I programmi delle maggiori agenzie spaziali per il medio-lungo periodo includono missioni di lunga durata con equipaggio umano. In questo tipo di missioni il trasporto di materiali necessari al sostentamento dell'equipaggio sarebbe insostenibile, per questo si stanno studiando sistemi di generazione di cibo, recupero e rigenerazione d'acqua e aria. Piu? in generale si stanno studiando sistemi biorigenerativi di sostegno alla vita nello spazio, "Bioregenative Life Support System" (BLSS) che prevedono la coltivazione di specie vegetali. I principali vantaggi che possono scaturire dalla coltivazione di piante nello spazio sono: la rigenerazione dell'aria nel modulo pressurizzato attraverso il processo di fotosintesi, la purificazione e rigenerazione delle acque e, in generale, di tutti i residui organici prodotti dall'equipaggio oltre alla possibilita? di avere cibo sempre fresco a disposizione nella Stazione Spaziale Intenazionale (ISS), permettendo di colmare le carenze alimentari dovute ad una lunga permanenza nello spazio e migliorare, di conseguenza, la vita dell'equipaggio stesso (Paradiso et al., 2014). La crescita delle piante in ambiente controllato e? ottenuta mediate complesse strutture progettate per simulare condizioni ambientali quanto piu? possibile reali (camere di crescita), e munite di numerosi sensori per il controllo dei parametri necessari alla crescita degli organismi vegetali quali la temperatura, l'umidita? e i cicli di illuminazione giorno-notte. Le condizioni delle piante in una camera di crescita in ogni caso non simulano le condizioni di microgravita? che si avrebbero nello spazio. Per ovviare a questo problema sono state costruite strutture che simulano tale fattore per poterne studiare gli effetti sulle colture. Tra le apparecchiature piu? utilizzate ci sono i clinostati, dispositivi che utilizzano la rotazione su uno (monoassiale) o piu? piani (triassiale) per minimizzare e confondere gli effetti del vettore gravitazionale sulla crescita e sullo sviluppo delle piante. Un problema che si pone nell'impiego dei clinostati in cui si voglia far crescere le piante fino a dimensione adatta al consumo, e? quello relativo alla gestione dell'acqua di irrigazione. Una struttura idroponica a ciclo chiuso e? stata sviluppata dall'Universita? della Tuscia dove piante di pomodoro nano sono state fatte crescere in tubi semipermeabili, che ruotando annullano l'effetto della gravita? terrestre, e all'interno dei quali fluisce costantemente la soluzione nutritiva garantendo approvvigionamento di acqua e sali minerali alle piante (Colla et al., 2007a). Oltre a queste soluzioni innovative che permettono di simulare le possibili problematiche sullecoltivazioni in assenza di gravita?, sono stati eseguiti esperimenti direttamente nello spazio. La possibilita? di coltivare le piante nello spazio e? il tema sviluppato dal progetto europeo EDEN-ISS nella sezione "Ground Demonstration of Plant Cultivation Technologies for Safe Food Production in Space" dove in particolare sono state selezionate 4 specie di piante con buona capacita? di crescita nello spazio allo scopo di offrire sistemi biorigenerativi di sostegno alla vita. Le piante individuate sono: rucola, lattuga, pomodoro nano e cavolo cinese (Boscheri et al., 2016). Un esperimento condotto nella ISS durante la missione spaziale ENEIDE in collaborazione con l'Universita? della Tuscia e l'Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale (IBAF) del CNR ha avuto come obiettivo di confrontare, in termini di crescita e qualita? nutrizionale piantine di rucola coltivate nello spazio con quelle coltivate a terra in presenza e assenza di clinorotazione. La missione spaziale ha dimostrato che i semi di rucola sono in grado di germinare e crescere nello spazio, ma i germogli sviluppatisi nello spazio sono piu? sottili e allungati, con i cotiledoni spesso chiusi rispetto a quelli prodotti a terra. L'analisi quantitativa (produzione come peso fresco e secco), e qualitativa (contenuto di carboidrati e pigmenti fotosintetici), mostra come la crescita nello spazio influenzi negativamente tutti i parametri analizzati. In particolare, le piantine cresciute nello spazio 1 mostrano contenuti ridotti di clorofilla e caroteni