mioceniche è stata studiata tramite conteggio per punti al microscopio ottico, seguendo la procedura analitica e le classi di conteggio descritte in CIBIN & DI GIULIO (1996); tale 8 NoteIlustrativeF253.qxd 13/10/04 16.30 Pagina 8 procedura segue il metodo di conteggio Gazzi-Dickinson modificato per consentire il ricalcolo dei parametri classificativi anche secondo il metodo tradizionale (GAZZI, 1966; DICKINSON 1970; si veda anche DI GIULIO & VALLONI, 1992 per una discussione sul metodo). Su ogni campione è stata eseguita una doppia analisi; la prima riferita a tutti i costituenti della roccia solida (grani d'ossatura, matrice, cementi) arrivando a contare almeno 200 (generalmente 250) grani terrigeni essenziali dell'ossatura, costituisce la base per il ricalcolo della Composizione Principale della roccia (parametri QFL+C), che ne definisce la classificazione su base composizionale. La seconda analisi è invece stata mirata alla definizione della Composizione della Frazione Litica dell'ossatura (grani litici dell'ossatura, parametri LmLvLs+C), che rappresenta l'elemento maggiormente discriminante tra le unità torbiditiche oligo-mioceniche dell'avanfossa appenninica (VALLONI et alii, 1991; ANDREOZZI & DI GIULIO, 1994; DI GIULIO 1999). L'organizzazione della legenda e la descrizione delle unità cartografate nelle presenti note (ad eccezione dei terreni continentali) segue l'ordine di sovrapposizione geometrica dall'alto verso il basso riconoscibile sul terreno. All'interno di ogni unità tettonica, la descrizione delle unità litostratigrafiche segue l'ordine di sovrapposizione stratigrafica dalla più antica alla più recente. I depositi continentali quaternari sono invece descritti, secondo l'ordine cronostratigrafico
Carta geologica d'Italia alla scala 1:50.000 Foglio 253. Marradi e Note Illustrative. Regione Emilia-Romagna.
Catanzariti R;
2015
Abstract
L'area del Foglio 253 è ubicata nell'Appenino Tosco-Romagnolo e amministrativamente ricade nelle Province di Firenze, Bologna, Faenza e Forlì-Cesena. Nella seconda edizione della Carta Geologica d'Italia in scala 1:100.000 è compresa nel Foglio 98 "Vergato" e nel Foglio 99 "Faenza" (CREMONINI & ELMI, 1971a, 1971b). La zona si estende a cavallo del crinale principale della catena appenninica. Lo spartiacque appenninico, qui orientato circa ONO-ESE, attraversa il settore sud-occidentale del Foglio da Monte Faggio all'Ombrellino ad ovest passando per il Monte Castel Guerrino, il Passo del Giogo, il Passo della Colla di Casaglia, fino all'Alpe di Vitigliano ad est. Data l'ubicazione geografica dello spartiacque, la maggior parte della superficie del Foglio contiene bacini idrografici che drenano le acque verso NE, confluendo in cinque principali corsi d'acqua: il Torrente Idice, il Torrente Sillaro ed il Fiume Santerno, appartenenti al bacino idrografico del Fiume Reno, ed i Fiumi Senio e Lamone. A sud dello spartiacque le acque confluiscono nel bacino del Mugello, drenato dal Fiume Sieve. La morfologia del Foglio è caratterizzata da forti dislivelli. Le cime più alte si raggiungono sullo spartiacque appenninico e corrispondono al Monte Lavane (q. 1261 m), nell'estremità sudorientale, al Monte La Faggeta (q. 1144 m) ed al Monte Femmina Morta (q. 1126 m), mentre nei fondovalle, ad esempio a nordest di Marradi lungo il Lamone o a sud-ovest nel Mugello, si scende fino a quote intorno ai 250 metri. I rilievi geologici per l'allestimento di questo Foglio sono stati eseguiti alla 7 NoteIlustrativeF253.qxd 13/10/04 16.30 Pagina 7 scala 1:10.000 nell'ambito del Progetto CARG (Legge 438/95), negli anni 1997- 2000, per le aree ricadenti in Toscana e nell'ambito del Progetto Carta Geologica dell'Appennino Emiliano-Romagnolo alla scala 1:10.000, negli anni 1992-1994, per le aree ricadenti in Emilia-Romagna. I criteri di rilevamento e descrizione adottati sono litostratigrafico per i terreni prequaternari, quello delle unità a limiti inconformi (UBSU) per i depositi fluvio lacustri e alluvionali quaternari (CNR-CCGG, 1992; ISSC, 1994), mentre per i depositi di