Il carrubo (Ceratonia siliqua L.), specie arborea appartenente alla famiglia delle leguminose, presenta una elevata rusticità e capacità di adattamento alle condizioni pedoclimatiche del bacino del Mediterraneo, dov'è largamente diffusa anche allo stato spontaneo. Queste sue caratteristiche, unitamente al valore economico dei suoi prodotti, utilizzati nell'industria agroalimentare, chimica, cosmetica, etc., la rendono adatta alla coltivazione in terreni marginali e submarginali anche in asciutto dove può costituire non solo un mezzo biologico di lotta ai processi di erosione e di desertificazione ma anche una possibilità di sviluppo territoriale. La coltura del carrubo, inoltre, grazie alla sua capacità di salvaguardare ed arricchire la fertilità del terreno, contribuisce a migliorare l'insediamento di altre specie, risultando quindi particolarmente utile nel rimboschimento di aree difficili del bacino del Mediterraneo dove può rivestire contemporaneamente sia il ruolo di specie pioniera che produttiva. Al momento attuale tuttavia, l'estensione su larga scala della coltura del carrubo, trova una limitazione nei metodi tradizionali di propagazione che non riescono a soddisfare la domanda crescente di piante con caratteristiche bio-agronomiche di pregio. Ad oggi, infatti, la propagazione del carrubo è condotta essenzialmente per innesto di marze selezionate di individui produttivi su portainnesto 'selvatico'. La propagazione per seme per la produzione dei portainnesti risulta particolarmente difficile per la scarsa germinabilità dei semi. Anche la propagazione per talea legnosa, semi-legnosa ed erbacea trova una forte limitazione nella scarsa capacità di radicare della specie. La messa a punto di tecniche innovative per la propagazione su larga scala di cloni selezionati può contribuire grandemente alla creazione di un'attività vivaistica specializzata. La micropropagazione è attualmente considerata una delle tecniche più efficaci al fine della moltiplicazione massale delle piante. La propagazione in vitro del carrubo, tuttavia, pur essendo stata studiata da diversi ricercatori (Sebastian e Mc Comb, 1986; Brugaletta et al. 2009, Vinterhalter et al., 2001), presenta ancora alcune difficoltà (recalcitranza del materiale adulto, contaminazioni batteriche d'origine endogena, l'imbrunimento e non ultimo lo scarso tasso di ambientamento ex vitro) che compromettono in parte la riuscita della coltura e necessitano di aggiustamenti specifici in funzione della varietà e, del tipo di espianto (Brugaletta et al., l.c.). Sulla base di queste considerazioni nell'ambito del progetto "Miglioramento della tecnica di coltivazione del carrubo per le regioni marginali del bacino del Mediterraneo, attraverso la messa a punto di un'attività vivaistica specializzata e l'impiego di funghi micorrizici selezionati" (Accordi bilaterali di cooperazione scientifica e tecnologica tra il CNR Italia e il CNRS del Marocco) sono state condotte una serie di ricerche volte alla messa a punto di tecniche innovative per la moltiplicazione su larga scala della specie in esame, attraverso la tecnica di coltura in vitro a partire sia da espianti di piante mature che da plantule da seme. Al fine di individuare la tecnica più efficace nel promuovere l'inizializzazione della coltura e la differenziazione dei germogli in vitro, sono stati posti allo studio, in una serie di prove successive, i seguenti fattori: 1. Composizione del substrato di coltura iniziale: S1 composto dai micro e macroelementi di Murashige e Skoog (MS), S2 con macro e microelementi di MS dimezzati; 2. Tecnica di sterilizzazione dell'espianto 3. Organo della pianta da utilizzare come espianto: germogli apicali, gemme dormienti con nodo, apici da plantule provenienti da seme in relazione anche a tre epoche d'impianto della coltura (21 Giugno, 30 Luglio, 30 Novembre). Relativamente al primo fattore allo studio, ad entrambi i substrati sono state aggiunte le vitamine di Morel (Morel and Wetmore, 1951), 100 mg l-1 mio-inositolo, 0,5 mg l-1 di 6-benzyladenina (BA), 0,05 mg l-1 di acido gibberellico (AG3), 20 g l-1di saccarosio, 2,5 g l-1 di gelrite (Duchefa, Olanda). Considerati i migliori risultati ottenuti col substrato S2, si è deciso di adoperarlo in tutte le altre prove. Relativamente al secondo fattore allo studio, sono state poste a confronto tre modalità di disinfezione degli espianti: a) immersione in una soluzione di