Il saggio propone una rilettura dell'opera e della figura del filosofo spagnolo Xavier Zubiri attraverso il concetto di angoscia. Zubiri sostiene che la crescente "de-moralizzazione" dell'uomo contemporaneo stia al fondo della perdita della realtà e del suo senso. La vita che ci si impone si caratterizza per il suo essere ad un tempo "tensione" - concetto attraverso il quale Zubiri indica le attitudini umane - e "pre-tensione" - ossia realizzazione delle possibilità che la realtà offre. In tal senso la capacità di vivere moralmente deriva dai modi in cui "tensione" e "pre-tensione" si affermano: infatti, per "morale" il pensatore basco intende il carattere della realtà umana per il quale questa possiede alcune proprietà solo per appropriazione di possibilità. Ora, la moralità appare minacciata dallo stato angoscioso umano. Infatti, per il filosofo basco, l'angoscia consiste precisamente nell'incapacità di appropriarsi delle possibilità offerte dalla realtà, nella perdita del loro senso e, con ciò stesso, nello smarrimento dell'intero reale. Nell'angoscia l'uomo vive una sorta di sradicamento dalla realtà, si ritrova spossessato, privo di fondamento, in uno stato di impotenza, paralizzato nel suo stesso farsi, riconsegnato alla sua originaria "nullità ontologica radicale". Proprio per questo l'angoscia è "radicale demoralizzazione". Oppresso da tali circostanze, l'uomo non riesce tuttavia a farsi carico della propria condizione angosciosa e fugge da sé rincorrendo convulsamente il futuro e dissolvendosi in una corsa disumanizzante e spersonalizzante che lo fa vivere in un vero e proprio "regime di stordimento". Lo stato di cose in cui l'angoscia ha gettato l'uomo contiene però in sé le condizioni del proprio superamento: l'assoluta "insostenibilità" dell'angoscia, infatti, costituisce già il primo passo verso la riacquisizione della speranza e la conseguente riconquista del reale. La strada da percorrere per riconquistare la realtà e il suo senso è, pertanto, da rintracciare nella "riabilitazione" dell'angoscia, intesa quale fondamento di speranza. Per il filosofo basco, infatti, solo attraverso il recupero della consapevolezza del proprio stato angoscioso - consapevolezza persa a causa della "cecità cognitiva" e dell'"analfabetismo emozionale" che caratterizzano il "regime di stordimento" della vita contemporanea - è possibile riacquisire l'intima moralità del reale e, con ciò stesso, avviarsi verso un'autentica riappropriazione di esso.
Angoscia e speranza: le "fonti spirituali" del realismo di Xavier Zubiri
Armando Mascolo
2010
Abstract
Il saggio propone una rilettura dell'opera e della figura del filosofo spagnolo Xavier Zubiri attraverso il concetto di angoscia. Zubiri sostiene che la crescente "de-moralizzazione" dell'uomo contemporaneo stia al fondo della perdita della realtà e del suo senso. La vita che ci si impone si caratterizza per il suo essere ad un tempo "tensione" - concetto attraverso il quale Zubiri indica le attitudini umane - e "pre-tensione" - ossia realizzazione delle possibilità che la realtà offre. In tal senso la capacità di vivere moralmente deriva dai modi in cui "tensione" e "pre-tensione" si affermano: infatti, per "morale" il pensatore basco intende il carattere della realtà umana per il quale questa possiede alcune proprietà solo per appropriazione di possibilità. Ora, la moralità appare minacciata dallo stato angoscioso umano. Infatti, per il filosofo basco, l'angoscia consiste precisamente nell'incapacità di appropriarsi delle possibilità offerte dalla realtà, nella perdita del loro senso e, con ciò stesso, nello smarrimento dell'intero reale. Nell'angoscia l'uomo vive una sorta di sradicamento dalla realtà, si ritrova spossessato, privo di fondamento, in uno stato di impotenza, paralizzato nel suo stesso farsi, riconsegnato alla sua originaria "nullità ontologica radicale". Proprio per questo l'angoscia è "radicale demoralizzazione". Oppresso da tali circostanze, l'uomo non riesce tuttavia a farsi carico della propria condizione angosciosa e fugge da sé rincorrendo convulsamente il futuro e dissolvendosi in una corsa disumanizzante e spersonalizzante che lo fa vivere in un vero e proprio "regime di stordimento". Lo stato di cose in cui l'angoscia ha gettato l'uomo contiene però in sé le condizioni del proprio superamento: l'assoluta "insostenibilità" dell'angoscia, infatti, costituisce già il primo passo verso la riacquisizione della speranza e la conseguente riconquista del reale. La strada da percorrere per riconquistare la realtà e il suo senso è, pertanto, da rintracciare nella "riabilitazione" dell'angoscia, intesa quale fondamento di speranza. Per il filosofo basco, infatti, solo attraverso il recupero della consapevolezza del proprio stato angoscioso - consapevolezza persa a causa della "cecità cognitiva" e dell'"analfabetismo emozionale" che caratterizzano il "regime di stordimento" della vita contemporanea - è possibile riacquisire l'intima moralità del reale e, con ciò stesso, avviarsi verso un'autentica riappropriazione di esso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.