Il concept del rapporto è il cibo inteso come vettore composito di una pluralità di beni comuni quali la qualità delle risorse naturali, la produzione del paesaggio, la gestione del territorio, la cultura alimentare e di consumo, la costruzione di relazioni positive nella gestione del lavoro e nei processi produttivi agricoli, la produzione di fiducia rispetto all'accessibilità attuale e futura di queste risorse. La proposta del cibo "bene comune" introduce ai valori di comunità e di appartenenza, di cooperazione, di dialogo e rispetto delle diversità, di scambio reciproco extra-mercato, valori capaci di dare luogo a un'economia policentrica, dove componenti private, pubbliche e comuni concorrono alla generazione di possibili risposte alle crisi in atto o a quelle attese. La costruzione di un nuovo modello di riferimento dell'agricoltura, più attento alla capacità di assicurare risposte estese ai bisogni delle persone, richiede un profondo processo di innovazione sociale, in linea anche con la Strategia di Europa 2020 di favorire una crescita intelligente, sostenibile e solidale. Al centro della proposta dell'agricoltura come bene comune si fonda l'idea che non si stia parlando solo di un settore produttivo, misurabile in termini di contributo al Prodotto Interno Lordo. L'ipotesi è che l'agricoltura sia al centro di una visione capace di suscitare interesse collettivo e alleanze tra impresa, cittadinanza attiva, istituzioni pubbliche, mondo della ricerca, fino alla costruzione di nuove forme di economia civile. L'innovazione in questi casi non sta nella generazione di nuove tecniche quanto, piuttosto, nella capacità di avviare un nuovo modello di gestione collettiva delle risorse disponibili, tra cui quelle agricole. Si tratta di esperienze aziendali che stanno arricchendosi man mano, e che, dalle iniziali costruzioni di opportunità di mercato nelle filiere corte, vanno gemmando ipotesi condivise di lavoro e nuove alleanze sulle quali ricostruire valori di relazione e d'uso intorno al cibo, ai processi produttivi e alle esternalità positive che li circondano. Nel rapporto vengono analizzati una serie di casi studio di imprese italiane che possono considerarsi delle best practice multifunzionali. Azienda Faro: Florovivaismo e cultura del paesaggio Orange Fiber: Nuovi tessuti dagli scarti delle arance Gruppo Mangimi Leone: Approvvigionamento e distribuzione nella filiera agricole siciliane Azienda Vannullo: La cultura della mozzarella di bufala Azienda Gemme Del Vesuvio: Innovazione e tradizione: la pasta funzionale Azienda Quartum: La cultura del vino nel territorio di Quarto Azienda Iorio: Ortofrutta ed inclusione sociale nella terra dei fuochi Cooperativa Al di la dei Sogni: Agricoltura sociale e turismo sostenibile.

La multifunzionalità agricola: alcune best practices italiane

Marcella De Martino;Fabio Magnotti;Gabriella Tammaro
2016

Abstract

Il concept del rapporto è il cibo inteso come vettore composito di una pluralità di beni comuni quali la qualità delle risorse naturali, la produzione del paesaggio, la gestione del territorio, la cultura alimentare e di consumo, la costruzione di relazioni positive nella gestione del lavoro e nei processi produttivi agricoli, la produzione di fiducia rispetto all'accessibilità attuale e futura di queste risorse. La proposta del cibo "bene comune" introduce ai valori di comunità e di appartenenza, di cooperazione, di dialogo e rispetto delle diversità, di scambio reciproco extra-mercato, valori capaci di dare luogo a un'economia policentrica, dove componenti private, pubbliche e comuni concorrono alla generazione di possibili risposte alle crisi in atto o a quelle attese. La costruzione di un nuovo modello di riferimento dell'agricoltura, più attento alla capacità di assicurare risposte estese ai bisogni delle persone, richiede un profondo processo di innovazione sociale, in linea anche con la Strategia di Europa 2020 di favorire una crescita intelligente, sostenibile e solidale. Al centro della proposta dell'agricoltura come bene comune si fonda l'idea che non si stia parlando solo di un settore produttivo, misurabile in termini di contributo al Prodotto Interno Lordo. L'ipotesi è che l'agricoltura sia al centro di una visione capace di suscitare interesse collettivo e alleanze tra impresa, cittadinanza attiva, istituzioni pubbliche, mondo della ricerca, fino alla costruzione di nuove forme di economia civile. L'innovazione in questi casi non sta nella generazione di nuove tecniche quanto, piuttosto, nella capacità di avviare un nuovo modello di gestione collettiva delle risorse disponibili, tra cui quelle agricole. Si tratta di esperienze aziendali che stanno arricchendosi man mano, e che, dalle iniziali costruzioni di opportunità di mercato nelle filiere corte, vanno gemmando ipotesi condivise di lavoro e nuove alleanze sulle quali ricostruire valori di relazione e d'uso intorno al cibo, ai processi produttivi e alle esternalità positive che li circondano. Nel rapporto vengono analizzati una serie di casi studio di imprese italiane che possono considerarsi delle best practice multifunzionali. Azienda Faro: Florovivaismo e cultura del paesaggio Orange Fiber: Nuovi tessuti dagli scarti delle arance Gruppo Mangimi Leone: Approvvigionamento e distribuzione nella filiera agricole siciliane Azienda Vannullo: La cultura della mozzarella di bufala Azienda Gemme Del Vesuvio: Innovazione e tradizione: la pasta funzionale Azienda Quartum: La cultura del vino nel territorio di Quarto Azienda Iorio: Ortofrutta ed inclusione sociale nella terra dei fuochi Cooperativa Al di la dei Sogni: Agricoltura sociale e turismo sostenibile.
2016
Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo - IRISS
Multifunzionalità agricola
innovazione
best practices
Italia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/382767
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