Alcune procedure statistiche sono state utilizzate per studiare la distribuzione territoriale dei consumi di acqua potabile dei comuni del bacino del Po. Per le elaborazioni sono stati utilizzati i risultati di indagini condotte dall'ISTAT e dal Ministero dei LL. PP. sull'intero territorio nazionale e per lo stesso anno di riferimento, cioè il 1987. Alcune elaborazioni sono state eseguite sui dati forniti da Enti gestori. Particolarmente interessante è risultata l'analisi fattoriale che ha fornito l'espressione formale delle due componenti dell'approvvigionamento idrico definite rispettivamente come "disponibilità idrica" e "attività antropica". La prima viene spiegata attraverso la piovosità. La posizione geografica e la tipologia del comune, rurale o urbano, mentre la seconda è ben rappresentata dall'inquinamento potenziale, espresso in trermini di carico totale di azoto, dalla quantità di acqua complessivamente utilizzata in ciascun comune e, anche se in misura minore, dal reddito complessivo comunale. La metodologia esposta potrebbe rivelarsi utile nella pianificazione delle risorse destinate all'uso potabile. Individua, infatti, sedici livelli di utenza in cui possono classificarsi tutti i comuni del bacino del Po in funzione dei valori dei fattori suddetti e propone dei coefficienti di adeguamento dello standard medio di consumo, detto di riferimento, di ciascuna delle sette classi demografiche in cui sono stati divisi i comuni. Lo studio, inoltre, può fornire utili indicazioni sulle modalità di ripartizioni della risorsa disponibile in quanto individua le aree di maggiore utilizzo e, quindi, di maggior concentrazione degli interventi necessario per la distribuzione dell'acqua. Si evidenzia, infatti, una oscillazione del rapporto tra consumo pro-capite di un comune e lo standard medio della stessa classe demografica che varia da un minimo prossimo a 0.1 ad un massimo di 16. Questi coefficienti di adeguamento oltre ad indicare di quanto il consumo di un comune può discostare dal valore di riferimento, ne individuano soprattutto le cause, mettendolo in relazione alla presenza di attività produttive e alla disponibilità idrica. Viene, infine, proposto un valore complessivo per le perdite reali calcolato tramite la pendenza della retta fra portate disperse e popolazione dei comuni. Questo valore, 55 l/(abog), è risultato molto prossimo a quello determinato, con lo stesso metodo, per un campione di pugliesi, 58 l/(abog), per i quali erano disponibili misure dirette delle perdite. Questo indicherebbe una scarsa influenza del tipo di gestione della rete (comunale, consortile o ente autonomo) sulla stima globale delle perdite, nell'ipotesi che le dispersioni stimate dall'ISTAT siano prossime alle perdite reali. Rapportando i 55 l/(abog) agli standard di riferimento più elevati si ottengono perdite prossime al 10%, mentre per i piccoli centri la percentuale di perdita diventa superiore (17%). Valori a più largo spettro si otterrebbero riportando lo stesso valore al consumo pro-capite dei comuni. Il valore della percentuale delle perdite non può, quindi, essere mediato sull'intero volume necessario per il bacino ai fini di una corretta distribuzione della risorsa, ma diventa specifico di ogni centro abitato e all'interno di esso è funzione della densità dell'utenza.

La valutazione dei fabbisogni idropotabili: Il bacino del PO

MASCIOPINTO C;
1995

Abstract

Alcune procedure statistiche sono state utilizzate per studiare la distribuzione territoriale dei consumi di acqua potabile dei comuni del bacino del Po. Per le elaborazioni sono stati utilizzati i risultati di indagini condotte dall'ISTAT e dal Ministero dei LL. PP. sull'intero territorio nazionale e per lo stesso anno di riferimento, cioè il 1987. Alcune elaborazioni sono state eseguite sui dati forniti da Enti gestori. Particolarmente interessante è risultata l'analisi fattoriale che ha fornito l'espressione formale delle due componenti dell'approvvigionamento idrico definite rispettivamente come "disponibilità idrica" e "attività antropica". La prima viene spiegata attraverso la piovosità. La posizione geografica e la tipologia del comune, rurale o urbano, mentre la seconda è ben rappresentata dall'inquinamento potenziale, espresso in trermini di carico totale di azoto, dalla quantità di acqua complessivamente utilizzata in ciascun comune e, anche se in misura minore, dal reddito complessivo comunale. La metodologia esposta potrebbe rivelarsi utile nella pianificazione delle risorse destinate all'uso potabile. Individua, infatti, sedici livelli di utenza in cui possono classificarsi tutti i comuni del bacino del Po in funzione dei valori dei fattori suddetti e propone dei coefficienti di adeguamento dello standard medio di consumo, detto di riferimento, di ciascuna delle sette classi demografiche in cui sono stati divisi i comuni. Lo studio, inoltre, può fornire utili indicazioni sulle modalità di ripartizioni della risorsa disponibile in quanto individua le aree di maggiore utilizzo e, quindi, di maggior concentrazione degli interventi necessario per la distribuzione dell'acqua. Si evidenzia, infatti, una oscillazione del rapporto tra consumo pro-capite di un comune e lo standard medio della stessa classe demografica che varia da un minimo prossimo a 0.1 ad un massimo di 16. Questi coefficienti di adeguamento oltre ad indicare di quanto il consumo di un comune può discostare dal valore di riferimento, ne individuano soprattutto le cause, mettendolo in relazione alla presenza di attività produttive e alla disponibilità idrica. Viene, infine, proposto un valore complessivo per le perdite reali calcolato tramite la pendenza della retta fra portate disperse e popolazione dei comuni. Questo valore, 55 l/(abog), è risultato molto prossimo a quello determinato, con lo stesso metodo, per un campione di pugliesi, 58 l/(abog), per i quali erano disponibili misure dirette delle perdite. Questo indicherebbe una scarsa influenza del tipo di gestione della rete (comunale, consortile o ente autonomo) sulla stima globale delle perdite, nell'ipotesi che le dispersioni stimate dall'ISTAT siano prossime alle perdite reali. Rapportando i 55 l/(abog) agli standard di riferimento più elevati si ottengono perdite prossime al 10%, mentre per i piccoli centri la percentuale di perdita diventa superiore (17%). Valori a più largo spettro si otterrebbero riportando lo stesso valore al consumo pro-capite dei comuni. Il valore della percentuale delle perdite non può, quindi, essere mediato sull'intero volume necessario per il bacino ai fini di una corretta distribuzione della risorsa, ma diventa specifico di ogni centro abitato e all'interno di esso è funzione della densità dell'utenza.
1995
Istituto di Ricerca Sulle Acque - IRSA
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/204295
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