Questo rapporto tecnico descrive la procedura per ottenere informazioni sulle strutture genetiche di popolazioni mediante l'utilizzo di software scientifici. La biodiversità può essere definita come l'insieme della variabilità espressa da tutti gli organismi viventi. La base della biodiversità è dovuta alla diversità genetica, ovvero la varietà dell'informazione genetica contenuta negli individui di una specie. L'analisi della biodiversità è di fondamentale importanza nelle specie forestali per formulare strategie di conservazione a lungo termine delle risorse genetiche. Ai giorni d'oggi la biodiversità per le specie forestali è minacciata dall'attività umana, dai cambiamenti climatici, dall'attacco di nuovi agenti patogeni e da fenomeni di erosione genetica. L'erosione genetica e le modificazioni del pool genetico di popolazioni forestali possono ad esempio essere causate dall'intervento umano mediante sostituzione delle foreste con piantagioni o con l'introduzione di specie esotiche. Tutto questo può causare un impoverimento, o in alcuni casi l'eliminazione o la grande perdita di popolazioni adattate a livello locale, oppure nel caso di specie esotiche l'ibridazione con quelle locali con la modificazione del pool genico delle piante autoctone. La conoscenza e lo studio della diversità genetica presente a livello di popolazioni forestali risulta di fondamentale importanza per formulare o mettere in atto strategie per la conservazione o pratiche per la gestione delle risorse genetiche. Quindi, la gestione delle risorse genetiche si deve impegnare per mantenere le condizioni in maniera tale che il patrimonio genetico di una specie possa evolvere e prosperare in risposta ai cambiamenti dell'ambiente. La salvaguardia delle risorse genetiche viene effettuata mediante il mantenimento della biodiversità e nella riduzione dell'erosione genetica, il tutto si può effettuare con due metodologie: conservazione "in situ" ed "ex situ". La conservazione "in situ" prevede che la specie di interesse venga conservata all'interno della sua area geografica di origine allo scopo di conservare le risorse biologiche perché la crescita e lo sviluppo della specie avviene nel suo habitat naturale. Questo approccio viene effettuato mediante la creazione di aree naturali protette e parchi. Per conservazione "ex situ" si intende che il mantenimento della specie viene effettuato al di fuori del proprio habitat naturale, allo scopo di assicurare il mantenimento della biodiversità. Il grosso svantaggio di questa ultima metodica è che si riesce a mantenere solo una parte del totale della variabilità genetica della popolazione con il rischio che si inneschi il processo della deriva genetica. Di conseguenza viene preferita la conservazione in situ che mantiene inalterate funzioni e processi ecologici e consente la continua evoluzione della specie. La diversità genetica viene oggigiorno studiata mediante l'utilizzo dei marcatori molecolari. Un marcatore molecolare permette di rilevare differenze (polimorfismi) dovuti a mutazioni in regioni di DNA omologo in individui appartenenti alla stessa specie. Quindi, un marcatore molecolare è una sequenza di DNA la cui ereditarietà è facilmente rilevabile. Le differenze tra individui a livello della sequenza del DNA costituiscono un insieme di marcatori genetici ad alto potere discriminante e quindi un sistema di analisi genomica comparativo di grande precisione. Oggi i marcatori molecolari vengono considerati il più affidabile metodo per l'analisi della diversità genetica delle specie vegetali (Chessa e Nieddu, 2005). Sono disponibili diversi tipi di marcatori molecolari che si distinguono per il tipo di sequenze analizzate e per il tipo di tecnica utilizzata. Alcuni tipi di marcatori come ad esempio i RFLP e i VNTR si basano sulla tecnica dell'ibridazione del southern blot, mentre i RAPD e gli SSR detti anche microsatelliti si basano sulla tecnica della PCR. Grazie alla grande variabilità del numero di ripetizioni su gran parte dei loci e dalla facilità con cui è possibile evidenziare il polimorfismo, gli