Sempre più spesso tra gli "addetti ai lavori" si parla di Società dell'Informazione, di Telelavoro, di Città Digitali, oggi, addirittura, di urbanistica digitale. E più ne parliamo, più ci convinciamo che siano cose che esistono veramente, quasi siano entrate a far parte del nostro vissuto quotidiano. Poi ci rendiamo conto che pochi, anche tra i nostri conoscenti, sanno di cosa si tratta, mentre le statistiche ci confermano che siamo di fronte a fenomeni di scarsa rilevanza sociale. Un limite "fisiologico" della diffusione dell'uso di Internet può verosimilmente essere fissato nell'ordine di grandezza di quello già stimato per gli USA (40%) , rimanendo pur sempre un mezzo non alla portata di tutti. Del resto, anche i quotidiani possono essere considerati un medium consolidato ed ampiamente diffuso, eppure sono letti da una minoranza della popolazione (meno del 40%). Le tecnologie che danno vita alla Società dell'Informazione sono atopiche: esse possono separare la cultura, con la sua rete di significati umani e sociali, dai luoghi, dalle comunità umane e dai paesaggi geografici che li hanno generati e nutriti. Esse lanciano messaggi planetari che si rivolgono a tutti ma anche a nessuno, per questo possono avere, allo stesso tempo, effetti disgreganti ma anche aggreganti sul piano sociale. Ciò premesso, appare, pertanto, stimolante soffermarci sull'argomento, confrontando, in un'ottica interdisciplinare ed in relazione alle specifiche competenze di ciascuno, le diverse visioni del fenomeno, dal punto di vista strettamente urbanistico a quello più proprio delle scienze politiche e socio-economiche
Digito ergo sum: una sfida nel Mediterraneo
Antonio Bertini;Immacolata Caruso;Tiziana Vitolo
2008
Abstract
Sempre più spesso tra gli "addetti ai lavori" si parla di Società dell'Informazione, di Telelavoro, di Città Digitali, oggi, addirittura, di urbanistica digitale. E più ne parliamo, più ci convinciamo che siano cose che esistono veramente, quasi siano entrate a far parte del nostro vissuto quotidiano. Poi ci rendiamo conto che pochi, anche tra i nostri conoscenti, sanno di cosa si tratta, mentre le statistiche ci confermano che siamo di fronte a fenomeni di scarsa rilevanza sociale. Un limite "fisiologico" della diffusione dell'uso di Internet può verosimilmente essere fissato nell'ordine di grandezza di quello già stimato per gli USA (40%) , rimanendo pur sempre un mezzo non alla portata di tutti. Del resto, anche i quotidiani possono essere considerati un medium consolidato ed ampiamente diffuso, eppure sono letti da una minoranza della popolazione (meno del 40%). Le tecnologie che danno vita alla Società dell'Informazione sono atopiche: esse possono separare la cultura, con la sua rete di significati umani e sociali, dai luoghi, dalle comunità umane e dai paesaggi geografici che li hanno generati e nutriti. Esse lanciano messaggi planetari che si rivolgono a tutti ma anche a nessuno, per questo possono avere, allo stesso tempo, effetti disgreganti ma anche aggreganti sul piano sociale. Ciò premesso, appare, pertanto, stimolante soffermarci sull'argomento, confrontando, in un'ottica interdisciplinare ed in relazione alle specifiche competenze di ciascuno, le diverse visioni del fenomeno, dal punto di vista strettamente urbanistico a quello più proprio delle scienze politiche e socio-economicheI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


