Il libro è composto da due sezioni e due appendici. La prima sezione, intitolata Ragione narrativa ed elaborazione dialogica del sapere. L'autobiografia di Giambattista Vico e il suo contenuto problematico, viene svolta in cinque capitoli: I. "Logós" ed effettività. La ragione narrativa; II. Ontologia e storicità. La decisione per la scienza; III. Erudizione e teoresi. L'epistemologia poietica del "verum-factum"; IV. L'epistemologia teologica. Mente, linguaggio, volto; V. Autonarrazione di vita intellettuale. L'enciclopedia autobiografica. La seconda sezione, intitolata «Memore evidentemente dell'esempio vichiano». Benedetto Croce e l'autobiografia intellettuale, si articola in quattro capitoli: I. «Un biografo di gatti»; II. «Cosa è il lavoro se non la morte nell'opera»; III. «Versando l'opera sua nell'opera loro»; IV. «Una sorta di "enciclopedia delle personalità filosofiche dei nostri tempi e di quelli a venire"». Nell'Appendice I si ripubblica il Progetto ai Letterati d'Italia per scrivere le loro Vite, del Signor Conte Giovanartico di Porcìa, il testo, risalente al 1723, che costituì l'occasione motivante per la composizione della Vita vichiana. Nell'Appendice II si presenta, invece, il saggio Autobiografia "filosofica" di un detenuto politico. "Le mie prigioni" di Silvio Pellico. Come si comprende anche dal titolo, il tema, che attraversa tutto il libro, è quello dell'autobiografia intellettuale e filosofica, intesa come una tipologia di scrittura che adotta una modalità comunicativa distinta dall'apodissi della trattatistica teoretica, perché centrata su di un sapere che si mostra, traducendosi in azione e pratica di vita, e sulla esortazione più o meno implicita, rivolta al lettore, a condividere liberamente e magari a ripetere in tutto o in parte - adeguandolo opportunamente a sé - l'itinerario esistenziale e professionale dell'autobiografato. Nella prima sezione, partendo dallo spettro semantico del termine lógos, che contiene il significato di ragione insieme a quello di narrazione (in Vico: filosofia e filologia), si attesta la presenza nel pensiero vichiano di un modello ossimorico di razionalità: una ragione narrativa che coniuga in sé teoresi e dispiegamento storico. Alla ragione narrativa si collega un procedimento, tipico del filosofo napoletano, di elaborazione dialogica del sapere, che si manifesta non soltanto - in polemica con Cartesio - nella esplicita consapevolezza di quanto sia indispensabile per l'uomo, incamminatosi sulla via della scienza, il contributo intellettuale dell'altro uomo; ma anche in alcune movenze del suo filosofare: si pensi - ma è solo uno dei tanti esempi - alla individuazione del criterio di verità nel verum-factum a partire dalle cognizioni degli antichi Italici. Proprio l'idea di un sapere declinato in una forma dialogica e compartecipativa, è alla base dell'adesione di Vico al progetto di una "enciclopedia pedagogica" elaborato da Giovanartico di Porcìa. Nella seconda sezione si mostra come in diversi lavori di Croce l'idea dell'autobiografia intellettuale consista nella narrazione di una vita umana interamente oggettivata nell'opera e quindi depurata dalla vicissitudini personali. Così intesa, l'idea lascia poco spazio a quei datai autobiografici che non sono sempre interessanti per la conoscenza di un prodotto di cultura, ma sono spesso rilevanti per la loro esemplarità, offrendo l'opportunità per un genere diverso di comunicazione: non apodittica, ma ostensiva. L'affinità fra la concezione crociana dell'autobiografia intellettuale e quella vichiana si nota soprattutto nel Contributo alla critica di me stesso, in particolare nella sua versione tedesca, che nel libro viene esaminata. Nel Progetto ai Letterati d'Italia per scrivere le loro Vite, il nobile friulano Giovanartico di Porcìa definiva i criteri a cui i «Letterati d'Italia», da lui interpellati, dovevano attenersi nella compilazione delle loro autobiografie intellettuali. Com'è noto, Vico fu l'unico ad accogliere concretamente l'invito di Giovanartico di Porcìa, scrivendo la sua Vita. Nel saggio Autobiografia "filosofica" di un detenuto politico. "Le mie prigioni" di Silvio Pellico l'A. guarda al gran libro di Pellico come ad una consolatio. Così interpretato, Le mie prigioni diventa un testo di filosofia militante - non dimostrativo in astratto, ma centrato sull'evidenza di una descrizione autobiografica -, che mostrava, a chi rischiava con il suo impegno politico di precipitare nella sventura, come si potesse fronteggiare e superare la catastrofe.
