Grazie a un approccio innovativo, l'autore fa luce sulla seconda fase delle Guerre d'Italia, un periodo sin qui poco studiato, indagando le complesse relazioni fra i molteplici attori coinvolti nel conflitto che contrappose gli Asburgo ai Valois per il controllo della Lombardia e dell'Italia settentrionale, nel più ampio contesto della lotta per l'egemonia continentale. Impegnate in quest'asperrima contesa, tra il 1536 e il 1558 le due grandi potenze attinsero a piene mani alla ricchezza dei propri sudditi tramite la tassazione, investendone in larga parte il gettito nella difesa (o nella conquista) dello Stato di Milano, ganglio vitale dei possedimenti asburgici in Europa. Le risorse fiscali tuttavia risultarono insufficienti ad alimentare l'enorme sforzo strategico teso a conservare o smantellare l'assetto peninsulare configurato dalla pace di Bologna del 1530. In un'epoca caratterizzata da profondi mutamenti nella tecnologia bellica, lo scontro violento tra due visioni politico-strategiche inconciliabili, anziché condurre a una rapida risoluzione del conflitto, originò una lunga e dispendiosa guerra di logoramento,durante la quale divenne essenziale il ricorso all'aiuto finanziario, militare e organizzativo dei "privati", in particolare dei maggiorenti italiani. Chiamati a prestare servizi strategici di varia natura, i sostenitori degli Asburgo ottennero, quale ricompensa, il favore di Carlo V, che si concretizzò nella concessione di giurisdizioni feudali, privilegi fiscali et similia. Il potere sovrano poté dunque combattere la sua "guerra globale" solo riconoscendo e aggregando alla propria causa altri poteri, saldamente radicati nelle società e nei territori dell'Italia settentrionale.
Potere e poteri "Stati", "privati" e comunità nel conflitto per l'egemonia in Italia settentrionale (1536-1558)
Michele Maria Rabà
2016
Abstract
Grazie a un approccio innovativo, l'autore fa luce sulla seconda fase delle Guerre d'Italia, un periodo sin qui poco studiato, indagando le complesse relazioni fra i molteplici attori coinvolti nel conflitto che contrappose gli Asburgo ai Valois per il controllo della Lombardia e dell'Italia settentrionale, nel più ampio contesto della lotta per l'egemonia continentale. Impegnate in quest'asperrima contesa, tra il 1536 e il 1558 le due grandi potenze attinsero a piene mani alla ricchezza dei propri sudditi tramite la tassazione, investendone in larga parte il gettito nella difesa (o nella conquista) dello Stato di Milano, ganglio vitale dei possedimenti asburgici in Europa. Le risorse fiscali tuttavia risultarono insufficienti ad alimentare l'enorme sforzo strategico teso a conservare o smantellare l'assetto peninsulare configurato dalla pace di Bologna del 1530. In un'epoca caratterizzata da profondi mutamenti nella tecnologia bellica, lo scontro violento tra due visioni politico-strategiche inconciliabili, anziché condurre a una rapida risoluzione del conflitto, originò una lunga e dispendiosa guerra di logoramento,durante la quale divenne essenziale il ricorso all'aiuto finanziario, militare e organizzativo dei "privati", in particolare dei maggiorenti italiani. Chiamati a prestare servizi strategici di varia natura, i sostenitori degli Asburgo ottennero, quale ricompensa, il favore di Carlo V, che si concretizzò nella concessione di giurisdizioni feudali, privilegi fiscali et similia. Il potere sovrano poté dunque combattere la sua "guerra globale" solo riconoscendo e aggregando alla propria causa altri poteri, saldamente radicati nelle società e nei territori dell'Italia settentrionale.| File | Dimensione | Formato | |
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