L'obiettivo di questa ricerca è stato quello di studiare gli effetti provocati dallo scarico dei fluidi di perforazione a base acquosa e dei relativi cuttings sulla geochimica, sedimentologia e biologia dei fondali di un'area marina epicontinentale di bassa profondità. Per la ricerca, che è stata commissionata dall'AGIP S.p.A. di Milano in collaborazione con CEOM S.C.p.A. di Palermo, è stata utilizzata la piattaforma Antares che è situata al largo di Ravenna su un fondale a circa 15 m di profondità. Dalla piattaforma Antares, che sfrutta un giacimento di gas-metano, sono stati perforati 9 pozzi della profondità di circa 3000 m ciascuno che hanno interessato formazioni pliocenico-quaternarie costituite da alternanze di silt-sabbioso e argille-siltose. In mare sono state scaricate direttamente in mare circa 6000 t di fanghi di perforazione costituiti da circa 4000 t di cuttings e da circa 2000 t di fluidi; questi ultimi erano composti principalmente da una sospensione acquosa di bentonite a cui sono stati aggiunti baritina, lignosulfonati di cromo, lignite e idrossido di sodio (Frascari et al., 1992). Lo scarico dei fanghi su un fondale a bassa profondità ha fatto si che la ricerca fosse concentrata sugli effetti sul fondale, perché considerati più persistenti, rispetto alle modificazioni che interessano la colonna d'acqua e che vengono considerate solo temporanee. I sedimenti superficiali e sub-superficiali sono stati campionati con box-corer secondo una rete di campionamento ripetuta per 6 campagne, di cui: una pre-operazionale, giugno 1985; due durante le attività di perforazione e scarico dei relativi fanghi, febbraio 1986 e settembre 1986; una al termine delle attività, giugno 1987; due dopo sei anni, febbraio 1993 e settembre 1993, durante i quali è rimasta in sito la piattaforma di coltivazione del giacimento. Sui campioni di sedimento sono stati determinati i parametri fisico-chimici, la granulometria, la composizione mineralogica, la composizione geochimica degli elementi maggiori, il C-organico, il contenuto totale di Ba, Cr, Pb, Zn, Cu, il tipo di legame e l'associazione mineralogica di Cr, Pb, Zn e Cu con la matrice solida ed il macrobenthos. L'area di studio è caratterizzata da un fondale debolmente inclinato con una velocità media di sedimentazione di 0.4 cm/anno (Frignani & Langone, 1991). I sedimenti sono siltoso-argillosi con presenza di sostanza organica di origine autoctona ed alloctona. I processi di risospensione naturale sono relativamente intensi e frequenti, fino ad interessare in alcuni punti i primi 2-3 cm di sedimento (Drake et al., 1992). Lo scarico in mare dei cuttings derivanti dalle attività di perforazione, composti in parte anche da sabbie, ha provocato nel breve termine, subito dopo la fine degli scarichi, forti anomalie granulometriche rispetto alla composizione pre-operazionale del fondale. Sempre nel breve termine non sono state rilevate consistenti anomalie di tipo geochimico, a parte una diminuzione delle concentrazioni di Cu, e ciò è dovuto al fatto che le perforazioni hanno interessato formazioni della stessa provincia petrografica a cui appartengono i sedimenti attuali. A medio e lungo termine, 7 anni dopo la fine degli scarichi, pur non essendo più presente sabbia nel sedimento superficiale, perché seppellita dagli apporti più recenti, sono state riscontrate ancora delle anomalie nella distribuzione areale di silt e argilla nei pressi della piattaforma legate alla maggiore idrodinamica indotta dalla presenza della piattaforma stessa. Lo scarico in mare dei fluidi, invece, ha provocato nel breve termine un aumento delle concentrazioni di Ba, Cr, Pb, Zn. La distribuzione areale di questi elementi intorno alla piattaforma dipendeva comunque dalle condizioni meteomarine esistenti durante e immediatamente dopo gli scarichi. Le anomalie mineralogiche erano principalmente legate all'abbondanza di baritina. A distanza di 7 anni, le anomalie chimiche