Tale introduzione al Rapporto per il regionalismo italiano del 2012, ha voluto mettere in luce le conseguenze della crisi economica e finanziaria, la quale ha messo a dura prova il sistema europeo e la posizione di alcuni Stati membri, tra i quali spicca l'Italia, e la vicenda interna di quest'ultima, caratterizzata dall'avvicendamento di due governi - Governo Berlusconi e Governo "tecnico", presieduto dal Senatore Monti - e le alterazioni della nostra forma di governo, con uno slittamento dal parlamentarismo verso il presidenzialismo, derivati dall'esplodere della c.d. "questione morale". Il punto nodale del sistema italiano è diventato ancora una volta il sistema dei partiti politici. La crisi dei partiti, infatti, ha obbligato il Presidente della Repubblica ad agire con poteri di emergenza e ad assumere la direzione della Repubblica - "Governo del Presidente". Inoltre, le disposizioni istituzionali sin qui adottate, a prescindere dai dubbi di costituzionalità, toccano in misura considerevole il sistema di governo territoriale, spesso paralizzando le attività delle Regioni e delle autonomie locali ma corrono il rischio di risultare inutili dal punto di vista del contenimento della spesa, per la loro inadeguatezza istituzionale e finanziaria. Ciò che sorprende, difatti, è che nel contempo la spesa pubblica statale non sia diminuita e che il numero dei dipendenti statali, se si considerano anche quelli a tempo determinato, è rimasto invariato. La condizione ordinamentale della Repubblica è diventata perciò contraddittoria. Così, nel 2011, la crisi della politica ha finito con lo sposarsi con forti spinte centralistiche, senza un vero utile e con un grado di inefficienza maggiore dello Stato e dell'intero sistema. Si è determinato, così, per la seconda volta nella storia repubblicana, il fallimento del regionalismo.
Regioni e autonomie tra crisi della politica e ristrutturazione istituzionale
Stelio Mangiameli
2013
Abstract
Tale introduzione al Rapporto per il regionalismo italiano del 2012, ha voluto mettere in luce le conseguenze della crisi economica e finanziaria, la quale ha messo a dura prova il sistema europeo e la posizione di alcuni Stati membri, tra i quali spicca l'Italia, e la vicenda interna di quest'ultima, caratterizzata dall'avvicendamento di due governi - Governo Berlusconi e Governo "tecnico", presieduto dal Senatore Monti - e le alterazioni della nostra forma di governo, con uno slittamento dal parlamentarismo verso il presidenzialismo, derivati dall'esplodere della c.d. "questione morale". Il punto nodale del sistema italiano è diventato ancora una volta il sistema dei partiti politici. La crisi dei partiti, infatti, ha obbligato il Presidente della Repubblica ad agire con poteri di emergenza e ad assumere la direzione della Repubblica - "Governo del Presidente". Inoltre, le disposizioni istituzionali sin qui adottate, a prescindere dai dubbi di costituzionalità, toccano in misura considerevole il sistema di governo territoriale, spesso paralizzando le attività delle Regioni e delle autonomie locali ma corrono il rischio di risultare inutili dal punto di vista del contenimento della spesa, per la loro inadeguatezza istituzionale e finanziaria. Ciò che sorprende, difatti, è che nel contempo la spesa pubblica statale non sia diminuita e che il numero dei dipendenti statali, se si considerano anche quelli a tempo determinato, è rimasto invariato. La condizione ordinamentale della Repubblica è diventata perciò contraddittoria. Così, nel 2011, la crisi della politica ha finito con lo sposarsi con forti spinte centralistiche, senza un vero utile e con un grado di inefficienza maggiore dello Stato e dell'intero sistema. Si è determinato, così, per la seconda volta nella storia repubblicana, il fallimento del regionalismo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


