Pur senza voler affermare che esista una relazione diretta ed immediata tra assistenza finananziaria e sviluppo economico, occorre constatare che, più di venti anni di cooperazione tra Paesi comunitari e Paesi terzi del Mediterraneo1 (PTM), non sono riusciti a ridurre i livelli di squilibrio esistenti tra le due rive del Mediterraneo. I PTM, anzi, che negli anni settanta, nelle classificazioni della Banca Mondiale, rientravano nel gruppo dei paesi con un livello di sviluppo compreso tra i lower e gli upper intermediate non hanno modificato sostanzialmente la loro posizione. A questa osservazione occorre poi aggiungere che la "dipendenza" economica nei confronti dell'Unione Europea (UE) non è diminuita, al contrario l'UE ha visto rafforzare la propria posizione di principale mercato di sbocco dei prodotti dei PTM anche se poi gli scambi con PTM non rappresntano che una quota minima dell'interscambio comunitario. Con riferimento all'area geografica Nord africana, oggetto di attenzione in questa relazione, si osserva che l'UE è il principale partner commerciale, circa il 63% del totale delle importazioni maghrebine proviene dall'Europa mentre il 72% delle esportazioni maghrebine sono dirette in Europa. Non si può dire, invece, l'inverso poiché per i Paesi dell'Unione gli scambi commerciali con il Maghreb costituiscono una quota minima del totale dei traffici: complessivamente i tre Paesi maghrebini hanno assorbito nel 1994 il 2,4% dell'esportazioni globali dell'Unione ed hanno rappresentato il 2,4% delle importazioni totali2. Ecco allora la necessità di riconsiderare le modalità con le quali le politiche di cooperazione sono state realizzate fino a ora, per evitare di ripetere quegli errori che hanno impedito di raggiungere gli ambiziosi obiettivi che la Comunità si era data. Nel corso degli ultimi anni la Comunità recependo tali preoccupazioni è passata da una politica di intervento, che rispondeva ad una visione euro-centrica ed utilitaristica dei rapporti Nord-Sud, ad una nuova politica, denominata politica mediterranea rinnovata (PMR) all'interno della quale si è cercato di far prevalere delle logiche di cogestione degli interventi e di partenariato, con l'obiettivo ultimo di stimolare la crescita economica dei PTM. In questo intervento dopo aver illustrato le principali tappe evolutive di questo processo, ci si è soffermati sull'analisi del IV° protocollo con particolare attenzione alle relazioni euro-maghrebine. Infine si è cercato di porre le basi per individuare i nuovi orizzonti verso cui si sta orientando la politica di cooperazione euromediterranea.
LA COOPERAZIONE EUROMEDITERRANEA: IL CASO MAGHREBINO
Venditto Bruno
1996
Abstract
Pur senza voler affermare che esista una relazione diretta ed immediata tra assistenza finananziaria e sviluppo economico, occorre constatare che, più di venti anni di cooperazione tra Paesi comunitari e Paesi terzi del Mediterraneo1 (PTM), non sono riusciti a ridurre i livelli di squilibrio esistenti tra le due rive del Mediterraneo. I PTM, anzi, che negli anni settanta, nelle classificazioni della Banca Mondiale, rientravano nel gruppo dei paesi con un livello di sviluppo compreso tra i lower e gli upper intermediate non hanno modificato sostanzialmente la loro posizione. A questa osservazione occorre poi aggiungere che la "dipendenza" economica nei confronti dell'Unione Europea (UE) non è diminuita, al contrario l'UE ha visto rafforzare la propria posizione di principale mercato di sbocco dei prodotti dei PTM anche se poi gli scambi con PTM non rappresntano che una quota minima dell'interscambio comunitario. Con riferimento all'area geografica Nord africana, oggetto di attenzione in questa relazione, si osserva che l'UE è il principale partner commerciale, circa il 63% del totale delle importazioni maghrebine proviene dall'Europa mentre il 72% delle esportazioni maghrebine sono dirette in Europa. Non si può dire, invece, l'inverso poiché per i Paesi dell'Unione gli scambi commerciali con il Maghreb costituiscono una quota minima del totale dei traffici: complessivamente i tre Paesi maghrebini hanno assorbito nel 1994 il 2,4% dell'esportazioni globali dell'Unione ed hanno rappresentato il 2,4% delle importazioni totali2. Ecco allora la necessità di riconsiderare le modalità con le quali le politiche di cooperazione sono state realizzate fino a ora, per evitare di ripetere quegli errori che hanno impedito di raggiungere gli ambiziosi obiettivi che la Comunità si era data. Nel corso degli ultimi anni la Comunità recependo tali preoccupazioni è passata da una politica di intervento, che rispondeva ad una visione euro-centrica ed utilitaristica dei rapporti Nord-Sud, ad una nuova politica, denominata politica mediterranea rinnovata (PMR) all'interno della quale si è cercato di far prevalere delle logiche di cogestione degli interventi e di partenariato, con l'obiettivo ultimo di stimolare la crescita economica dei PTM. In questo intervento dopo aver illustrato le principali tappe evolutive di questo processo, ci si è soffermati sull'analisi del IV° protocollo con particolare attenzione alle relazioni euro-maghrebine. Infine si è cercato di porre le basi per individuare i nuovi orizzonti verso cui si sta orientando la politica di cooperazione euromediterranea.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.