rispetto a quelle cresciute a terra in assenza o presenza di clinorotazione (Colla et al., 2007b). I risultati hanno comunque dimostrato che e? possibile coltivare piantine di rucola nello spazio. Uno dei problemi evidenziato sui moduli spaziali e? inoltre la formazione di acqua di condensa che deve essere comunque recuperata, soprattutto in caso di lunga permanenza nello spazio. Tale acqua potrebbe rivelarsi fondamentale per la coltivazione delle piante inserite nei sistemi biorigenerativi. Tuttavia nella ISS si e? evidenziata la presenza di contaminanti in tale acqua, dovuti alle normali attivita? umane condotte nel sistema chiuso dei moduli spaziali. Si deve quindi tenere conto dei contaminanti ambientali e del loro destino. Tra i contaminanti rinvenuti nell'acqua di condensa della ISS sono stati evidenziati tre alcoli: etanolo, metanolo e isopropanolo in concentrazioni considerevoli. Da diversi decenni in ambito internazionale sono state condotte ricerche sull'inquinamento dell'aria in spazi chiusi e la relativa rimozione delle sostanze inquinanti presenti utilizzando le piante. Varie sostanze inquinanti e differenti specie vegetali sono state testate per verificarne l'efficacia in processi di rimozione (Kays, 2011; Dela Cruz et al., 2014). La stazione spaziale internazionale e? per eccellenza un luogo chiuso quindi con le stesse problematiche di inquinamento dell'aria dei luoghi chiusi sulla terra. Nello spazio pero? non e? possibile far crescere tutte le varieta? di specie presenti in natura, per cui le ricerche che utilizzano piante per la rimozione degli inquinanti presenti nell'aria devono focalizzarsi sulle specie che abbiano dimostrato di poter germinare e crescere in assenza di gravita?. Mentre in letteratura scientifica sono numerose le ricerche che riguardano la rimozione e metabolizzazione dei tre alcoli considerati con specie vegetali diverse (Kays, 2011; Dela Cruz 2014) non vengono riportate ricerche che utilizzino la rucola come specie vegetale per la rimozione di alcol. Nell'ambito dell'attivita? di ricerca sui BLSS in corso presso l'IBAF si e? quindi affrontato il destino nel breve periodo dei tre alcoli (etanolo, metanolo e isopropanolo) qualora questi entrino in contatto con la rucola in diversi momenti della sua coltivazione. Gli esperimenti sono stati effettuati utilizzando come materiale vegetale le giovani piante di rucola, scelte per le sue piccole dimensioni e per il veloce sviluppo oltre al fatto di aver precedentemente dimostrato la capacita? di poter germinare e crescere nello spazio. Il meccanismo biologico per cui l'alcol che entra in contatto con la rucola viene metabolizzato e? riconducibile all'azione dell'enzima alcol deidrogenasi (Leblova et al., 1976; 1977). L'enzima (ADH, EC: 1.1.1.1) appartenente alle classi delle ossidoriduttasi catalizza la seguente reazione: Alcol + NAD+ ? aldeide o chetone + NADH + H+ In biochimica una ossidoriduttasi e? un enzima che catalizza il trasferimento di elettroni da unamolecola (detta riducente) ad un'altra (detta ossidante). Nella reazione catalizzata dall'ADH l'agente ossidante e? il NAD+ (nicotinammide adenina dinucleotide). L'ADH e? un enzima che sitrova nel citosol delle cellule ed e? comune a tutti gli organismi viventi, sebbene esistano differenze strutturali essenzialmente dovute a diverso numero di subunita? riscontrabili. Nei lieviti e nelle piante e? costituito da quattro subunita?, a loro volta composte da 4 catene differenti. Le uniche differenze che emergono tra l'ADH dei lieviti e quello delle piante sono: un diverso peso molecolare e una maggiore affinita? con il substrato. Infatti il substrato favorito dall'ADH delle piante e? l'etanolo mentre nel lievito e? l'acetaldeide. Vari studi hanno evidenziato una preferenza di un substrato rispetto ad un altro, in particolare, l'alcol con cui si evidenzia una maggiore attivita? e? l'etanolo, a seguire si hanno n-propanolo, metanolo, isopropanolo e ciclopentanolo. Lo scopo del presente lavoro e? quindi di verificare se le caratteristiche cinetiche dell'enzima ADH di rucola rispetto a etanolo, metanolo, e isopropanolo, possano giustificare l'impiego di questa pianta come disinquinante, fornendo in contemporanea cibo per gli astronauti.