Configurazioni filosofiche di sé. Studi sull'autobiografia intellettuale di Vico e Croce
Rosario Diana
2013
Abstract
Il libro è composto da due sezioni e due appendici. La prima sezione, intitolata Ragione narrativa ed elaborazione dialogica del sapere. L'autobiografia di Giambattista Vico e il suo contenuto problematico, viene svolta in cinque capitoli: I. "Logós" ed effettività. La ragione narrativa; II. Ontologia e storicità. La decisione per la scienza; III. Erudizione e teoresi. L'epistemologia poietica del "verum-factum"; IV. L'epistemologia teologica. Mente, linguaggio, volto; V. Autonarrazione di vita intellettuale. L'enciclopedia autobiografica. La seconda sezione, intitolata «Memore evidentemente dell'esempio vichiano». Benedetto Croce e l'autobiografia intellettuale, si articola in quattro capitoli: I. «Un biografo di gatti»; II. «Cosa è il lavoro se non la morte nell'opera»; III. «Versando l'opera sua nell'opera loro»; IV. «Una sorta di "enciclopedia delle personalità filosofiche dei nostri tempi e di quelli a venire"». Nell'Appendice I si ripubblica il Progetto ai Letterati d'Italia per scrivere le loro Vite, del Signor Conte Giovanartico di Porcìa, il testo, risalente al 1723, che costituì l'occasione motivante per la composizione della Vita vichiana. Nell'Appendice II si presenta, invece, il saggio Autobiografia "filosofica" di un detenuto politico. "Le mie prigioni" di Silvio Pellico. Come si comprende anche dal titolo, il tema, che attraversa tutto il libro, è quello dell'autobiografia intellettuale e filosofica, intesa come una tipologia di scrittura che adotta una modalità comunicativa distinta dall'apodissi della trattatistica teoretica, perché centrata su di un sapere che si mostra, traducendosi in azione e pratica di vita, e sulla esortazione più o meno implicita, rivolta al lettore, a condividere liberamente e magari a ripetere in tutto o in parte - adeguandolo opportunamente a sé - l'itinerario esistenziale e professionale dell'autobiografato. Nella prima sezione, partendo dallo spettro semantico del termine lógos, che contiene il significato di ragione insieme a quello di narrazione (in Vico: filosofia e filologia), si attesta la presenza nel pensiero vichiano di un modello ossimorico di razionalità: una ragione narrativa che coniuga in sé teoresi e dispiegamento storico. Alla ragione narrativa si collega un procedimento, tipico del filosofo napoletano, di elaborazione dialogica del sapere, che si manifesta non soltanto - in polemica con Cartesio - nella esplicita consapevolezza di quanto sia indispensabile per l'uomo, incamminatosi sulla via della scienza, il contributo intellettuale dell'altro uomo; ma anche in alcune movenze del suo filosofare: si pensi - ma è solo uno dei tanti esempi - alla individuazione del criterio di verità nel verum-factum a partire dalle cognizioni degli antichi Italici. Proprio l'idea di un sapere declinato in una forma dialogica e compartecipativa, è alla base dell'adesione di Vico al progetto di una "enciclopedia pedagogica" elaborato da Giovanartico di Porcìa. Nella seconda sezione si mostra come in diversi lavori di Croce l'idea dell'autobiografia intellettuale consista nella narrazione di una vita umana interamente oggettivata nell'opera e quindi depurata dalla vicissitudini personali. Così intesa, l'idea lascia poco spazio a quei datai autobiografici che non sono sempre interessanti per la conoscenza di un prodotto di cultura, ma sono spesso rilevanti per la loro esemplarità, offrendo l'opportunità per un genere diverso di comunicazione: non apodittica, ma ostensiva. L'affinità fra la concezione crociana dell'autobiografia intellettuale e quella vichiana si nota soprattutto nel Contributo alla critica di me stesso, in particolare nella sua versione tedesca, che nel libro viene esaminata. Nel Progetto ai Letterati d'Italia per scrivere le loro Vite, il nobile friulano Giovanartico di Porcìa definiva i criteri a cui i «Letterati d'Italia», da lui interpellati, dovevano attenersi nella compilazione delle loro autobiografie intellettuali. Com'è noto, Vico fu l'unico ad accogliere concretamente l'invito di Giovanartico di Porcìa, scrivendo la sua Vita. Nel saggio Autobiografia "filosofica" di un detenuto politico. "Le mie prigioni" di Silvio Pellico l'A. guarda al gran libro di Pellico come ad una consolatio. Così interpretato, Le mie prigioni diventa un testo di filosofia militante - non dimostrativo in astratto, ma centrato sull'evidenza di una descrizione autobiografica -, che mostrava, a chi rischiava con il suo impegno politico di precipitare nella sventura, come si potesse fronteggiare e superare la catastrofe.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


