Il problema del riscaldamento globale è legato alle emissioni in atmosfera dei così detti gas serra. I principali sono l'anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O), l'ozono (O3), il vapore acqueo e gli alocarburi (CFC, HCFC, HFC). Il protocollo di Kyoto, sottoscritto l'11 dicembre del 1997 ed entrato in vigore il 16 febbraio 2005 grazie alla ratifica del Protocollo da parte della Russia, è un accordo internazionale per contrastare quello che può essere considerato il più grande e preoccupante problema ambientale dell'era moderna. Tale protocollo impone a ciascuno dei Paesi firmatari una riduzione delle proprie emissioni, rispetto ai valori registrati nel 1990. L'Europa, dal canto suo, ha stabilito una serie di norme vincolanti volte a garantire il raggiungimento dei propri obiettivi in materia di clima ed energia entro il 2020. Il pacchetto "Europa 2020", infatti, mira al raggiungimento del 20% della produzione di energia da fonti rinnovabili, all'incremento del 20% dell'efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni dei gas serra del 20% rispetto ai valori misurati nel 1990. Inoltre il Consiglio Europeo nell'ottobre del 2014 ha definito ed approvato i nuovi obiettivi per il 2030: riduzione del 40% delle emissioni dei gas serra, incremento del 27% della produzione di energia da fonte rinnovabile e incremento del 27% dell'efficienza energetica.Se la CO2 è il gas più pericoloso in termini di quantità emesse in atmosfera, il metano è, in relazione al suo GWP (Global Warming Potential) ben ventuno volte maggiore della CO2, non meno pericoloso della CO2. La maggior parte del metano immesso in atmosfera deriva dalla fermentazione anaerobica dei rifiuti solidi urbani nelle discariche a cielo aperto (circa il 40%), mentre circa il 50% proviene dal settore agricolo, in particolare, dalla fermentazione delle deiezioni animali (bovine, suine, pollame etc.). Questo equivale a dire che circa il 90% del metano rilasciato in atmosfera proviene dal biogas. Il più semplice rimedio a questo problema è stato quello di impiegare il biogas come combustibile per caldaie o cogeneratori al fine di produrre energia termica o energia elettrica e termica contemporaneamente. In quest'ottica di valorizzazione di tale risorsa, si inserisce l'upgrading del biogas in biometano destinato all'immissione in rete o al suo utilizzo quale combustibile per l'autotrazione. Il biogas è infatti una miscela di metano (40÷75%), anidride carbonica (15÷60%) e altre impurità presenti in percentuali più basse quali acido solfidrico, acqua, silossani, VOC ecc. Attraverso un processo di cleaning e, successivamente, di upgrading è possibile rimuovere la CO2 e ottenere un gas (biometano) ricco in CH4 con qualità e proprietà analoghe al gas naturale. In Europa, soprattutto Germania, Svezia e Gran Bretagna, più di 500 impianti di upgrading operano già a pieno regime a riprova del fatto che questa tecnologia ha raggiunto un alto livello di maturità e affidabilità. In Italia l'interesse verso la valorizzazione del biogas è sempre più crescente per varie ragioni. Anzitutto, il biogas ottenuto da effluenti zootecnici, matrici agricole e agroindustriali è già una realtà diffusa su tutto il territorio nazionale. Inoltre, la possibilità di produrre biometano in loco e di immetterlo in rete (quella italiana è una delle più capillari e capienti reti energetiche in Europa), potrebbe essere un modo per aumentare la flessibilità di utilizzo e al contempo ridurre le quantità di gas importate, contribuendo a rendere l'Italia sempre più energeticamente indipendente. In quest'ottica, l'obiettivo diventa quello di realizzare e affinare tecnologie di upgrading di piccola, media e grande potenzialità per la produzione e raffinazione del biometano. Tra le diverse tecnologie, che verranno presentate al capitolo 3, la Pressure Swing Adsorption (PSA) e la Vacuum Swing Adsorption (VSA), sono le tecniche più utilizzate. Questi impianti sono infatti affidabili, compatti, caratterizzati da ridotti consumi energetici e costi di investimento, aspetti fondamentali per impianti di piccola e media taglia. Il mio lavoro di tesi è stato incentrato sullo studio del prototipo sperimentale VSA realizzato dall'Istituto sull'Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Montelibretti. L'impianto è costituito da quattro reattori contenenti zeoliti naturali (tufo) studiate e testate quale alternativa alle zeoliti sintetiche. L'obiettivo è stato quello di validare sperimentalmente un modello fluidodinamico che simulasse il processo di adsorbimento della CO2 sul tufo in diverse condizioni operative (portata e composizione delle miscele sintetiche utilizzate).

UPGRADING DEL BIOGAS IN BIOMETANO: SVILUPPO DI UN MODELLO NUMERICO DEL PROCESSO DI ADSORBIMENTO DELLA CO2 SUL TUFO / Federico Assenza Laurendo, ; Paolo Venturini Relatore, ; Francesco Petracchini CorrelatorLa,. - (2017 Mar 24).

