Negli anni '90 si producono significativi cambiamenti nelle politiche sociali inerenti al male mentale e all'handicap. Persone con disagio mentale e persone disabili trovano, infatti, in questo decennio nuove risposte a bisogni precedentemente inevasi. Per i primi, ciò ha significato vedere applicati alcuni dei principi enunciati fin dal '78 dalla cosiddetta legge Basaglia, per i secondi, vedere affermarsi il loro diritto costituzionale di cittadinanza, legittimato dalla legge quadro n. 104 del 92. Per entrambi restano, però, irrisolte problemi legati all'adeguatezza delle strutture e del personale (soprattutto nelle regioni meridionali), al perfezionamento del sistema informativo sui servizi erogati. Ma il problema di maggior peso e di urgente attualita appare quello dell' integrazione tra la dimensione sociale e quella sanitaria. Un problema complesso, che ha trovato e trova notevoli difficoltà nella sua realizzazione, per una molteplicità di fattori culturali, teorici, strutturali e politici. Dei fattori culturali e teorici relativi al concetto di disabilità, condizione che riguarda sia l'handicap che il disagio mentale, si da conto nel testo, in cui si analizza l'evoluzione dei sistemi di classificazione del concetto che mostra il livello di complessità concettuale raggiunto, tale da oltrepassare la visione riduzionista del modello medico dominante. Tale complessità concettuale si innesta, poi, su quella che Negri e Saraceno definiscono "un architettura rigida del sistema di protezione sociale pervaso da una concezione economicistica dell'intervento sociale" (Negri, Saraceno 1996). Diagnosi, che se pur applicata dai due autori nella loro analisi sulle politiche contro le povertà, ben si adatta anche a descrivere un elemento che caratterizza le politiche di Welfare all'italiana o SudEuropeo (Ascoli 1984; Ferrera 1996) in cui la monetarizzazione del bisogno, soprattutto nel Mezzogiorno, viene tendenzialmente privilegiata rispetto alla costruzione di servizi alla persona. Nel 1998 il complesso delle prestazioni di Protezione sociale rese dalle istituzioni delle Amministrazioni Pubbliche è, infatti, costituito per l'85,7% da quelle in denaro e/o in natura e per il restante 14,3% da servizi sociali. (Istat 2000). Diventa, pertanto, difficile rispondere con efficacia a una domanda sociale che chiede qualità, risposte a bisogni relazionali e affettivi, integrazione di bisogni e servizi. Questo elemento si aggiunge, con peso non secondario, a tutti gli altri fattori che spiegano le resistenze e le difficoltà incontrate, nella loro implementazione, da due leggi come la 104 e la 180 che, da questo punto di vista, iniziano ad andare controcorrente. Bisogna, infine, ricordare che la tanto auspicata riforma dell'assistenza sociale, riesce ad affermarsi solo alla fine del 2000 con la L.328. Legge che, per il decennio in questione, rappresenta, quindi, la conclusione e l'inizio di un sistema integrato. Per quanto argomentato, nelle politiche rivolte al disagio mentale, la relazione tra dimensione terapeutica e quella sociale, si realizza, solo in poche isole felici dell'Italia: il peso e la responsabilità di queste persone, sono delegati, ancora in gran parte, alle loro famiglie. Analogamente, nelle politiche sociali in favore dell'handicap, riesce difficile rispondere alla domanda di personalizzazione che proviene dai cittadini disabili, ed attuare le raccomandazioni della Comunità Europea che sollecitano gli Stati membri a perseguire politiche attente ai diritti umani, che sappiano cioé mettere al centro la persona nella sua globalità.

Le politiche sociali relative al disagio mentale e all'handicap

Nicolaus Oscar;
2004

Abstract

Negli anni '90 si producono significativi cambiamenti nelle politiche sociali inerenti al male mentale e all'handicap. Persone con disagio mentale e persone disabili trovano, infatti, in questo decennio nuove risposte a bisogni precedentemente inevasi. Per i primi, ciò ha significato vedere applicati alcuni dei principi enunciati fin dal '78 dalla cosiddetta legge Basaglia, per i secondi, vedere affermarsi il loro diritto costituzionale di cittadinanza, legittimato dalla legge quadro n. 104 del 92. Per entrambi restano, però, irrisolte problemi legati all'adeguatezza delle strutture e del personale (soprattutto nelle regioni meridionali), al perfezionamento del sistema informativo sui servizi erogati. Ma il problema di maggior peso e di urgente attualita appare quello dell' integrazione tra la dimensione sociale e quella sanitaria. Un problema complesso, che ha trovato e trova notevoli difficoltà nella sua realizzazione, per una molteplicità di fattori culturali, teorici, strutturali e politici. Dei fattori culturali e teorici relativi al concetto di disabilità, condizione che riguarda sia l'handicap che il disagio mentale, si da conto nel testo, in cui si analizza l'evoluzione dei sistemi di classificazione del concetto che mostra il livello di complessità concettuale raggiunto, tale da oltrepassare la visione riduzionista del modello medico dominante. Tale complessità concettuale si innesta, poi, su quella che Negri e Saraceno definiscono "un architettura rigida del sistema di protezione sociale pervaso da una concezione economicistica dell'intervento sociale" (Negri, Saraceno 1996). Diagnosi, che se pur applicata dai due autori nella loro analisi sulle politiche contro le povertà, ben si adatta anche a descrivere un elemento che caratterizza le politiche di Welfare all'italiana o SudEuropeo (Ascoli 1984; Ferrera 1996) in cui la monetarizzazione del bisogno, soprattutto nel Mezzogiorno, viene tendenzialmente privilegiata rispetto alla costruzione di servizi alla persona. Nel 1998 il complesso delle prestazioni di Protezione sociale rese dalle istituzioni delle Amministrazioni Pubbliche è, infatti, costituito per l'85,7% da quelle in denaro e/o in natura e per il restante 14,3% da servizi sociali. (Istat 2000). Diventa, pertanto, difficile rispondere con efficacia a una domanda sociale che chiede qualità, risposte a bisogni relazionali e affettivi, integrazione di bisogni e servizi. Questo elemento si aggiunge, con peso non secondario, a tutti gli altri fattori che spiegano le resistenze e le difficoltà incontrate, nella loro implementazione, da due leggi come la 104 e la 180 che, da questo punto di vista, iniziano ad andare controcorrente. Bisogna, infine, ricordare che la tanto auspicata riforma dell'assistenza sociale, riesce ad affermarsi solo alla fine del 2000 con la L.328. Legge che, per il decennio in questione, rappresenta, quindi, la conclusione e l'inizio di un sistema integrato. Per quanto argomentato, nelle politiche rivolte al disagio mentale, la relazione tra dimensione terapeutica e quella sociale, si realizza, solo in poche isole felici dell'Italia: il peso e la responsabilità di queste persone, sono delegati, ancora in gran parte, alle loro famiglie. Analogamente, nelle politiche sociali in favore dell'handicap, riesce difficile rispondere alla domanda di personalizzazione che proviene dai cittadini disabili, ed attuare le raccomandazioni della Comunità Europea che sollecitano gli Stati membri a perseguire politiche attente ai diritti umani, che sappiano cioé mettere al centro la persona nella sua globalità.
2004
Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali - IRPPS
88-7989-896-5
Welfare state
Italia
Handicap
Disagio mentale
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