SSR stanno diventando sempre di più lo strumento ideale per affrontare studi di genetica di popolazione (Wright e Bentzen, 1994). Nella conservazione della biodiversità i marcatori microsatellitari permettono di valutare la diversità genetica e la struttura delle popolazioni. I microsatelliti o marcatori SSR (Simple Sequence Repeat) (Morgante e Olivieri, 1993) consentono di evidenziare polimorfismi a livello delle sequenze di DNA ripetute. Infatti, nel DNA degli organismi eucariotici sono disperse sequenze semplici ripetute, ovvero oligonucleotidi di 2-5bp come ad esempio (CA)n, (GCC)n, (GATA)n ed altre dette microsatelliti. E' stato stimato che esistono in media una regione SSR ogni 500-750Kb di DNA in funzione del motivo ripetuto. In questo caso, i polimorfismi si mettono in evidenza realizzando una PCR con primers specifici disegnati in modo da essere complementari alle regioni che fiancheggiano le sequenze ripetute. I primers così disegnati, consentono di amplificare singoli microsatelliti che possono differire da individuo a individuo per il numero di volte che tale motivo è ripetuto. I prodotti di amplificazione vengono sottoposti a separazione mediante un sequenziatore di acidi nucleici che sfrutta il principio dell'elettroforesi capillare, che consente di evidenziare polimorfismi per differenze di pochi nucleotidi (2-5bp). Questo rapporto tecnico descrive la procedura di analisi, mediante l'utilizzo di software scientifici, dei dati ottenuti dal sequenziamento di microsatelliti amplificati mediante PCR, allo scopo di ottenere informazioni sulla struttura genetica per definire la separazione delle popolazioni che vengono prese in esame. Lo scopo è quello di spiegare in maniera scientifica e dettagliata la procedura, fornendo una guida di notevole utilità per gli utenti che usano per la prima volta questi software.

Procedura per l'analisi di marcatori microsatellitari per lo studio della diversità genetica

Luca Leonardi;Michele Mattioni
2018

Abstract

Questo rapporto tecnico descrive la procedura per ottenere informazioni sulle strutture genetiche di popolazioni mediante l'utilizzo di software scientifici. La biodiversità può essere definita come l'insieme della variabilità espressa da tutti gli organismi viventi. La base della biodiversità è dovuta alla diversità genetica, ovvero la varietà dell'informazione genetica contenuta negli individui di una specie. L'analisi della biodiversità è di fondamentale importanza nelle specie forestali per formulare strategie di conservazione a lungo termine delle risorse genetiche. Ai giorni d'oggi la biodiversità per le specie forestali è minacciata dall'attività umana, dai cambiamenti climatici, dall'attacco di nuovi agenti patogeni e da fenomeni di erosione genetica. L'erosione genetica e le modificazioni del pool genetico di popolazioni forestali possono ad esempio essere causate dall'intervento umano mediante sostituzione delle foreste con piantagioni o con l'introduzione di specie esotiche. Tutto questo può causare un impoverimento, o in alcuni casi l'eliminazione o la grande perdita di popolazioni adattate a livello locale, oppure nel caso di specie esotiche l'ibridazione con quelle locali con la modificazione del pool genico delle piante autoctone. La conoscenza e lo studio della diversità genetica presente a livello di popolazioni forestali risulta di fondamentale importanza per formulare o mettere in atto strategie per la conservazione o pratiche per la gestione delle risorse genetiche. Quindi, la gestione delle risorse genetiche si deve impegnare per mantenere le condizioni in maniera tale che il patrimonio genetico di una specie possa evolvere e prosperare in risposta ai cambiamenti dell'ambiente. La salvaguardia delle risorse genetiche viene effettuata mediante il mantenimento della biodiversità e nella riduzione dell'erosione genetica, il tutto si può effettuare con due metodologie: conservazione "in situ" ed "ex situ". La conservazione "in situ" prevede che la specie di interesse venga conservata all'interno della sua area geografica di origine