L'obiettivo del lavoro è stato quello di valutare i processi di diagenesi precoce in diversi ambienti deposizionali dell'Adriatico centro-settentrionale. Sono stati inoltre studiati i meccanismi con cui alcuni elementi contaminanti si associano e si trasferiscono nelle diverse matrici solide per venire poi riciclati nella colonna d'acqua o definitivamente intrappolati nel sedimento. La ricerca è stata condotta nell'ottobre 1995 su dieci stazioni, di cui nove in ambiente di piattaforma poco profonda ed una in un'area bacinale (fossa meso-adriatica), attraverso uno studio integrato delle acque interstiziali e della composizione della frazione solida su carote di sedimento della lunghezza di un metro circa (Berner, 1980). Nella frazione solida sono stati determinati i seguenti parametri: granulometria, mineralogia e contenuto totale di Fe, Mn, Al, Ca, Mg, S, C-organico e N. Inoltre, per alcuni elementi minori (Cr, Zn, Pb, Cu) è stata eseguita una analisi di estrazione sequenziale selettiva per determinare le frazioni estraibile e carbonatica, riducibile, ossidabile e residuale (Barbanti & Sighinolfi, 1989). Nelle acque interstiziali sono stati invece determinati: alcalinità, solfati, nitrati, nitriti, ammoniaca, fosfati, silice, Fe, Mn, Ca, Mg. L'area di studio ha riguardato le zone dell'Adriatico centro-settentrionale soggette a sedimentazione di particellato organico ed inorganico fine, e i risultati della ricerca hanno permesso di individuare 5 diversi ambienti diagenetici in altrettanti contesti deposizionali. A nord del Po sono state individuate due aree influenzate dagli apporti dei fiumi Adige-Brenta e Tagliamento, caratterizzate ambedue da una sostanza organica prevalentemente terrigena e poco reattiva. Nella prima area la rigenerazione di nutrienti nelle acque interstiziali avviene nei primi centimetri di sedimento per degradazione di tipo prevalentemente ossico e sub-ossico della sostanza organica a causa dell'elevato contenuto di ossigeno sul fondale legato all'elevata idrodinamica. Nella seconda area invece il diverso regime degli apporti e la natura della sostanza organica provocano una degradazione prevalentemente anossica per solfato-riduzione a profondità elevate. In ambedue le aree è stata riscontrata una evidente rimozione dei fosfati dalle acque interstiziali, dovuta sia all'adsorbimento sulle particelle che alla precipitazione di apatite autigenica, dato l'elevato contenuto di carbonati nei sedimenti. Nella carota davanti all'Adige-Brenta, dalla superficie al fondo, diminuisce la frazione ossidabile di Zn e Cr associata alla sostanza organica. Diminuiscono anche Cr e Cu che risultano legati al ciclo degli idrossidi di Fe e Mn; aumenta invece il Cu legato ai carbonati per l'aumento di calcite nel sedimento. Davanti al delta del Po è stata individuata l'area prodeltizia prossimale, che è soggetta ad un'elevata velocità di sedimentazione ed elevati apporti di sostanza organica. Questo consente la preservazione della sostanza organica molto reattiva dai processi ossidativi che si verificano nei pressi dell'interfaccia acqua-sedimento. In questo modo la decomposizione della sostanza organica avviene prevalentemente in condizioni anossiche per solfato riduzione. Verso il largo si può distinguere l'area del prodelta distale, che è influenzata direttamente dal particellato fine organico ed inorganico del Po, da sostanza organica di produzione primaria, ed è frequentemente soggetta a condizioni anossiche anche nelle acque di fondo. In particolare, immediatamente a sud del delta, sono evidenti elevati contenuti di fosfati associati alla forte riduzione degli idrossidi di Fe e Mn, che in questa area risultano essere in grandi quantità per gli apporti diretti del fiume Po. Si può inoltre riscontrare in profondità la riduzione dei solfati. Nella carota la frazione ossidabile degli elementi contaminanti analizzati risulta legata alla sostanza organica, e Zn, Cr e Pb si associano anche al ciclo degli idrossidi di Fe e Mn. Inoltre per Zn, Cr e Cu è evidente l'associazione con con la frazione carbonatica legata al contenuto di calcite nel sedimento che diminuisce con la profondità, mentre ciò non avviene per il Pb, il quale tende probabilmente a precipitare come fase carbonatica propria (Song et al., 1999). Allontanandosi dal Po verso sud, fino ai fondali marchigiani, si individua un'area in cui diminuiscono le velocità medie di sedimentazione, il carico solido inorganico fluviale di deposizione diretta e quello organico di produzione primaria, a favore del particellato risedimentato dopo più fasi di risospensione. A questo tipo di alimentazione corrispondono basse concentrazioni di ammoniaca e fosfati e bassi