In una società globalizzata, qual è quella nella quale viviamo, l'accesso all'informazione è un'esigenza che sarà tutelata adeguatamente solo quando sarà possibile a ciascun cittadino accedere all'informazione nella molteplicità di lingue in cui si manifesta, e allo stesso tempo ricercarla nella sua lingua preferita. E' questa un'esigenza imprescindibile con la quale i governi e le istituzioni sovranazionali devono fare i conti sin da ora. Scorciatoie improbabili, quali quelle, che pur sono state proposte, di usare una lingua franca mondiale, quale l'anglo-americano globish, o l'esperanto, se non addirittura il latino, o utopiche posizioni di principio, quale la scelta fatta cinquant'anni fa ed ancora utilizzata - con enorme dispendio di denaro - nell'Unione Europea, di tradurre tutti i documenti ufficiali in tutte le lingue comunitarie, non risolvono certo il problema, ma anzi ne creano altri più gravi. Se questo è vero in generale, ed oggi tende ad esserlo in maniera più pressante a causa dell'espansione del fenomeno migratorio, rispetto al quale la diversità linguistica è spesso il principale ostacolo per l'accesso ai servizi pubblici, il problema presenta aspetti molto più complessi relativamente all'informazione giuridica nelle sue varie componenti (legislazione, giurisprudenza, dottrina). E ciò non solo perché, come è stato detto efficacemente, "il diritto è lingua e la lingua è diritto" (nel senso appunto che il diritto non esiste senza la lingua che lo veicola, e questa riceve dal diritto la sua consacrazione giuridica), ma specialmente perché nell'ambito giuridico ai problemi strettamente linguistici si sommano, complicandoli, i problemi relativi all'ordinamento giuridico di riferimento, che non è strettamente legato alla lingua nella quale viene espresso. In questa congerie di concetti e di problemi Ginevra Peruginelli mostra di muoversi con rara destrezza, frutto di quasi un decennio di lavoro all'interno dell'Istituto di Teoria e Tecniche dell'Informazione Giuridica, nel quale ha maturato competenze interdisciplinari (documentarie, linguistiche, informatiche, ma soprattutto giuridico-comparatistiche) attraverso esperienze quali probabilmente solo in un istituto di ricerca di questo tipo si possono incontrare. Il lavoro che qui vede la luce è appunto uno dei prodotti di questa ricca esperienza culturale che l'ITTIG oggi è in grado di offrire: fatta di sensibilità personali e di culture di base diverse, arricchita da soggiorni all'estero e da incontri con i massimi esperti dei rispettivi settori, stimolata dal confronto e dalla discussione con i colleghi nonché dalla guida dei ricercatori più anziani. Il volume mostra un quadro esaustivo dei problemi del multilinguismo giuridico e delle soluzioni che si stanno sperimentando, anzitutto a livello europeo (e da questo punto di vista l'Europa rappresenta un laboratorio ineguagliabile), ma anche a livello mondiale (l'emergere prepotente di nazioni come l'India e la Cina pone problemi prima assolutamente sconosciuti). Ma il volume vuole essere anzitutto una sfida: quella di non contentarsi dei passi che sono stati fatti, ma di andare più avanti. Limitarsi alla scelta di un'unica lingua di comunicazione (e la più diffusa conoscenza della lingua inglese oggi sembra essere piuttosto un disincentivo a creare sistemi di recupero dell'informazione in lingue poco rappresentate), o studiare sistemi di recupero multilingue focalizzati esclusivamente sugli aspetti linguistici, trascurando gli aspetti giuridico-comparatistici, che invece per il giurista sono quelli fondamentali, non può soddisfare il ricercatore, ma neppure gli operatori del diritto più sensibili. Ecco perciò che il lavoro si chiude con un appello - che ovviamente non si può non sottoscrivere - rivolto non solo ai singoli, ma alle istituzioni dei vari paesi, perché si attuino forme di collaborazione che portino alla realizzazione di servizi ai cittadini di tutto il mondo senza più limiti di accesso all'informazione. Per il giurista italiano, poi, rispetto a quello di altri paesi europei, la soluzione multilingue offre un riparo in più: quello cioè di limitare il rischio - che in parte stiamo già vivendo - che la lingua italiana, e lo stesso patrimonio di cultura giuridica che a questa lingua è legato, sia destinato a scomparire o a diventare irrilevante, non solo perché scritto in una lingua che il resto del mondo, e la stessa Europa, non intende più, ma anche per effetto dell'innesto nel nostro ordinamento di concetti e modelli interpretativi nati in contesti del tutto diversi. Svegliarsi dal torpore nel quale viviamo, e mobilitarsi contro questa deriva diventa allora compito essenziale del giurista, e non solo di pochi specialisti.