dei sedimenti superficiali si sono attenuate anche se è stata rilevata la persistenza di picchi anomali di concentrazione per alcuni elementi soprattutto contaminanti legati soprattutto alle anomalie granulometriche. E' stato inoltre notato che le attività connesse con lo sfruttamento del giacimento hanno comportato un aumento della concentrazioni di Pb per il traffico marittimo, e di Zn e Al derivati dal consumo degli anodi di sacrificio. Gli effetti degli scarichi sulle comunità bentoniche, a breve termine, hanno comportato una diminuzione di abbondanza, di diversità e di numero di specie attribuibili all'impatto fisico degli scarichi, al seppellimento degli organismi e alla variazione granulometrica del substrato. A lungo termine la struttura delle comunità macrobentoniche risulta omogenea anche se non perfettamente coincidente con la situazione pre-operazionale. Non sono emersi invece risultati certi del bioaccumulo di metalli pesanti da parte degli organismi bentonici. Dalla ricerca è emerso inoltre che il Ba e il Cr possono essere utilizzati come traccianti per seguire il destino finale del materiale scaricato durante le perforazioni. Questi traccianti hanno messo in luce come, in queste zone, ai processi naturali di risospensione del fondale, si aggiungono quelli indotti dalla presenza della piattaforma, che, per interferenza con l'idrodinamica marina, accentua la turbolenza nei pressi dell'impianto e quindi lo stress sul fondo. Questi processi oltre a provocare delle anomalie granulometriche nel fondale, possono creare anche delle anomalie chimiche legate al trasporto dei materiali fini, cui notoriamente si associano le sostanze inquinanti. I continui processi risospensivi sono confermati dall'estrazione sequenziale selettiva, in particolare per il Cr, eseguita sui sedimenti.

Attività di perforazione petrolifera: effetti sui processi geochimici, sedimentologici e biologici dei fondali dell'Adriatico Settentrionale.

Spagnoli F;
1999

Abstract

L'obiettivo di questa ricerca è stato quello di studiare gli effetti provocati dallo scarico dei fluidi di perforazione a base acquosa e dei relativi cuttings sulla geochimica, sedimentologia e biologia dei fondali di un'area marina epicontinentale di bassa profondità. Per la ricerca, che è stata commissionata dall'AGIP S.p.A. di Milano in collaborazione con CEOM S.C.p.A. di Palermo, è stata utilizzata la piattaforma Antares che è situata al largo di Ravenna su un fondale a circa 15 m di profondità. Dalla piattaforma Antares, che sfrutta un giacimento di gas-metano, sono stati perforati 9 pozzi della profondità di circa 3000 m ciascuno che hanno interessato formazioni pliocenico-quaternarie costituite da alternanze di silt-sabbioso e argille-siltose. In mare sono state scaricate direttamente in mare circa 6000 t di fanghi di perforazione costituiti da circa 4000 t di cuttings e da circa 2000 t di fluidi; questi ultimi erano composti principalmente da una sospensione acquosa di bentonite a cui sono stati aggiunti baritina, lignosulfonati di cromo, lignite e idrossido di sodio (Frascari et al., 1992). Lo scarico dei fanghi su un fondale a bassa profondità ha fatto si che la ricerca fosse concentrata sugli effetti sul fondale, perché considerati più persistenti, rispetto alle modificazioni che interessano la colonna d'acqua e che vengono considerate solo temporanee. I sedimenti superficiali e sub-superficiali sono stati campionati con box-corer secondo una rete di campionamento ripetuta per 6 campagne, di cui: una pre-operazionale, giugno 1985; due durante le attività di perforazione e scarico dei relativi fanghi, febbraio 1986 e settembre 1986; una al termine delle attività, giugno 1987; due dopo sei anni, febbraio 1993 e settembre 1993, durante i quali è rimasta in sito la piattaforma di coltivazione del giacimento. Sui campioni di sedimento sono stati determinati i parametri fisico-chimici, la granulometria, la composizione