ipoclorito di sodio al 2,5% di cloro attivo per 20 min. Nella prova di dicembre, considerato il modesto attecchimento nell'ipoclorito della prova di luglio, la dose di cloro attivo è stata ulteriormente ridotta (1,5% di Cl attivo); b) immersione in una soluzione di cloruro di mercurio (HgCl2, 2,5 g l-1) per 5 min. c) immersione per 5 min in cloruro di mercurio (2,5 g l-1) e successivamente in ipoclorito di sodio (NaClO, 2,5% di Cl attivo) per 20 min. La prova è stata avviata il 29 luglio e il primo dicembre 2012 in maniera da intercettare condizioni climatiche di prelievo profondamente diverse. Gli espianti (gemme dormienti con nodo) utilizzati nella prova di disinfezione appartenevano al genotipo Acireale, scelto per la sua produttività tra i genotipi in collezione presso il CNR-ISAFoM. In tutte le prove, dopo disinfezione, gli espianti sono stati lavati per tre volte sotto cappa in H2O sterile e quindi trasferiti in camera di crescita a 23±1°C ed illuminazione continua. Per ogni tesi sperimentale, replicata tre volte, sono stati impiegati 6 espianti. A 20 giorni dall'inizio delle prove, è stato rilevato il numero di espianti che avevano differenziato germogli normali, gli espianti imbruniti e la percentuale di espianti inquinati (da batteri o funghi). Tra i due substrati allo studio, i migliori risultati sono stati ottenuti mediante l'uso del mezzo contenente la metà dei macro e micro elementi di Murashige and Skoog (MS, 1962). Le plantule allevate sul substrato in parola mostravano infatti una significativa riduzione del fenomeno dell'imbrunimento. Nella seconda prova, nel trattamento che prevedeva solo la disinfezione con ipoclorito, è stata riscontrata una percentuale di germogli inquinati (contaminazione da funghi) pari al 40%. Tale risultato è da attribuire all'abbassamento della concentrazione dell'ipoclorito nella soluzione disinfettante effettuata allo scopo di aumentare la percentuale di sopravvivenza. Una percentuale trascurabile o nulla di germogli inquinati è stata riscontrata nel trattamento che prevedeva la disinfezione con cloruro di mercurio o con cloruro di mercurio seguito da candeggina in entrambe le epoche (Tab. 1). Nell'ultimo trattamento di sterilizzazione tuttavia la percentuale di germogli attecchiti è risultata nulla. Per quanto riguarda la scelta dell'espianto da utilizzare in vitro, indipendentemente dall'epoca di trasferimento in vitro, gli espianti provenienti dagli apici di plantule da seme hanno mostrato una percentuale di attecchimento del 100%, la totale mancanza di imbrunimento e di inquinamento anche dopo la semplice disinfezione per 20 minuti in ipoclorito (2,5%). Per quanto riguarda gli espianti provenienti da piante adulte, i migliori risultati sull'inizializzazione della coltura in vitro sono stati ottenuti con il trapianto di Giugno (58%) o di fine Novembre (42%) con giovani germogli (germogli apicali di giovani ramificazioni) rispetto ai nodi con gemma dormiente da rami più grossi e lignificati. Quest'ultimi infatti presentavano un elevato grado di imbrunimento sia del germoglio che del substrato. Ridotta è stata la percentuale (22%) di germogli attecchiti provenienti da espianti prelevati in piena estate (fine luglio). Le prove fin qui effettuate hanno consentito una prima messa a punto del processo di moltiplicazione in vitro di un genotipo siciliano di carrubo., Utilizzando quale materiale di partenza espianti di piante adulte, i migliori risultati sono stati ottenuti impiegando giovani germogli non lignificati, una soluzione di sterilizzazione a base di cloruro di mercurio a bassa concentrazione (2.5 g l-1) e un substrato contenente i macro e micro elementi di Murashige e Shoog (MS) dimezzati. Questi risultati concordano pienamente con quelli riportati da Brugaletta et al. (2009) su altri genotipi provenienti da diversi paesi del bacino del Mediterraneo. Romano e coll., (2002), utilizzando la dose piena di MS, avevano ottenuto espianti con formazione di callo alla base. La propagazione in vitro da apici di plantule da seme è risultata una tecnica particolarmente semplice ed efficace ai fini della rigenerazione in vitro di plantule di carrubo. Considerata la variabilità genetica associata a questo tipo di propagazione, quest'ultima potrebbe tuttavia risultare particolarmente interessante ai fini della produzione di portainnesti coevi. Sono in corso prove volte a ottimizzare la fase di moltiplicazione in vitro.