Fitodepurazione con rucola "Eruca sativa Mill." degli alcoli di condensa presenti nella Stazione Spaziale Internazionale: caratterizzazione cinetica dell'enzima alcol deidrogenasi

Luca Leonardi;Simona Proietti;Michele Mattioni;
2016-01-01

Abstract

I programmi delle maggiori agenzie spaziali per il medio-lungo periodo includono missioni di lunga durata con equipaggio umano. In questo tipo di missioni il trasporto di materiali necessari al sostentamento dell'equipaggio sarebbe insostenibile, per questo si stanno studiando sistemi di generazione di cibo, recupero e rigenerazione d'acqua e aria. Piu? in generale si stanno studiando sistemi biorigenerativi di sostegno alla vita nello spazio, "Bioregenative Life Support System" (BLSS) che prevedono la coltivazione di specie vegetali. I principali vantaggi che possono scaturire dalla coltivazione di piante nello spazio sono: la rigenerazione dell'aria nel modulo pressurizzato attraverso il processo di fotosintesi, la purificazione e rigenerazione delle acque e, in generale, di tutti i residui organici prodotti dall'equipaggio oltre alla possibilita? di avere cibo sempre fresco a disposizione nella Stazione Spaziale Intenazionale (ISS), permettendo di colmare le carenze alimentari dovute ad una lunga permanenza nello spazio e migliorare, di conseguenza, la vita dell'equipaggio stesso (Paradiso et al., 2014). La crescita delle piante in ambiente controllato e? ottenuta mediate complesse strutture progettate per simulare condizioni ambientali quanto piu? possibile reali (camere di crescita), e munite di numerosi sensori per il controllo dei parametri necessari alla crescita degli organismi vegetali quali la temperatura, l'umidita? e i cicli di illuminazione giorno-notte. Le condizioni delle piante in una camera di crescita in ogni caso non simulano le condizioni di microgravita? che si avrebbero nello spazio. Per ovviare a questo problema sono state costruite strutture che simulano tale fattore per poterne studiare gli effetti sulle colture. Tra le apparecchiature piu? utilizzate ci sono i clinostati, dispositivi che utilizzano la rotazione su uno (monoassiale) o piu? piani (triassiale) per minimizzare e confondere gli effetti del vettore gravitazionale sulla crescita e sullo sviluppo delle piante. Un problema che si pone nell'impiego dei clinostati in cui si voglia far crescere le piante fino a dimensione adatta al consumo, e? quello relativo alla gestione dell'acqua di irrigazione. Una struttura idroponica a ciclo chiuso e? stata sviluppata dall'Universita? della Tuscia dove piante di pomodoro nano sono state fatte crescere in tubi semipermeabili, che ruotando annullano l'effetto della gravita? terrestre, e all'interno dei quali fluisce costantemente la soluzione nutritiva garantendo approvvigionamento di acqua e sali minerali alle piante (Colla et al., 2007a). Oltre a queste soluzioni innovative che permettono di simulare le possibili problematiche sullecoltivazioni in assenza di gravita?, sono stati eseguiti esperimenti direttamente nello spazio. La possibilita? di coltivare le piante nello spazio e? il tema sviluppato dal progetto europeo EDEN-ISS nella sezione "Ground Demonstration of Plant Cultivation Technologies for Safe Food Production in Space" dove in particolare sono state selezionate 4 specie di piante con buona capacita? di crescita nello spazio allo scopo di offrire sistemi biorigenerativi di sostegno alla vita. Le piante individuate sono: rucola, lattuga, pomodoro nano e cavolo cinese (Boscheri et al., 2016). Un esperimento condotto nella ISS durante la missione spaziale ENEIDE in collaborazione con l'Universita? della Tuscia e l'Istituto di Biologia Agroambientale e Forestale (IBAF) del CNR ha avuto come obiettivo di confrontare, in termini di crescita e qualita? nutrizionale piantine di rucola coltivate nello spazio con quelle coltivate a terra in presenza e assenza di clinorotazione. La missione spaziale ha dimostrato che i semi di rucola sono in grado di germinare e crescere nello spazio, ma i germogli sviluppatisi nello spazio sono piu? sottili e allungati, con i cotiledoni spesso chiusi rispetto a quelli prodotti a terra. L'analisi quantitativa (produzione come peso fresco e secco), e qualitativa (contenuto di carboidrati e pigmenti fotosintetici), mostra come la crescita nello spazio influenzi negativamente tutti i parametri analizzati. In particolare, le piantine cresciute nello spazio 1 mostrano contenuti ridotti di clorofilla