In un passo importante e di non facile comprensione del De virtute morali (5. 443e-444a), Plutarco delinea una distinzione tra sapienza teorica e saggezza pratica, quest'ultima intesa come attitudine che presiede alla deliberazione sulle azioni e le scelte morali. Secondo gli interpreti, il brano presuppone la tradizionale distinzione aristotelica di sophia e phronesis illustrata nelle Etiche (in part. libro VI, capp. 8-13) . Una nuova analisi del testo e il suo raffronto con altri brani di Plutarco e del Corpus (De tranquillitate animi, De cohibenda ira, De fraterno amore, De liberis educandis), permettono di riconoscere anche l'impiego della teoria delle categorie, che già Aristotele aveva messo in stretto rapporto con la trattazione del bene morale (cfr. Eth. Nic. I 6), nonché del celebre quadro delle vie della ricerca di An. Po. II 1. Alcuni studi recenti hanno constatato l'uso di questi due schemi nella produzione retorica del tardo ellenismo, ad esempio in Ermagora di Temno e in Quintiliano. In Plutarco, essi servono a descrivere la sapienza prescrittiva come capacità di "fare uso", crh'sqai, tanto dei beni esterni, quanto delle proprie doti psicologiche e caratteriali, quanto, infine, delle relazioni sociali. L'obiettivo della comunicazione è duplice: a) tratteggiare un retroterra della concezione plutarchea di saggezza costituito non solo da Aristotele ma anche da elementi della tradizione socratico-platonica e della pedagogia isocratea; b) presentare, per brevi cenni, le analogie della visione plutarchea con esempi di letteratura coeva e di poco posteriore (ad esempio Seneca e Dione

La buona chresis. Aspetti della saggezza prescrittiva in Plutarco e nel corpus plutarcheo

Francesca Alesse
2013

Abstract

In un passo importante e di non facile comprensione del De virtute morali (5. 443e-444a), Plutarco delinea una distinzione tra sapienza teorica e saggezza pratica, quest'ultima intesa come attitudine che presiede alla deliberazione sulle azioni e le scelte morali. Secondo gli interpreti, il brano presuppone la tradizionale distinzione aristotelica di sophia e phronesis illustrata nelle Etiche (in part. libro VI, capp. 8-13) . Una nuova analisi del testo e il suo raffronto con altri brani di Plutarco e del Corpus (De tranquillitate animi, De cohibenda ira, De fraterno amore, De liberis educandis), permettono di riconoscere anche l'impiego della teoria delle categorie, che già Aristotele aveva messo in stretto rapporto con la trattazione del bene morale (cfr. Eth. Nic. I 6), nonché del celebre quadro delle vie della ricerca di An. Po. II 1. Alcuni studi recenti hanno constatato l'uso di questi due schemi nella produzione retorica del tardo ellenismo, ad esempio in Ermagora di Temno e in Quintiliano. In Plutarco, essi servono a descrivere la sapienza prescrittiva come capacità di "fare uso", crh'sqai, tanto dei beni esterni, quanto delle proprie doti psicologiche e caratteriali, quanto, infine, delle relazioni sociali. L'obiettivo della comunicazione è duplice: a) tratteggiare un retroterra della concezione plutarchea di saggezza costituito non solo da Aristotele ma anche da elementi della tradizione socratico-platonica e della pedagogia isocratea; b) presentare, per brevi cenni, le analogie della visione plutarchea con esempi di letteratura coeva e di poco posteriore (ad esempio Seneca e Dione
2013
Istituto per il Lessico Intellettuale Europeo e Storia delle Idee - ILIESI
978-88-7092-348-3
Plutarch
etichis
virtue
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/255461
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