L'idea che la mente possa essere capace di modificare il corpo e che il corpo sia in grado di influenzare il pensiero si esprime nella seconda metà del Settecento come una strategia argomentativa all'interno di una disputa ampia ancora alla ricerca di una soluzione capace di elaborare una terza sostanza, una res che faccia da sintesi alle due nozioni primitive di anima e corpo. Si tratta di pensare l'unità dell'individuo all'interno di un concetto di scienza che metta in luce modelli nuovi nel momento in cui ipotizza sostanze autonome e indipendenti tra di loro. La proposta cartesiana di un dualismo "interazionistico" tra mente e corpo fonda il problema del rapporto sostanziale fra questi due elementi, sostitutivi del binomio forma- materia di origine aristotelica. E mira insieme all'identificazione, proposta sempre da Cartesio, tra mente e coscienza. È evidente del tutto che il ricorso a una struttura mentale funzionante per facultates anziché per species inaugura una novità di non piccola mole all'interno del dibattito. Il parallelismo spinoziano, che integra dualismo degli attributi ma monismo della sostanza e propone una forte corrispondenza tra modi del pensiero e modi dell'estensione, costituisce una proposizione del problema sulla quale interverrà tutto il pensiero moderno1. La realtà culturale napoletana del periodo partecipa al dibattito soprattutto leggendo e commentando critica- mente i testi spinoziani e, concentrandosi apparentemente sulla confutazione del sistema ateistico dell'"empio" Spinoza, discute aspramente con le fonti materialistiche dell'olandese. Soprattutto discute sul concetto di corpo lucreziano e sul suo rapporto con la mens. Ho pensato di affrontare qualche punto teorico relativo a questo nesso fondativo del modello di scienza settecentesco leggendo alcune pagine dell'opera di un pensatore beneventano sul quale mi è capitato di lavorare in questi ultimi tempi alla luce della pubblicazione delle sue opere filosofiche - edizione peraltro di non brillante livello -, che presenta qualche spunto di riflessione in particolare sul tema dell'influsso della mente sulla realtà corporale. Si tratta di Tommaso Rossi, abate beneventano nato nel 1673 e morto nel 1743, corrispondente di Vico capace di intensi scambi teoretici. E intendo farlo brevemente mettendolo costantemente in rapporto con l'autore che sceglie di commentare, vale a dire Lucrezio, come è noto abbondantemente circolante all'epoca in tutto il Regno e in gran parte d'Italia.

Il rapporto mente-corpo: mutazione organica e modificazione spirituale

Manuela Sanna
2010

Abstract

L'idea che la mente possa essere capace di modificare il corpo e che il corpo sia in grado di influenzare il pensiero si esprime nella seconda metà del Settecento come una strategia argomentativa all'interno di una disputa ampia ancora alla ricerca di una soluzione capace di elaborare una terza sostanza, una res che faccia da sintesi alle due nozioni primitive di anima e corpo. Si tratta di pensare l'unità dell'individuo all'interno di un concetto di scienza che metta in luce modelli nuovi nel momento in cui ipotizza sostanze autonome e indipendenti tra di loro. La proposta cartesiana di un dualismo "interazionistico" tra mente e corpo fonda il problema del rapporto sostanziale fra questi due elementi, sostitutivi del binomio forma- materia di origine aristotelica. E mira insieme all'identificazione, proposta sempre da Cartesio, tra mente e coscienza. È evidente del tutto che il ricorso a una struttura mentale funzionante per facultates anziché per species inaugura una novità di non piccola mole all'interno del dibattito. Il parallelismo spinoziano, che integra dualismo degli attributi ma monismo della sostanza e propone una forte corrispondenza tra modi del pensiero e modi dell'estensione, costituisce una proposizione del problema sulla quale interverrà tutto il pensiero moderno1. La realtà culturale napoletana del periodo partecipa al dibattito soprattutto leggendo e commentando critica- mente i testi spinoziani e, concentrandosi apparentemente sulla confutazione del sistema ateistico dell'"empio" Spinoza, discute aspramente con le fonti materialistiche dell'olandese. Soprattutto discute sul concetto di corpo lucreziano e sul suo rapporto con la mens. Ho pensato di affrontare qualche punto teorico relativo a questo nesso fondativo del modello di scienza settecentesco leggendo alcune pagine dell'opera di un pensatore beneventano sul quale mi è capitato di lavorare in questi ultimi tempi alla luce della pubblicazione delle sue opere filosofiche - edizione peraltro di non brillante livello -, che presenta qualche spunto di riflessione in particolare sul tema dell'influsso della mente sulla realtà corporale. Si tratta di Tommaso Rossi, abate beneventano nato nel 1673 e morto nel 1743, corrispondente di Vico capace di intensi scambi teoretici. E intendo farlo brevemente mettendolo costantemente in rapporto con l'autore che sceglie di commentare, vale a dire Lucrezio, come è noto abbondantemente circolante all'epoca in tutto il Regno e in gran parte d'Italia.
2010
Istituto per la Storia del Pensiero Filosofico e scientifico moderno - ISPF
978-88-548-3045-5
mente-corpo
Spinoza
Tommaso Rossi
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/169138
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