Sviluppo di un Protocollo di Propagazione in Vitro del Carrubo (Ceratonia siliqua L.)

Cavallaro V;La Rosa S;Di Silvestro I;Pellegrino A;
2013

Abstract

Il carrubo (Ceratonia siliqua L.), specie arborea appartenente alla famiglia delle leguminose, presenta una elevata rusticità e capacità di adattamento alle condizioni pedoclimatiche del bacino del Mediterraneo, dov'è largamente diffusa anche allo stato spontaneo. Queste sue caratteristiche, unitamente al valore economico dei suoi prodotti, utilizzati nell'industria agroalimentare, chimica, cosmetica, etc., la rendono adatta alla coltivazione in terreni marginali e submarginali anche in asciutto dove può costituire non solo un mezzo biologico di lotta ai processi di erosione e di desertificazione ma anche una possibilità di sviluppo territoriale. La coltura del carrubo, inoltre, grazie alla sua capacità di salvaguardare ed arricchire la fertilità del terreno, contribuisce a migliorare l'insediamento di altre specie, risultando quindi particolarmente utile nel rimboschimento di aree difficili del bacino del Mediterraneo dove può rivestire contemporaneamente sia il ruolo di specie pioniera che produttiva. Al momento attuale tuttavia, l'estensione su larga scala della coltura del carrubo, trova una limitazione nei metodi tradizionali di propagazione che non riescono a soddisfare la domanda crescente di piante con caratteristiche bio-agronomiche di pregio. Ad oggi, infatti, la propagazione del carrubo è condotta essenzialmente per innesto di marze selezionate di individui produttivi su portainnesto 'selvatico'. La propagazione per seme per la produzione dei portainnesti risulta particolarmente difficile per la scarsa germinabilità dei semi. Anche la propagazione per talea legnosa, semi-legnosa ed erbacea trova una forte limitazione nella scarsa capacità di radicare della specie. La messa a punto di tecniche innovative per la propagazione su larga scala di cloni selezionati può contribuire grandemente alla creazione di un'attività vivaistica specializzata. La micropropagazione è attualmente considerata una delle tecniche più efficaci al fine della moltiplicazione massale delle piante. La propagazione in vitro del carrubo, tuttavia, pur essendo stata studiata da diversi ricercatori (Sebastian e Mc Comb, 1986; Brugaletta et al. 2009, Vinterhalter et al., 2001), presenta ancora alcune difficoltà (recalcitranza del materiale adulto, contaminazioni batteriche d'origine endogena, l'imbrunimento e non ultimo lo scarso tasso di ambientamento ex vitro) che compromettono in parte la riuscita della coltura e necessitano di aggiustamenti specifici in funzione della varietà e, del tipo di espianto (Brugaletta et al., l.c.). Sulla base di queste considerazioni nell'ambito del progetto "Miglioramento della tecnica di coltivazione del carrubo per le regioni marginali del bacino del Mediterraneo, attraverso la messa a punto di un'attività vivaistica specializzata e l'impiego di funghi micorrizici selezionati" (Accordi bilaterali di cooperazione scientifica e tecnologica tra il CNR Italia e il CNRS del Marocco) sono state condotte una serie di ricerche volte alla messa a punto di tecniche innovative per la moltiplicazione su larga scala della specie in esame, attraverso la tecnica di coltura in vitro a partire sia da espianti di piante mature che da plantule da seme. Al fine di individuare la tecnica più efficace nel promuovere l'inizializzazione della coltura e la differenziazione dei germogli in vitro, sono stati posti allo studio, in una serie di prove successive, i seguenti fattori: 1. Composizione del substrato di coltura iniziale: S1 composto dai micro e macroelementi di Murashige e Skoog (MS), S2 con macro e microelementi di MS dimezzati; 2. Tecnica di sterilizzazione dell'espianto 3. Organo della pianta da utilizzare come espianto: germogli apicali, gemme dormienti con nodo, apici da plantule provenienti da seme in relazione anche a tre epoche d'impianto della coltura (21 Giugno, 30 Luglio, 30 Novembre). Relativamente al primo fattore allo studio, ad entrambi i substrati sono state aggiunte le vitamine di Morel (Morel and Wetmore, 1951), 100 mg l-1 mio-inositolo, 0,5 mg l-1 di 6-benzyladenina (BA), 0,05 mg l-1 di acido gibberellico (AG3), 20 g l-1di saccarosio, 2,5 g l-1 di gelrite (Duchefa, Olanda). Considerati i migliori risultati ottenuti col substrato