UPGRADING DEL BIOGAS IN BIOMETANO: SVILUPPO DI UN MODELLO NUMERICO DEL PROCESSO DI ADSORBIMENTO DELLA CO2 SUL TUFO

2017

Abstract

Il problema del riscaldamento globale è legato alle emissioni in atmosfera dei così detti gas serra. I principali sono l'anidride carbonica (CO2), il metano (CH4), il protossido di azoto (N2O), l'ozono (O3), il vapore acqueo e gli alocarburi (CFC, HCFC, HFC). Il protocollo di Kyoto, sottoscritto l'11 dicembre del 1997 ed entrato in vigore il 16 febbraio 2005 grazie alla ratifica del Protocollo da parte della Russia, è un accordo internazionale per contrastare quello che può essere considerato il più grande e preoccupante problema ambientale dell'era moderna. Tale protocollo impone a ciascuno dei Paesi firmatari una riduzione delle proprie emissioni, rispetto ai valori registrati nel 1990. L'Europa, dal canto suo, ha stabilito una serie di norme vincolanti volte a garantire il raggiungimento dei propri obiettivi in materia di clima ed energia entro il 2020. Il pacchetto "Europa 2020", infatti, mira al raggiungimento del 20% della produzione di energia da fonti rinnovabili, all'incremento del 20% dell'efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni dei gas serra del 20% rispetto ai valori misurati nel 1990. Inoltre il Consiglio Europeo nell'ottobre del 2014 ha definito ed approvato i nuovi obiettivi per il 2030: riduzione del 40% delle emissioni dei gas serra, incremento del 27% della produzione di energia da fonte rinnovabile e incremento del 27% dell'efficienza energetica.Se la CO2 è il gas più pericoloso in termini di quantità emesse in atmosfera, il metano è, in relazione al suo GWP (Global Warming Potential) ben ventuno volte maggiore della CO2, non meno pericoloso della CO2. La maggior parte del metano immesso in atmosfera deriva dalla fermentazione anaerobica dei rifiuti solidi urbani nelle discariche a cielo aperto (circa il 40%), mentre circa il 50% proviene dal settore agricolo, in particolare, dalla fermentazione delle deiezioni animali (bovine, suine, pollame etc.). Questo equivale a dire che circa il 90% del metano rilasciato in atmosfera proviene dal biogas. Il più semplice rimedio a questo problema è stato quello di impiegare il biogas come combustibile per caldaie o cogeneratori al fine di produrre energia termica o energia elettrica e termica contemporaneamente. In quest'ottica di valorizzazione di tale risorsa, si inserisce l'upgrading del biogas in biometano destinato all'immissione in rete o al suo utilizzo quale combustibile per l'autotrazione. Il biogas è infatti una miscela di metano (40÷75%), anidride carbonica (15÷60%) e altre impurità presenti in percentuali più basse quali acido solfidrico, acqua, silossani, VOC ecc. Attraverso un processo di cleaning e, successivamente, di upgrading è possibile rimuovere la CO2 e ottenere un gas (biometano) ricco in CH4 con qualità e proprietà analoghe al gas naturale. In Europa, soprattutto Germania, Svezia e Gran Bretagna, più di 500 impianti di upgrading operano già a pieno regime a riprova del fatto che questa tecnologia ha raggiunto un alto livello di maturità e affidabilità. In Italia l'interesse verso la valorizzazione del biogas è sempre più crescente per varie ragioni. Anzitutto, il biogas ottenuto da effluenti zootecnici, matrici agricole e agroindustriali è già una realtà diffusa su tutto il territorio nazionale. Inoltre, la possibilità di produrre biometano in loco e di immetterlo in rete (quella italiana è una delle più capillari e capienti reti energetiche in Europa), potrebbe essere un modo per aumentare la flessibilità di utilizzo e al contempo ridurre le quantità di gas importate, contribuendo a rendere l'Italia sempre più energeticamente indipendente. In quest'ottica, l'obiettivo diventa quello di realizzare e affinare tecnologie di upgrading di piccola, media e grande potenzialità per la produzione e raffinazione del biometano. Tra le diverse tecnologie, che verranno presentate al capitolo 3, la Pressure Swing Adsorption (PSA) e la Vacuum Swing Adsorption (VSA), sono le tecniche più utilizzate. Questi impianti sono infatti affidabili, compatti, caratterizzati da ridotti consumi energetici e costi di investimento, aspetti fondamentali per impianti di piccola e media taglia. Il mio lavoro di tesi è stato incentrato sullo studio del prototipo sperimentale VSA realizzato dall'Istituto sull'Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Montelibretti. L'impianto è costituito da quattro reattori contenenti zeoliti naturali (tufo) studiate e testate quale alternativa alle zeoliti sintetiche. L'obiettivo è stato quello di validare sperimentalmente un modello fluidodinamico che simulasse il processo di adsorbimento della CO2 sul tufo in diverse condizioni operative (portata e composizione delle miscele sintetiche utilizzate).
24-mar-2017
Istituto sull'Inquinamento Atmosferico - IIA
biogas
upgrading
Paolo Venturini
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/359699
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