Il giudizio sul ddl. in questione appare prima facie positivo, in quanto si tratta di un tentativo di riordino a ben 14 anni dall'adozione del Decreto legislativo n. 281 del 1997. Esso offre lo spunto per una riflessione accurata sul tema della collaborazione, finalizzata al miglioramento dell'efficienza del processo decisionale politico, legislativo e amministrativo, tra i diversi livelli di governo e di ciascuno di questi, tenendo conto dei cambiamenti intervenuti nell'ordinamento, tra cui, solo per citare i principali, la realizzazione del federalismo amministrativo, il riordino del TUEL e la modifica del Titolo V della Costituzione. La riforma della Conferenza, a questo punto, non dovrebbe limitarsi a razionalizzare il sistema presente, né ad apportare semplicemente utili elementi alla procedimentalizzazione dei rapporti tra Stato e Regioni, ma soprattutto cercare di risolvere le problematiche cui ha dato vita la giurisprudenza della Corte costituzionale. A questi fini, la legge di riforma della Conferenza dovrebbe avere l'ambizione di implementare nell'ordinamento interno il procedimento di controllo della sussidiarietà legislativa esercitata dallo Stato, facendo riferimento ai detentori del potere legislativo regionale e salvaguardandone, così, le prerogative. Questa impostazione consentirebbe di semplificare anche il circuito della collaborazione tra gli esecutivi, riconducendo l'efficacia del principio alla sua dinamica naturale di strumento di coordinamento orizzontale (e non gerarchizzato) per la realizzazione delle politiche pubbliche. In tal senso, occorre che la nozione di collaborazione venga ricondotta entro i suoi limiti naturali e, in questo modo, si potrà giungere anche ad una riduzione dell'area della concertazione, divenuta nel corso di questo decennio - in conseguenza dell'impostazione del giudice costituzionale - il "buco nero" dell'amministrazione pubblica. Infatti, tutta l'attività amministrativa statale forma oggetto di concertazione, ma nessuna attenzione viene prestata alle (non) realizzazioni statali e regionali, come mostrerebbero i numerosi inadempimenti contenuti nei decreti mille-proroghe che si susseguono di anno in anno. Il ddl "per l'istituzione e la disciplina della Conferenza della Repubblica", in sede di confronto è stato sottoposto a critica - trattandosi di un ddl di delega legislativa - per via di una non adeguata formulazione dei "principi e criteri direttivi", a norma dell'art. 76 Cost..

Considerazioni sullo schema di disegno di legge delega per l'istituzione e la disciplina della conferenza della Repubblica

Stelio Mangiameli
2011

Abstract

Il giudizio sul ddl. in questione appare prima facie positivo, in quanto si tratta di un tentativo di riordino a ben 14 anni dall'adozione del Decreto legislativo n. 281 del 1997. Esso offre lo spunto per una riflessione accurata sul tema della collaborazione, finalizzata al miglioramento dell'efficienza del processo decisionale politico, legislativo e amministrativo, tra i diversi livelli di governo e di ciascuno di questi, tenendo conto dei cambiamenti intervenuti nell'ordinamento, tra cui, solo per citare i principali, la realizzazione del federalismo amministrativo, il riordino del TUEL e la modifica del Titolo V della Costituzione. La riforma della Conferenza, a questo punto, non dovrebbe limitarsi a razionalizzare il sistema presente, né ad apportare semplicemente utili elementi alla procedimentalizzazione dei rapporti tra Stato e Regioni, ma soprattutto cercare di risolvere le problematiche cui ha dato vita la giurisprudenza della Corte costituzionale. A questi fini, la legge di riforma della Conferenza dovrebbe avere l'ambizione di implementare nell'ordinamento interno il procedimento di controllo della sussidiarietà legislativa esercitata dallo Stato, facendo riferimento ai detentori del potere legislativo regionale e salvaguardandone, così, le prerogative. Questa impostazione consentirebbe di semplificare anche il circuito della collaborazione tra gli esecutivi, riconducendo l'efficacia del principio alla sua dinamica naturale di strumento di coordinamento orizzontale (e non gerarchizzato) per la realizzazione delle politiche pubbliche. In tal senso, occorre che la nozione di collaborazione venga ricondotta entro i suoi limiti naturali e, in questo modo, si potrà giungere anche ad una riduzione dell'area della concertazione, divenuta nel corso di questo decennio - in conseguenza dell'impostazione del giudice costituzionale - il "buco nero" dell'amministrazione pubblica. Infatti, tutta l'attività amministrativa statale forma oggetto di concertazione, ma nessuna attenzione viene prestata alle (non) realizzazioni statali e regionali, come mostrerebbero i numerosi inadempimenti contenuti nei decreti mille-proroghe che si susseguono di anno in anno. Il ddl "per l'istituzione e la disciplina della Conferenza della Repubblica", in sede di confronto è stato sottoposto a critica - trattandosi di un ddl di delega legislativa - per via di una non adeguata formulazione dei "principi e criteri direttivi", a norma dell'art. 76 Cost..
2011
Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie - ISSIRFA
Diritto costituzionale; Diritto regionale; Riforma della Conferenza della Repubblica; Collaborazione; Sussidiarietà; Regioni; Stato.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/177765
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