e caroteni rispetto a quelle cresciute a terra in assenza o presenza di clinorotazione (Colla et al., 2007b). I risultati hanno comunque dimostrato che e? possibile coltivare piantine di rucola nello spazio. Uno dei problemi evidenziato sui moduli spaziali e? inoltre la formazione di acqua di condensa che deve essere comunque recuperata, soprattutto in caso di lunga permanenza nello spazio. Tale acqua potrebbe rivelarsi fondamentale per la coltivazione delle piante inserite nei sistemi biorigenerativi. Tuttavia nella ISS si e? evidenziata la presenza di contaminanti in tale acqua, dovuti alle normali attivita? umane condotte nel sistema chiuso dei moduli spaziali. Si deve quindi tenere conto dei contaminanti ambientali e del loro destino. Tra i contaminanti rinvenuti nell'acqua di condensa della ISS sono stati evidenziati tre alcoli: etanolo, metanolo e isopropanolo in concentrazioni considerevoli. Da diversi decenni in ambito internazionale sono state condotte ricerche sull'inquinamento dell'aria in spazi chiusi e la relativa rimozione delle sostanze inquinanti presenti utilizzando le piante. Varie sostanze inquinanti e differenti specie vegetali sono state testate per verificarne l'efficacia in processi di rimozione (Kays, 2011; Dela Cruz et al., 2014). La stazione spaziale internazionale e? per eccellenza un luogo chiuso quindi con le stesse problematiche di inquinamento dell'aria dei luoghi chiusi sulla terra. Nello spazio pero? non e? possibile far crescere tutte le varieta? di specie presenti in natura, per cui le ricerche che utilizzano piante per la rimozione degli inquinanti presenti nell'aria devono focalizzarsi sulle specie che abbiano dimostrato di poter germinare e crescere in assenza di gravita?. Mentre in letteratura scientifica sono numerose le ricerche che riguardano la rimozione e metabolizzazione dei tre alcoli considerati con specie vegetali diverse (Kays, 2011; Dela Cruz 2014) non vengono riportate ricerche che utilizzino la rucola come specie vegetale per la rimozione di alcol. Nell'ambito dell'attivita? di ricerca sui BLSS in corso presso l'IBAF si e? quindi affrontato il destino nel breve periodo dei tre alcoli (etanolo, metanolo e isopropanolo) qualora questi entrino in contatto con la rucola in diversi momenti della sua coltivazione. Gli esperimenti sono stati effettuati utilizzando come materiale vegetale le giovani piante di rucola, scelte per le sue piccole dimensioni e per il veloce sviluppo oltre al fatto di aver precedentemente dimostrato la capacita? di poter germinare e crescere nello spazio. Il meccanismo biologico per cui l'alcol che entra in contatto con la rucola viene metabolizzato e? riconducibile all'azione dell'enzima alcol deidrogenasi (Leblova et al., 1976; 1977). L'enzima (ADH, EC: 1.1.1.1) appartenente alle classi delle ossidoriduttasi catalizza la seguente reazione: Alcol + NAD+ ? aldeide o chetone + NADH + H+ In biochimica una ossidoriduttasi e? un enzima che catalizza il trasferimento di elettroni da unamolecola (detta riducente) ad un'altra (detta ossidante). Nella reazione catalizzata dall'ADH l'agente ossidante e? il NAD+ (nicotinammide adenina dinucleotide). L'ADH e? un enzima che sitrova nel citosol delle cellule ed e? comune a tutti gli organismi viventi, sebbene esistano differenze strutturali essenzialmente dovute a diverso numero di subunita? riscontrabili. Nei lieviti e nelle piante e? costituito da quattro subunita?, a loro volta composte da 4 catene differenti. Le uniche differenze che emergono tra l'ADH dei lieviti e quello delle piante sono: un diverso peso molecolare e una maggiore affinita? con il substrato. Infatti il substrato favorito dall'ADH delle piante e? l'etanolo mentre nel lievito e? l'acetaldeide. Vari studi hanno evidenziato una preferenza di un substrato rispetto ad un altro, in particolare, l'alcol con cui si evidenzia una maggiore attivita? e? l'etanolo, a seguire si hanno n-propanolo, metanolo, isopropanolo e ciclopentanolo. Lo scopo del presente lavoro e? quindi di verificare se le caratteristiche cinetiche dell'enzima ADH di rucola rispetto a etanolo, metanolo, e isopropanolo, possano giustificare l'impiego di questa pianta come disinquinante, fornendo in contemporanea cibo per gli astronauti.
2016
Istituto di Biologia Agro-ambientale e Forestale - IBAF - Sede Porano
Fitodepurazione
Alcool deidrogenasi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/316493
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