Il patrimonio idrico del bacino del Mediterraneo, costituto da acque superficiali e sotterranee, è oggetto di continuo sfruttamento da parte dell'uomo soprattutto nella sponda sud caratterizzata da un forte sviluppo demografico. Nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo le risorse idriche sono peraltro distribuite in modo disomogeneo e sono spesso causa di controversie tra Stati. Si è posta pertanto l'esigenza di gestire e tutelare in modo sostenibile le acque secondo i principi che si sono affermati a livello internazionale a partire dalla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo del 1992 e i suoi seguiti (il Programma per l'ulteriore attuazione dell'Agenda 21 del 1997 e il Programma d'azione di Johannesburg del 2002). In tali atti internazionali l'acqua viene infatti considerata sia un bene economico, suscettibile di essere impiegato in settori rilevanti (industria, agricoltura, energia, trasporti), sia un bene sociale utile per soddisfare esigenze umane fondamentali, garantire la sicurezza alimentare e la conservazione degli ecosistemi. La fonte principale di approvvigionamento idrico del Mediterraneo è costituita dalle acque sotterranee. A livello internazionale, per tali risorse si è posto il problema di individuare il regime giuridico applicabile, che dovrebbe distinguersi a seconda che le acque sotterranee siano parte di un ciclo idrologico o non ne facciano parte, come nel caso dei bacini fossili o minerali (le c.d. "falde acquifere sotterranee confinate"). Ulteriori questioni giuridiche si pongono per le acque sotterranee di rilevanza transfrontaliera, laddove non siano stati conclusi accordi per regolarne lo sfruttamento. Per i bacini fossili afferenti a più Stati è stata ipotizzata l'applicazione, per analogia, delle norme internazionali esistenti in materia di depositi di gas o petrolio, in quanto entrambi i bacini contengono risorse esauribili sfruttate a fini economici. Tale via non sembra tuttavia praticabile in ragione del fatto che le acque sotterranee, a differenza del petrolio, richiedono forme speciali di protezione e una gestione equa e sostenibile in grado di tutelarle da forme di inquinamento. Con riguardo alle norme internazionali pattizie, la Convenzione di New York sui corsi d'acqua internazionali del 1997 e la Convenzione di Helsinki del 1992 sull'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali includono nei rispettivi regimi di protezione solo le acque sotterranee che sono parte integrante di un corso d'acqua, mentre sono escluse le "acque sotterranee confinate" per le quali manca a livello internazionale una regolamentazione giuridica specifica. Nell'ambito dell'Unione europea, la Direttiva 2000/60/CE ha invece seguito un approccio "integrato", applicandosi sia alle acque superficiali che a quelle sotterrane al fine di garantirne un uso sostenibile e vietarne l'inquinamento. Tale atto risulta particolarmente rilevante in quanto sancisce alcuni principi generali che gli Stati membri devono seguire per tutelare entrambe le categorie di acque, in considerazione della stretto legame che esiste tra i corpi idrici sotterranei e quelli superficiali. La Direttiva richiede agli Stati membri l'adozione di specifiche misure per raggiungere, o mantenere, un "buono stato" delle acque superficiali e sotterranee dell'UE e impedirne il deterioramento. Gli obiettivi relativi alla gestione sostenibile delle acque, sia superficiali che sotterranee, si rinvengono inoltre nelle legislazioni interne di alcuni Paesi mediterranei in cui tale bene scarseggia, in particolare nelle normative egiziana e italiana.

La tutela sostenibile delle acque nel Mediterraneo

Valentina Della Fina
2004

Abstract

Il patrimonio idrico del bacino del Mediterraneo, costituto da acque superficiali e sotterranee, è oggetto di continuo sfruttamento da parte dell'uomo soprattutto nella sponda sud caratterizzata da un forte sviluppo demografico. Nei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo le risorse idriche sono peraltro distribuite in modo disomogeneo e sono spesso causa di controversie tra Stati. Si è posta pertanto l'esigenza di gestire e tutelare in modo sostenibile le acque secondo i principi che si sono affermati a livello internazionale a partire dalla Conferenza delle Nazioni Unite su ambiente e sviluppo del 1992 e i suoi seguiti (il Programma per l'ulteriore attuazione dell'Agenda 21 del 1997 e il Programma d'azione di Johannesburg del 2002). In tali atti internazionali l'acqua viene infatti considerata sia un bene economico, suscettibile di essere impiegato in settori rilevanti (industria, agricoltura, energia, trasporti), sia un bene sociale utile per soddisfare esigenze umane fondamentali, garantire la sicurezza alimentare e la conservazione degli ecosistemi. La fonte principale di approvvigionamento idrico del Mediterraneo è costituita dalle acque sotterranee. A livello internazionale, per tali risorse si è posto il problema di individuare il regime giuridico applicabile, che dovrebbe distinguersi a seconda che le acque sotterranee siano parte di un ciclo idrologico o non ne facciano parte, come nel caso dei bacini fossili o minerali (le c.d. "falde acquifere sotterranee confinate"). Ulteriori questioni giuridiche si pongono per le acque sotterranee di rilevanza transfrontaliera, laddove non siano stati conclusi accordi per regolarne lo sfruttamento. Per i bacini fossili afferenti a più Stati è stata ipotizzata l'applicazione, per analogia, delle norme internazionali esistenti in materia di depositi di gas o petrolio, in quanto entrambi i bacini contengono risorse esauribili sfruttate a fini economici. Tale via non sembra tuttavia praticabile in ragione del fatto che le acque sotterranee, a differenza del petrolio, richiedono forme speciali di protezione e una gestione equa e sostenibile in grado di tutelarle da forme di inquinamento. Con riguardo alle norme internazionali pattizie, la Convenzione di New York sui corsi d'acqua internazionali del 1997 e la Convenzione di Helsinki del 1992 sull'utilizzazione dei corsi d'acqua transfrontalieri e dei laghi internazionali includono nei rispettivi regimi di protezione solo le acque sotterranee che sono parte integrante di un corso d'acqua, mentre sono escluse le "acque sotterranee confinate" per le quali manca a livello internazionale una regolamentazione giuridica specifica. Nell'ambito dell'Unione europea, la Direttiva 2000/60/CE ha invece seguito un approccio "integrato", applicandosi sia alle acque superficiali che a quelle sotterrane al fine di garantirne un uso sostenibile e vietarne l'inquinamento. Tale atto risulta particolarmente rilevante in quanto sancisce alcuni principi generali che gli Stati membri devono seguire per tutelare entrambe le categorie di acque, in considerazione della stretto legame che esiste tra i corpi idrici sotterranei e quelli superficiali. La Direttiva richiede agli Stati membri l'adozione di specifiche misure per raggiungere, o mantenere, un "buono stato" delle acque superficiali e sotterranee dell'UE e impedirne il deterioramento. Gli obiettivi relativi alla gestione sostenibile delle acque, sia superficiali che sotterranee, si rinvengono inoltre nelle legislazioni interne di alcuni Paesi mediterranei in cui tale bene scarseggia, in particolare nelle normative egiziana e italiana.
2004
Istituto di Studi Giuridici Internazionali - ISGI
88-88877-16-9
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/144887
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