Multilinguismo e sistemi di accesso all'informazione giuridica

Peruginelli G
2009

Abstract

In una società globalizzata, qual è quella nella quale viviamo, l'accesso all'informazione è un'esigenza che sarà tutelata adeguatamente solo quando sarà possibile a ciascun cittadino accedere all'informazione nella molteplicità di lingue in cui si manifesta, e allo stesso tempo ricercarla nella sua lingua preferita. E' questa un'esigenza imprescindibile con la quale i governi e le istituzioni sovranazionali devono fare i conti sin da ora. Scorciatoie improbabili, quali quelle, che pur sono state proposte, di usare una lingua franca mondiale, quale l'anglo-americano globish, o l'esperanto, se non addirittura il latino, o utopiche posizioni di principio, quale la scelta fatta cinquant'anni fa ed ancora utilizzata - con enorme dispendio di denaro - nell'Unione Europea, di tradurre tutti i documenti ufficiali in tutte le lingue comunitarie, non risolvono certo il problema, ma anzi ne creano altri più gravi. Se questo è vero in generale, ed oggi tende ad esserlo in maniera più pressante a causa dell'espansione del fenomeno migratorio, rispetto al quale la diversità linguistica è spesso il principale ostacolo per l'accesso ai servizi pubblici, il problema presenta aspetti molto più complessi relativamente all'informazione giuridica nelle sue varie componenti (legislazione, giurisprudenza, dottrina). E ciò non solo perché, come è stato detto efficacemente, "il diritto è lingua e la lingua è diritto" (nel senso appunto che il diritto non esiste senza la lingua che lo veicola, e questa riceve dal diritto la sua consacrazione giuridica), ma specialmente perché nell'ambito giuridico ai problemi strettamente linguistici si sommano, complicandoli, i problemi relativi all'ordinamento giuridico di riferimento, che non è strettamente legato alla lingua nella quale viene espresso. In questa congerie di concetti e di problemi Ginevra Peruginelli mostra di muoversi con rara destrezza, frutto di quasi un decennio di lavoro all'interno dell'Istituto di Teoria e Tecniche dell'Informazione Giuridica, nel quale ha maturato competenze interdisciplinari (documentarie, linguistiche, informatiche, ma soprattutto giuridico-comparatistiche) attraverso esperienze quali probabilmente solo in un istituto di ricerca di questo tipo si possono incontrare. Il lavoro che qui vede la luce è appunto uno dei prodotti di questa ricca esperienza culturale che l'ITTIG oggi è in grado di offrire: fatta di sensibilità personali e di culture di base diverse, arricchita da soggiorni all'estero e da incontri con i massimi esperti dei rispettivi settori, stimolata dal confronto e dalla discussione con i colleghi nonché dalla guida dei ricercatori più anziani. Il volume mostra un quadro esaustivo dei problemi del multilinguismo giuridico e delle soluzioni che si stanno sperimentando, anzitutto a livello europeo (e da questo punto di vista l'Europa rappresenta un laboratorio ineguagliabile), ma anche a livello mondiale (l'emergere prepotente di nazioni come l'India e la Cina pone problemi prima assolutamente sconosciuti). Ma il volume vuole essere anzitutto una sfida: quella di non contentarsi dei passi che sono stati fatti, ma di andare più avanti. Limitarsi alla scelta di un'unica lingua di comunicazione (e la più diffusa conoscenza della lingua inglese oggi sembra essere piuttosto un disincentivo a creare sistemi di recupero dell'informazione in lingue poco rappresentate), o studiare sistemi di recupero multilingue focalizzati esclusivamente sugli aspetti linguistici, trascurando gli aspetti giuridico-comparatistici, che invece per il giurista sono quelli fondamentali, non può soddisfare il ricercatore, ma neppure gli operatori del diritto più sensibili. Ecco perciò che il lavoro si chiude con un appello - che ovviamente non si può non sottoscrivere - rivolto non solo ai singoli, ma alle istituzioni dei vari paesi, perché si attuino forme di collaborazione che portino alla realizzazione di servizi ai cittadini di tutto il mondo senza più limiti di accesso all'informazione. Per il giurista italiano, poi, rispetto a quello di altri paesi europei, la soluzione multilingue offre un riparo in più: quello cioè di limitare il rischio - che in parte stiamo già vivendo - che la lingua italiana, e lo stesso patrimonio di cultura giuridica che a questa lingua è legato, sia destinato a scomparire o a diventare irrilevante, non solo perché scritto in una lingua che il resto del mondo, e la stessa Europa, non intende più, ma anche per effetto dell'innesto nel nostro ordinamento di concetti e modelli interpretativi nati in contesti del tutto diversi. Svegliarsi dal torpore nel quale viviamo, e mobilitarsi contro questa deriva diventa allora compito essenziale del giurista, e non solo di pochi specialisti.
2009
Istituto di Teoria e Tecniche dell'Informazione Giuridica - ITTIG - Sede Firenze
Istituto di Informatica Giuridica e Sistemi Giudiziari - IGSG
9788814148743
multilinguismo
information retrieval
sistemi di acesso all'informazione giuridica
linguaggio giuridico
strumenti semantici
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/89170
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