valori di alcalinità nelle acque interstiziali in quanto la sostanza organica più reattiva arriva già in parte degradata prima del seppellimento definitivo. Questa area non è omogenea, ma presenta anomalie nei processi diagenetici legate a condizioni locali, poco a nord di Ancona o davanti al fiume Tronto, da imputare principalmente agli apporti dei fiumi minori e a caratteristiche morfologiche del fondale. Anche per quest'ultima area gli elementi sono associati agli idrossidi di Fe e Mn che diminuiscono in profondità. La frazione carbonatica di Zn e Cu non sembra correlata con il contenuto di calcite nel sedimento. La frazione ossidabile del Pb è legata alla sostanza organica, mentre per Zn e Cu è legata alla presenza in profondità di solfuri. Nell'ultima area costituita dalla Fossa di Pomo, si ha una alimentazione prevalente di materiale inorganico risedimentato, si registrano bassissime velocità medie di sedimentazione (0.05 cm/anno; Ravaioli et al., 1997) che permettono una lunga residenza superficiale, la quale provoca la quasi completa degradazione della scarsa sostanza organica reattiva che si deposita all'interfaccia. Rispetto alle aree precedentemente individuate, in questo caso il fondale è caratterizzato da condizioni prevalentemente ossiche per uno spessore di alcuni centimetri, in cui si assiste alla totale rimozione del Mn e Fe dalle acque interstiziali e con la profondità si assiste ad un leggero aumento dei nutrienti. Anche in questo caso, soprattutto per Zn, Cu e Pb risulta chiaro il legame con gli idrossidi di Fe e Mn. La frazione carbonatica di Zn è correlata con il contenuto di calcite, mentre ciò, anche in questo caso, non avviene per il Pb. In tutte le aree la frazione residuale degli elementi aumenta con la profondità evidenziando come i processi di diagenesi controllano anche la mobilità degli elementi contaminanti e quindi anche dei flussi bentici di questi ultimi. Inoltre il grado di scambiabilità degli elementi, soprattutto per Zn e Cr, è maggiore nelle aree a nord ed in quelle prodeltizie del Po rispetto a quelle più a sud e a quella bacinale, a testimoniare anche l'effetto di "invecchiamento" del sedimento sottoposto continuamente, da nord a sud, ai processi di risospensione.

Diagenesi precoce e mobilità degli elementi contaminanti nei sedimenti del Mare Adriatico.

Spagnoli F
1999

Abstract

L'obiettivo del lavoro è stato quello di valutare i processi di diagenesi precoce in diversi ambienti deposizionali dell'Adriatico centro-settentrionale. Sono stati inoltre studiati i meccanismi con cui alcuni elementi contaminanti si associano e si trasferiscono nelle diverse matrici solide per venire poi riciclati nella colonna d'acqua o definitivamente intrappolati nel sedimento. La ricerca è stata condotta nell'ottobre 1995 su dieci stazioni, di cui nove in ambiente di piattaforma poco profonda ed una in un'area bacinale (fossa meso-adriatica), attraverso uno studio integrato delle acque interstiziali e della composizione della frazione solida su carote di sedimento della lunghezza di un metro circa (Berner, 1980). Nella frazione solida sono stati determinati i seguenti parametri: granulometria, mineralogia e contenuto totale di Fe, Mn, Al, Ca, Mg, S, C-organico e N. Inoltre, per alcuni elementi minori (Cr, Zn, Pb, Cu) è stata eseguita una analisi di estrazione sequenziale selettiva per determinare le frazioni estraibile e carbonatica, riducibile, ossidabile e residuale (Barbanti & Sighinolfi, 1989). Nelle acque interstiziali sono stati invece determinati: alcalinità, solfati, nitrati, nitriti, ammoniaca, fosfati, silice, Fe, Mn, Ca, Mg. L'area di studio ha riguardato le zone dell'Adriatico centro-settentrionale soggette a sedimentazione di particellato organico ed inorganico fine, e i risultati della ricerca hanno permesso di individuare 5 diversi ambienti diagenetici in altrettanti contesti deposizionali. A nord del Po sono state individuate due aree influenzate dagli apporti dei fiumi Adige-Brenta e Tagliamento, caratterizzate ambedue da una sostanza organica prevalentemente terrigena e poco reattiva. Nella prima area la rigenerazione di nutrienti nelle acque interstiziali avviene nei primi centimetri di sedimento per degradazione di tipo prevalentemente ossico e sub-ossico della sostanza organica a causa dell'elevato contenuto di ossigeno sul fondale legato all'elevata idrodinamica. Nella seconda area invece il diverso regime degli apporti e la natura della sostanza organica provocano una degradazione prevalentemente anossica per solfato-riduzione a profondità elevate. In ambedue le aree è stata riscontrata una evidente rimozione dei fosfati dalle acque interstiziali, dovuta sia