mineralogica, la composizione geochimica degli elementi maggiori, il C-organico, il contenuto totale di Ba, Cr, Pb, Zn, Cu, il tipo di legame e l'associazione mineralogica di Cr, Pb, Zn e Cu con la matrice solida ed il macrobenthos. L'area di studio è caratterizzata da un fondale debolmente inclinato con una velocità media di sedimentazione di 0.4 cm/anno (Frignani & Langone, 1991). I sedimenti sono siltoso-argillosi con presenza di sostanza organica di origine autoctona ed alloctona. I processi di risospensione naturale sono relativamente intensi e frequenti, fino ad interessare in alcuni punti i primi 2-3 cm di sedimento (Drake et al., 1992). Lo scarico in mare dei cuttings derivanti dalle attività di perforazione, composti in parte anche da sabbie, ha provocato nel breve termine, subito dopo la fine degli scarichi, forti anomalie granulometriche rispetto alla composizione pre-operazionale del fondale. Sempre nel breve termine non sono state rilevate consistenti anomalie di tipo geochimico, a parte una diminuzione delle concentrazioni di Cu, e ciò è dovuto al fatto che le perforazioni hanno interessato formazioni della stessa provincia petrografica a cui appartengono i sedimenti attuali. A medio e lungo termine, 7 anni dopo la fine degli scarichi, pur non essendo più presente sabbia nel sedimento superficiale, perché seppellita dagli apporti più recenti, sono state riscontrate ancora delle anomalie nella distribuzione areale di silt e argilla nei pressi della piattaforma legate alla maggiore idrodinamica indotta dalla presenza della piattaforma stessa. Lo scarico in mare dei fluidi, invece, ha provocato nel breve termine un aumento delle concentrazioni di Ba, Cr, Pb, Zn. La distribuzione areale di questi elementi intorno alla piattaforma dipendeva comunque dalle condizioni meteomarine esistenti durante e immediatamente dopo gli scarichi. Le anomalie mineralogiche erano principalmente legate all'abbondanza di baritina. A distanza di 7 anni, le anomalie chimiche dei sedimenti superficiali si sono attenuate anche se è stata rilevata la persistenza di picchi anomali di concentrazione per alcuni elementi soprattutto contaminanti legati soprattutto alle anomalie granulometriche. E' stato inoltre notato che le attività connesse con lo sfruttamento del giacimento hanno comportato un aumento della concentrazioni di Pb per il traffico marittimo, e di Zn e Al derivati dal consumo degli anodi di sacrificio. Gli effetti degli scarichi sulle comunità bentoniche, a breve termine, hanno comportato una diminuzione di abbondanza, di diversità e di numero di specie attribuibili all'impatto fisico degli scarichi, al seppellimento degli organismi e alla variazione granulometrica del substrato. A lungo termine la struttura delle comunità macrobentoniche risulta omogenea anche se non perfettamente coincidente con la situazione pre-operazionale. Non sono emersi invece risultati certi del bioaccumulo di metalli pesanti da parte degli organismi bentonici. Dalla ricerca è emerso inoltre che il Ba e il Cr possono essere utilizzati come traccianti per seguire il destino finale del materiale scaricato durante le perforazioni. Questi traccianti hanno messo in luce come, in queste zone, ai processi naturali di risospensione del fondale, si aggiungono quelli indotti dalla presenza della piattaforma, che, per interferenza con l'idrodinamica marina, accentua la turbolenza nei pressi dell'impianto e quindi lo stress sul fondo. Questi processi oltre a provocare delle anomalie granulometriche nel fondale, possono creare anche delle anomalie chimiche legate al trasporto dei materiali fini, cui notoriamente si associano le sostanze inquinanti. I continui processi risospensivi sono confermati dall'estrazione sequenziale selettiva, in particolare per il Cr, eseguita sui sedimenti.
1999
geochimica
Adriatico
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/201387
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