versante è stato adottato un criterio essenzialmente litologico e morfogenetico. Durante il rilevamento sono state effettuate numerose campionature sistematiche, per l'acquisizione di nuovi dati biostratigrafici e petrografici, lungo sezioni stratigrafiche misurate. Per la realizzazione delle sezioni geologiche sono stati utilizzati anche le stratigrafie dei sondaggi per ricerca di idrocarburi ed i profili sismici cortesemente messi a disposizione da ENI S.p.A. - Divisione AGIP; in particolare si ringrazia il Dott. Sergio Rogledi, del servizio Esplorazione Italia, per l'assistenza nell'interpretazione dei profili sismici. Per la datazione dei campioni è stata utilizzata l'analisi basata sul contenuto dei nannofossili calcarei. Lo schema tempo adottato è stato così costruito: come Scala delle Inversioni del Campo Magnetico Terrestre (GPTS) per l'intervallo Giurassico superiore- Cretaceo superiore è stato adottato il modello proposto da GRADSTEIN et alii (1994), e per l'intervallo Paleocene inferiore-Miocene superiore quello proposto da CANDE & KENT (1992; 1995); anche per la Scala Cronostratigrafica sono stati adottati i limiti proposti da GRADSTEIN et alii (1994) per il Mesozoico, e da BERGGREN et alii (1995) per il Terziario, operando una scelta che rendesse più semplice il riferimento delle unità litostratigrafiche ad unità cronostratigrafiche definite in letteratura in modo spesso controverso. Per questo motivo le zone a nannofossili calcarei vengono qui considerate il riferimento cronostratigrafico più stabile, e utilizzate come biocronozone sono state affiancate alle tradizionali unità cronostratigrafiche. La Scala biocronostratigrafica fa riferimento per il Cretaceo allo schema di SISSINGH (1977) e per il Terziario a schemi diversi; per il Paleocene e parte dell'Eocene è stato utilizzato MARTINI (1971), asteriscando le zone con limiti zonali modificati; per il resto si è fatto riferimento a schemi più locali, in particolare per l'intervallo Eocene superiore-Oligocene inferiore a CATANZARITI & RIO in CATANZARITI et alii (1997), per l'Oligocene superiore- Miocene inferiore a FORNACIARI & RIO (1996) e per il Miocene medio e superiore a FORNACIARI et alii (1996). La petrografia delle arenarie delle unità torbiditiche oligo-mioceniche è stata studiata tramite conteggio per punti al microscopio ottico, seguendo la procedura analitica e le classi di conteggio descritte in CIBIN & DI GIULIO (1996); tale 8 NoteIlustrativeF253.qxd 13/10/04 16.30 Pagina 8 procedura segue il metodo di conteggio Gazzi-Dickinson modificato per consentire il ricalcolo dei parametri classificativi anche secondo il metodo tradizionale (GAZZI, 1966; DICKINSON 1970; si veda anche DI GIULIO & VALLONI, 1992 per una discussione sul metodo). Su ogni campione è stata eseguita una doppia analisi; la prima riferita a tutti i costituenti della roccia solida (grani d'ossatura, matrice, cementi) arrivando a contare almeno 200 (generalmente 250) grani terrigeni essenziali dell'ossatura, costituisce la base per il ricalcolo della Composizione Principale della roccia (parametri QFL+C), che ne definisce la classificazione su base composizionale. La seconda analisi è invece stata mirata alla definizione della Composizione della Frazione Litica dell'ossatura (grani litici dell'ossatura, parametri LmLvLs+C), che rappresenta l'elemento maggiormente discriminante tra le unità torbiditiche oligo-mioceniche dell'avanfossa appenninica (VALLONI et alii, 1991; ANDREOZZI & DI GIULIO, 1994; DI GIULIO 1999). L'organizzazione della legenda e la descrizione delle unità cartografate nelle presenti note (ad eccezione dei terreni continentali) segue l'ordine di sovrapposizione geometrica dall'alto verso il basso riconoscibile sul terreno. All'interno di ogni unità tettonica, la descrizione delle unità litostratigrafiche segue l'ordine di sovrapposizione stratigrafica dalla più antica alla più recente. I depositi continentali quaternari sono invece descritti, secondo l'ordine cronostratigraficoI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.