allo scopo di conservare le risorse biologiche perché la crescita e lo sviluppo della specie avviene nel suo habitat naturale. Questo approccio viene effettuato mediante la creazione di aree naturali protette e parchi. Per conservazione "ex situ" si intende che il mantenimento della specie viene effettuato al di fuori del proprio habitat naturale, allo scopo di assicurare il mantenimento della biodiversità. Il grosso svantaggio di questa ultima metodica è che si riesce a mantenere solo una parte del totale della variabilità genetica della popolazione con il rischio che si inneschi il processo della deriva genetica. Di conseguenza viene preferita la conservazione in situ che mantiene inalterate funzioni e processi ecologici e consente la continua evoluzione della specie. La diversità genetica viene oggigiorno studiata mediante l'utilizzo dei marcatori molecolari. Un marcatore molecolare permette di rilevare differenze (polimorfismi) dovuti a mutazioni in regioni di DNA omologo in individui appartenenti alla stessa specie. Quindi, un marcatore molecolare è una sequenza di DNA la cui ereditarietà è facilmente rilevabile. Le differenze tra individui a livello della sequenza del DNA costituiscono un insieme di marcatori genetici ad alto potere discriminante e quindi un sistema di analisi genomica comparativo di grande precisione. Oggi i marcatori molecolari vengono considerati il più affidabile metodo per l'analisi della diversità genetica delle specie vegetali (Chessa e Nieddu, 2005). Sono disponibili diversi tipi di marcatori molecolari che si distinguono per il tipo di sequenze analizzate e per il tipo di tecnica utilizzata. Alcuni tipi di marcatori come ad esempio i RFLP e i VNTR si basano sulla tecnica dell'ibridazione del southern blot, mentre i RAPD e gli SSR detti anche microsatelliti si basano sulla tecnica della PCR. Grazie alla grande variabilità del numero di ripetizioni su gran parte dei loci e dalla facilità con cui è possibile evidenziare il polimorfismo, gli SSR stanno diventando sempre di più lo strumento ideale per affrontare studi di genetica di popolazione (Wright e Bentzen, 1994). Nella conservazione della biodiversità i marcatori microsatellitari permettono di valutare la diversità genetica e la struttura delle popolazioni. I microsatelliti o marcatori SSR (Simple Sequence Repeat) (Morgante e Olivieri, 1993) consentono di evidenziare polimorfismi a livello delle sequenze di DNA ripetute. Infatti, nel DNA degli organismi eucariotici sono disperse sequenze semplici ripetute, ovvero oligonucleotidi di 2-5bp come ad esempio (CA)n, (GCC)n, (GATA)n ed altre dette microsatelliti. E' stato stimato che esistono in media una regione SSR ogni 500-750Kb di DNA in funzione del motivo ripetuto. In questo caso, i polimorfismi si mettono in evidenza realizzando una PCR con primers specifici disegnati in modo da essere complementari alle regioni che fiancheggiano le sequenze ripetute. I primers così disegnati, consentono di amplificare singoli microsatelliti che possono differire da individuo a individuo per il numero di volte che tale motivo è ripetuto. I prodotti di amplificazione vengono sottoposti a separazione mediante un sequenziatore di acidi nucleici che sfrutta il principio dell'elettroforesi capillare, che consente di evidenziare polimorfismi per differenze di pochi nucleotidi (2-5bp). Questo rapporto tecnico descrive la procedura di analisi, mediante l'utilizzo di software scientifici, dei dati ottenuti dal sequenziamento di microsatelliti amplificati mediante PCR, allo scopo di ottenere informazioni sulla struttura genetica per definire la separazione delle popolazioni che vengono prese in esame. Lo scopo è quello di spiegare in maniera scientifica e dettagliata la procedura, fornendo una guida di notevole utilità per gli utenti che usano per la prima volta questi software.
2018
Istituto di Biologia Agro-ambientale e Forestale - IBAF - Sede Porano
microsatelliti
diversità genetica
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/347845
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