all'adsorbimento sulle particelle che alla precipitazione di apatite autigenica, dato l'elevato contenuto di carbonati nei sedimenti. Nella carota davanti all'Adige-Brenta, dalla superficie al fondo, diminuisce la frazione ossidabile di Zn e Cr associata alla sostanza organica. Diminuiscono anche Cr e Cu che risultano legati al ciclo degli idrossidi di Fe e Mn; aumenta invece il Cu legato ai carbonati per l'aumento di calcite nel sedimento. Davanti al delta del Po è stata individuata l'area prodeltizia prossimale, che è soggetta ad un'elevata velocità di sedimentazione ed elevati apporti di sostanza organica. Questo consente la preservazione della sostanza organica molto reattiva dai processi ossidativi che si verificano nei pressi dell'interfaccia acqua-sedimento. In questo modo la decomposizione della sostanza organica avviene prevalentemente in condizioni anossiche per solfato riduzione. Verso il largo si può distinguere l'area del prodelta distale, che è influenzata direttamente dal particellato fine organico ed inorganico del Po, da sostanza organica di produzione primaria, ed è frequentemente soggetta a condizioni anossiche anche nelle acque di fondo. In particolare, immediatamente a sud del delta, sono evidenti elevati contenuti di fosfati associati alla forte riduzione degli idrossidi di Fe e Mn, che in questa area risultano essere in grandi quantità per gli apporti diretti del fiume Po. Si può inoltre riscontrare in profondità la riduzione dei solfati. Nella carota la frazione ossidabile degli elementi contaminanti analizzati risulta legata alla sostanza organica, e Zn, Cr e Pb si associano anche al ciclo degli idrossidi di Fe e Mn. Inoltre per Zn, Cr e Cu è evidente l'associazione con con la frazione carbonatica legata al contenuto di calcite nel sedimento che diminuisce con la profondità, mentre ciò non avviene per il Pb, il quale tende probabilmente a precipitare come fase carbonatica propria (Song et al., 1999). Allontanandosi dal Po verso sud, fino ai fondali marchigiani, si individua un'area in cui diminuiscono le velocità medie di sedimentazione, il carico solido inorganico fluviale di deposizione diretta e quello organico di produzione primaria, a favore del particellato risedimentato dopo più fasi di risospensione. A questo tipo di alimentazione corrispondono basse concentrazioni di ammoniaca e fosfati e bassi valori di alcalinità nelle acque interstiziali in quanto la sostanza organica più reattiva arriva già in parte degradata prima del seppellimento definitivo. Questa area non è omogenea, ma presenta anomalie nei processi diagenetici legate a condizioni locali, poco a nord di Ancona o davanti al fiume Tronto, da imputare principalmente agli apporti dei fiumi minori e a caratteristiche morfologiche del fondale. Anche per quest'ultima area gli elementi sono associati agli idrossidi di Fe e Mn che diminuiscono in profondità. La frazione carbonatica di Zn e Cu non sembra correlata con il contenuto di calcite nel sedimento. La frazione ossidabile del Pb è legata alla sostanza organica, mentre per Zn e Cu è legata alla presenza in profondità di solfuri. Nell'ultima area costituita dalla Fossa di Pomo, si ha una alimentazione prevalente di materiale inorganico risedimentato, si registrano bassissime velocità medie di sedimentazione (0.05 cm/anno; Ravaioli et al., 1997) che permettono una lunga residenza superficiale, la quale provoca la quasi completa degradazione della scarsa sostanza organica reattiva che si deposita all'interfaccia. Rispetto alle aree precedentemente individuate, in questo caso il fondale è caratterizzato da condizioni prevalentemente ossiche per uno spessore di alcuni centimetri, in cui si assiste alla totale rimozione del Mn e Fe dalle acque interstiziali e con la profondità si assiste ad un leggero aumento dei nutrienti. Anche in questo caso, soprattutto per Zn, Cu e Pb risulta chiaro il legame con gli idrossidi di Fe e Mn. La frazione carbonatica di Zn è correlata con il contenuto di calcite, mentre ciò, anche in questo caso, non avviene per il Pb. In tutte le aree la frazione residuale degli elementi aumenta con la profondità evidenziando come i processi di diagenesi controllano anche la mobilità degli elementi contaminanti e quindi anche dei flussi bentici di questi ultimi. Inoltre il grado di scambiabilità degli elementi, soprattutto per Zn e Cr, è maggiore nelle aree a nord ed in quelle prodeltizie del Po rispetto a quelle più a sud e a quella bacinale, a testimoniare anche l'effetto di "invecchiamento" del sedimento sottoposto continuamente, da nord a sud, ai processi di risospensione.
1999
diagenesi precoce
Adriatico
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