Ben noto ai viaggiatori del XVIII secolo, il museo di Ignazio Paternò Castello di Biscari rappresenta forse il più significativo episodio collezionistico in ambito siciliano. Rimasto sostanzialmente intatto, anche nella struttura espositiva impostagli dal suo fondatore all'interno di Palazzo Biscari alla Marina, fu ceduto dagli eredi al Comune di Catania e materialmente acquisito nel 1930 con il trasferimento delle raccolte nel Museo Civico di Castello Ursino. Analizzato nei suoi processi formativi oltre che nelle molteplici e sfaccettate componenti - grazie al recupero di inedita documentazione letteraria ed archivistica - il museo biscariano si rivela tipico esempio del "collezionismo internazionale" che caratterizza la cultura antiquaria italiana della seconda metà del XVIII secolo. Da un lato guarda ai modelli europei, alimentandosi di acquisti su un mercato esterno, dall'altro, animato da orgoglio civico e stimolato dai grandi scavi promossi nello Stato Pontificio e nel Regno di Napoli, si nutre della cultura e della storia locale; guarda alle grandi raccolte statuarie delle famiglie patrizie romane ma soggiace al dilagante interesse verso il più modesto instrumentum, imposto dai fortunati rinvenimenti di Ercolano e Pompei. Dal riesame di tutto il complesso e di alcune sezioni antiche in particolare, emergono le passioni e gli interessi prevalenti del principe collezionista che, pur rimanendo legato a certi aspetti della confusa antiquaria seicentesca, accoglie gli sviluppi della nascente scienza archeologica ed i progressi delle scienze naturali e fisiche. Da qui la sua concezione di museo non solo come tradizionale spazio simbolico e rappresentativo, ma soprattutto come luogo di conoscenza e sperimentazione scientifica.
Museum Biscarianum. Materiali per lo studio delle collezioni di Ignazio Paternò Castello di Biscari (1719-1786)
Stefania Pafumi
2006
Abstract
Ben noto ai viaggiatori del XVIII secolo, il museo di Ignazio Paternò Castello di Biscari rappresenta forse il più significativo episodio collezionistico in ambito siciliano. Rimasto sostanzialmente intatto, anche nella struttura espositiva impostagli dal suo fondatore all'interno di Palazzo Biscari alla Marina, fu ceduto dagli eredi al Comune di Catania e materialmente acquisito nel 1930 con il trasferimento delle raccolte nel Museo Civico di Castello Ursino. Analizzato nei suoi processi formativi oltre che nelle molteplici e sfaccettate componenti - grazie al recupero di inedita documentazione letteraria ed archivistica - il museo biscariano si rivela tipico esempio del "collezionismo internazionale" che caratterizza la cultura antiquaria italiana della seconda metà del XVIII secolo. Da un lato guarda ai modelli europei, alimentandosi di acquisti su un mercato esterno, dall'altro, animato da orgoglio civico e stimolato dai grandi scavi promossi nello Stato Pontificio e nel Regno di Napoli, si nutre della cultura e della storia locale; guarda alle grandi raccolte statuarie delle famiglie patrizie romane ma soggiace al dilagante interesse verso il più modesto instrumentum, imposto dai fortunati rinvenimenti di Ercolano e Pompei. Dal riesame di tutto il complesso e di alcune sezioni antiche in particolare, emergono le passioni e gli interessi prevalenti del principe collezionista che, pur rimanendo legato a certi aspetti della confusa antiquaria seicentesca, accoglie gli sviluppi della nascente scienza archeologica ed i progressi delle scienze naturali e fisiche. Da qui la sua concezione di museo non solo come tradizionale spazio simbolico e rappresentativo, ma soprattutto come luogo di conoscenza e sperimentazione scientifica.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.