Nei secoli passati, le superfici delle architetture, rivestite anche con pietre a facciavista, sono state sempre un fattore importante di caratterizzazione dell'immagine delle città, elemento di riconoscibilità delle stesse, e, quindi, dei valori che esse esprimevano attraverso il patrimonio di arte, di storia, di ambiente. Ne è scaturito un codice genetico comune alle architetture di una particolare area geografica, un fattore di riconoscibilità e singolarità legato all'utilizzo dei materiali in funzione sia della loro disponibilità e abilità delle maestranze sia di colui, architetto o capo-mastro, che ha contribuito al cambiamento del sito. Dunque il tema della conservazione delle pietre ornamentali dell'edilizia storica rientra in tale tipo di problematica e va affrontato in tutti i suoi aspetti, anche metodologici e tecnici, per evidenziarne l'importanza ai fini della salvaguardia di identità culturali che rischiano di perdersi definitivamente (Aveta A., 2007). Il presente studio intende approfondire le conoscenze su alcuni litotipi molto utilizzati nell'architettura del centro storico della città di Napoli, definire il tipo di degrado a cui sono soggetti e ipotizzare gli eventuali interventi di recupero più adeguati, intendendosi per tali quelli che rispettino le istanze del restauro e diano garanzie di efficacia e durabilità. A tale approccio deve attenersi il termine restauro come ribadito dall'art. 29, comma 4, del nuovo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio ossia "l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali". Si delinea, quindi, l'esigenza e l'importanza di un approccio interdisciplinare, in cui a fianco dell'architetto-resturatore diano il loro contributo gli esperti in geologia, fisici, chimici ecc. Dal momento della loro messa in opera, i materiali lapidei, sono però interessati da inevitabili processi di alterazione che si sviluppano naturalmente e che sono da mettere in relazione al processo continuo che porta la struttura cristallina dei minerali a riequilibrarsi con le nuove condizioni di temperatura, pressione e chimiche del sistema in cui la roccia si viene a trovare successivamente alla sua formazione . Tale degrado si manifesta in maniera estremamente variabile, ma le cause sono essenzialmente riconducibili a due fattori: quello chimico e fisico, che determina un degrado naturale, e quello dovuto all'attività dell'uomo che potremmo definire artificiale o antropico. Questo processo, che comporta lo scadimento delle proprietà tecniche può essere ulteriormente accelerato dal microambiente nel quale la pietra si viene a trovare quando utilizzata come materiale da costruzione. L'area di studio è il Palazzo Orsini di Gravina, situato su via Monteoliveto, ed in particolare la ricerca si è focalizzata sull'individuazione dei materiali costruttivi lapidei e sul tipo di degrado a cui questi sono soggetti, limitatamente alla sola facciata principale dell'edificio.

PALAZZO ORSINI GRAVINA: analisi del degrado / Calandrelli, MARINA MAURA; De Crescenzo, Cira; Di Tuoro, Annarita. - (30/01/2014).

PALAZZO ORSINI GRAVINA: analisi del degrado

Calandrelli Marina Maura;
30/01/2014

Abstract

Nei secoli passati, le superfici delle architetture, rivestite anche con pietre a facciavista, sono state sempre un fattore importante di caratterizzazione dell'immagine delle città, elemento di riconoscibilità delle stesse, e, quindi, dei valori che esse esprimevano attraverso il patrimonio di arte, di storia, di ambiente. Ne è scaturito un codice genetico comune alle architetture di una particolare area geografica, un fattore di riconoscibilità e singolarità legato all'utilizzo dei materiali in funzione sia della loro disponibilità e abilità delle maestranze sia di colui, architetto o capo-mastro, che ha contribuito al cambiamento del sito. Dunque il tema della conservazione delle pietre ornamentali dell'edilizia storica rientra in tale tipo di problematica e va affrontato in tutti i suoi aspetti, anche metodologici e tecnici, per evidenziarne l'importanza ai fini della salvaguardia di identità culturali che rischiano di perdersi definitivamente (Aveta A., 2007). Il presente studio intende approfondire le conoscenze su alcuni litotipi molto utilizzati nell'architettura del centro storico della città di Napoli, definire il tipo di degrado a cui sono soggetti e ipotizzare gli eventuali interventi di recupero più adeguati, intendendosi per tali quelli che rispettino le istanze del restauro e diano garanzie di efficacia e durabilità. A tale approccio deve attenersi il termine restauro come ribadito dall'art. 29, comma 4, del nuovo Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio ossia "l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali". Si delinea, quindi, l'esigenza e l'importanza di un approccio interdisciplinare, in cui a fianco dell'architetto-resturatore diano il loro contributo gli esperti in geologia, fisici, chimici ecc. Dal momento della loro messa in opera, i materiali lapidei, sono però interessati da inevitabili processi di alterazione che si sviluppano naturalmente e che sono da mettere in relazione al processo continuo che porta la struttura cristallina dei minerali a riequilibrarsi con le nuove condizioni di temperatura, pressione e chimiche del sistema in cui la roccia si viene a trovare successivamente alla sua formazione . Tale degrado si manifesta in maniera estremamente variabile, ma le cause sono essenzialmente riconducibili a due fattori: quello chimico e fisico, che determina un degrado naturale, e quello dovuto all'attività dell'uomo che potremmo definire artificiale o antropico. Questo processo, che comporta lo scadimento delle proprietà tecniche può essere ulteriormente accelerato dal microambiente nel quale la pietra si viene a trovare quando utilizzata come materiale da costruzione. L'area di studio è il Palazzo Orsini di Gravina, situato su via Monteoliveto, ed in particolare la ricerca si è focalizzata sull'individuazione dei materiali costruttivi lapidei e sul tipo di degrado a cui questi sono soggetti, limitatamente alla sola facciata principale dell'edificio.
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Istituto di Ricerca sugli Ecosistemi Terrestri - IRET
materiali lapidei
degrado
monitoraggio
analisi sem
Cappelletti Piergiulio; Buccaro Alfredo
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/388532
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