La crisi del 1898, momento singolare nella storia contemporanea della Spagna, diede luogo, tra gli intellettuali dell'epoca, a una serie di riflessioni sul cosiddetto "problema de España" e della sua identità nazionale. La disfatta subita nella guerra ispano-americana, infatti, segnò la fine dell'era coloniale spagnola e il diffondersi di uno stato di amarezza, di angoscia e di pessimismo. L'attività intellettuale si concentrò così prevalentemente sul problema della crisi (dell'identità) nazionale che comprendeva ad un tempo questioni politiche, culturali ed economiche. Queste vennero analizzate in profondità e gli stessi valori storici sottoposti alla più severa delle critiche. Ogni autore, qualunque fosse stato il suo campo di attività, cercò di trovare, secondo le proprie connotazioni e il proprio stile, la spiegazione del caso España e le cause della sua decadenza. È durante questo frangente che viene delineandosi un movimento scientifico, artistico e filosofico che doveva elevare la Spagna a un grado di considerazione mondiale, come non succedeva dal XVI secolo. Si può dire che la Spagna attuale cominci con la cosiddetta "generazione del '98" (in cui emersero alcune figure fondamentali quali Ángel Ganivet, Miguel de Unamuno, Azorín, Pío Baroja, Antonio Machado), innovatrice in tante cose, ma soprattutto nel nuovo modo di vedere la realtà nazionale e i temi intellettuali. La situazione di estremo malessere successiva alla disfatta coloniale, infatti, fece avvertire in maniera intensa il bisogno di attuare una seria riflessione filosofica e letteraria, per scoprire se c'erano reali possibilità di ripresa e quindi di riscattare il paese dal suo torpore intellettuale e dalla sua miseria morale e politica. Di questo clima e di queste aspirazioni si fece appunto interprete la "generazione del '98", che prese coscienza in maniera drammatica della necessità di giungere al superamento della tradizione che soffocava le menti e le coscienze, di affrancarsi da quelle «due spezie di borie» - dei «dotti» e delle «nazioni» - di vichiana memoria che avevano imprigionato la Spagna in uno stato di isolazionismo culturale, imprimendo, di contro, una svolta di apertura verso la modernità e i suoi problemi. Questa recisa volontà di apertura verso fuori, ai "venti europei", questa europeizzazione ante litteram, tuttavia, non presupponeva alcun tipo di dissoluzione dell'identità nazionale, ma intendeva, al contrario, recuperarne l'autentica sostanza. Si assiste così, nel cambio di secolo, ad una dialettica complicata tra rivendicazioni di tradizioni nazionali e autenticità popolare, da una parte, e apertura alle influenze esterne e al dialogo interculturale, dall'altra.
L'ossessione dello scheletro. Decadenza ed egolatria nelle riflessioni di Ganivet, Unamuno e Ortega
Armando Mascolo
2012
Abstract
La crisi del 1898, momento singolare nella storia contemporanea della Spagna, diede luogo, tra gli intellettuali dell'epoca, a una serie di riflessioni sul cosiddetto "problema de España" e della sua identità nazionale. La disfatta subita nella guerra ispano-americana, infatti, segnò la fine dell'era coloniale spagnola e il diffondersi di uno stato di amarezza, di angoscia e di pessimismo. L'attività intellettuale si concentrò così prevalentemente sul problema della crisi (dell'identità) nazionale che comprendeva ad un tempo questioni politiche, culturali ed economiche. Queste vennero analizzate in profondità e gli stessi valori storici sottoposti alla più severa delle critiche. Ogni autore, qualunque fosse stato il suo campo di attività, cercò di trovare, secondo le proprie connotazioni e il proprio stile, la spiegazione del caso España e le cause della sua decadenza. È durante questo frangente che viene delineandosi un movimento scientifico, artistico e filosofico che doveva elevare la Spagna a un grado di considerazione mondiale, come non succedeva dal XVI secolo. Si può dire che la Spagna attuale cominci con la cosiddetta "generazione del '98" (in cui emersero alcune figure fondamentali quali Ángel Ganivet, Miguel de Unamuno, Azorín, Pío Baroja, Antonio Machado), innovatrice in tante cose, ma soprattutto nel nuovo modo di vedere la realtà nazionale e i temi intellettuali. La situazione di estremo malessere successiva alla disfatta coloniale, infatti, fece avvertire in maniera intensa il bisogno di attuare una seria riflessione filosofica e letteraria, per scoprire se c'erano reali possibilità di ripresa e quindi di riscattare il paese dal suo torpore intellettuale e dalla sua miseria morale e politica. Di questo clima e di queste aspirazioni si fece appunto interprete la "generazione del '98", che prese coscienza in maniera drammatica della necessità di giungere al superamento della tradizione che soffocava le menti e le coscienze, di affrancarsi da quelle «due spezie di borie» - dei «dotti» e delle «nazioni» - di vichiana memoria che avevano imprigionato la Spagna in uno stato di isolazionismo culturale, imprimendo, di contro, una svolta di apertura verso la modernità e i suoi problemi. Questa recisa volontà di apertura verso fuori, ai "venti europei", questa europeizzazione ante litteram, tuttavia, non presupponeva alcun tipo di dissoluzione dell'identità nazionale, ma intendeva, al contrario, recuperarne l'autentica sostanza. Si assiste così, nel cambio di secolo, ad una dialettica complicata tra rivendicazioni di tradizioni nazionali e autenticità popolare, da una parte, e apertura alle influenze esterne e al dialogo interculturale, dall'altra.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.