Il saggio, dopo una rapida illustrazione del dibattito sulla natura "innovativa" o "ricognitiva" della riforma costituzionale del giusto processo, analizza dapprima l'introduzione in Costituzione del principio del contraddittorio nella formazione della prova nell'ambito del processo penale e successivamente la disciplina legislativa di attuazione delle nuove norme costituzionali, con particolare riferimento agli aspetti problematici della regolamentazione normativa dell'istituto del diritto al silenzio, i quali vengono evidenziati anche attraverso un sintetico raffronto con le principali esperienze straniere. L'indagine conferma la stretta relazione sussistente, già sul piano delle scelte legislative, fra la tutela dei diritti della difesa e l'asseto organizzativo della nostra magistratura. E infatti, nel dare attuazione al nuovo dettato costituzionale, il legislatore ha reintrodotto il principio del contraddittorio nella formazione della prova, originariamente previsto nel codice Vassalli del 1988 e prontamente falcidiato dalla giurisprudenza costituzionale del 1992. Al fine di valorizzare il contraddittorio come metodo di conoscenza giudiziale, ha inoltre ampliato le ipotesi in cui l'imputato non si può avvalere della facoltà di non rispondere. Tuttavia, la configurazione nel nostro ordinamento del pubblico ministero come una parte imparziale, legittimata per ciò stesso a svolgere funzioni che in un sistema accusatorio spetterebbero rigorosamente al giudice, ha condizionato le scelte del legislatore, che nel contrasto fra la tutela del diritto di difesa e l'esigenza dell'accusa di accertare la verità dei fatti dà spesso a quest'ultima un peso prevalente. Basti pensare alla scelta di far perdere il diritto al silenzio all'imputato che riferisce su responsabilità altrui non già nella sede dibattimentale, garantita dalla presenza del giudice, bensì nel corso dell'interrogatorio condotto dal magistrato inquirente.
L'attuazione del principio del giusto processo tra costituzione e legge ordinaria
2006
Abstract
Il saggio, dopo una rapida illustrazione del dibattito sulla natura "innovativa" o "ricognitiva" della riforma costituzionale del giusto processo, analizza dapprima l'introduzione in Costituzione del principio del contraddittorio nella formazione della prova nell'ambito del processo penale e successivamente la disciplina legislativa di attuazione delle nuove norme costituzionali, con particolare riferimento agli aspetti problematici della regolamentazione normativa dell'istituto del diritto al silenzio, i quali vengono evidenziati anche attraverso un sintetico raffronto con le principali esperienze straniere. L'indagine conferma la stretta relazione sussistente, già sul piano delle scelte legislative, fra la tutela dei diritti della difesa e l'asseto organizzativo della nostra magistratura. E infatti, nel dare attuazione al nuovo dettato costituzionale, il legislatore ha reintrodotto il principio del contraddittorio nella formazione della prova, originariamente previsto nel codice Vassalli del 1988 e prontamente falcidiato dalla giurisprudenza costituzionale del 1992. Al fine di valorizzare il contraddittorio come metodo di conoscenza giudiziale, ha inoltre ampliato le ipotesi in cui l'imputato non si può avvalere della facoltà di non rispondere. Tuttavia, la configurazione nel nostro ordinamento del pubblico ministero come una parte imparziale, legittimata per ciò stesso a svolgere funzioni che in un sistema accusatorio spetterebbero rigorosamente al giudice, ha condizionato le scelte del legislatore, che nel contrasto fra la tutela del diritto di difesa e l'esigenza dell'accusa di accertare la verità dei fatti dà spesso a quest'ultima un peso prevalente. Basti pensare alla scelta di far perdere il diritto al silenzio all'imputato che riferisce su responsabilità altrui non già nella sede dibattimentale, garantita dalla presenza del giudice, bensì nel corso dell'interrogatorio condotto dal magistrato inquirente.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.