S2, si è deciso di adoperarlo in tutte le altre prove. Relativamente al secondo fattore allo studio, sono state poste a confronto tre modalità di disinfezione degli espianti: a) immersione in una soluzione di ipoclorito di sodio al 2,5% di cloro attivo per 20 min. Nella prova di dicembre, considerato il modesto attecchimento nell'ipoclorito della prova di luglio, la dose di cloro attivo è stata ulteriormente ridotta (1,5% di Cl attivo); b) immersione in una soluzione di cloruro di mercurio (HgCl2, 2,5 g l-1) per 5 min. c) immersione per 5 min in cloruro di mercurio (2,5 g l-1) e successivamente in ipoclorito di sodio (NaClO, 2,5% di Cl attivo) per 20 min. La prova è stata avviata il 29 luglio e il primo dicembre 2012 in maniera da intercettare condizioni climatiche di prelievo profondamente diverse. Gli espianti (gemme dormienti con nodo) utilizzati nella prova di disinfezione appartenevano al genotipo Acireale, scelto per la sua produttività tra i genotipi in collezione presso il CNR-ISAFoM. In tutte le prove, dopo disinfezione, gli espianti sono stati lavati per tre volte sotto cappa in H2O sterile e quindi trasferiti in camera di crescita a 23±1°C ed illuminazione continua. Per ogni tesi sperimentale, replicata tre volte, sono stati impiegati 6 espianti. A 20 giorni dall'inizio delle prove, è stato rilevato il numero di espianti che avevano differenziato germogli normali, gli espianti imbruniti e la percentuale di espianti inquinati (da batteri o funghi). Tra i due substrati allo studio, i migliori risultati sono stati ottenuti mediante l'uso del mezzo contenente la metà dei macro e micro elementi di Murashige and Skoog (MS, 1962). Le plantule allevate sul substrato in parola mostravano infatti una significativa riduzione del fenomeno dell'imbrunimento. Nella seconda prova, nel trattamento che prevedeva solo la disinfezione con ipoclorito, è stata riscontrata una percentuale di germogli inquinati (contaminazione da funghi) pari al 40%. Tale risultato è da attribuire all'abbassamento della concentrazione dell'ipoclorito nella soluzione disinfettante effettuata allo scopo di aumentare la percentuale di sopravvivenza. Una percentuale trascurabile o nulla di germogli inquinati è stata riscontrata nel trattamento che prevedeva la disinfezione con cloruro di mercurio o con cloruro di mercurio seguito da candeggina in entrambe le epoche (Tab. 1). Nell'ultimo trattamento di sterilizzazione tuttavia la percentuale di germogli attecchiti è risultata nulla. Per quanto riguarda la scelta dell'espianto da utilizzare in vitro, indipendentemente dall'epoca di trasferimento in vitro, gli espianti provenienti dagli apici di plantule da seme hanno mostrato una percentuale di attecchimento del 100%, la totale mancanza di imbrunimento e di inquinamento anche dopo la semplice disinfezione per 20 minuti in ipoclorito (2,5%). Per quanto riguarda gli espianti provenienti da piante adulte, i migliori risultati sull'inizializzazione della coltura in vitro sono stati ottenuti con il trapianto di Giugno (58%) o di fine Novembre (42%) con giovani germogli (germogli apicali di giovani ramificazioni) rispetto ai nodi con gemma dormiente da rami più grossi e lignificati. Quest'ultimi infatti presentavano un elevato grado di imbrunimento sia del germoglio che del substrato. Ridotta è stata la percentuale (22%) di germogli attecchiti provenienti da espianti prelevati in piena estate (fine luglio). Le prove fin qui effettuate hanno consentito una prima messa a punto del processo di moltiplicazione in vitro di un genotipo siciliano di carrubo., Utilizzando quale materiale di partenza espianti di piante adulte, i migliori risultati sono stati ottenuti impiegando giovani germogli non lignificati, una soluzione di sterilizzazione a base di cloruro di mercurio a bassa concentrazione (2.5 g l-1) e un substrato contenente i macro e micro elementi di Murashige e Shoog (MS) dimezzati. Questi risultati concordano pienamente con quelli riportati da Brugaletta et al. (2009) su altri genotipi provenienti da diversi paesi del bacino del Mediterraneo. Romano e coll., (2002), utilizzando la dose piena di MS, avevano ottenuto espianti con formazione di callo alla base. La propagazione in vitro da apici di plantule da seme è risultata una tecnica particolarmente semplice ed efficace ai fini della rigenerazione in vitro di plantule di carrubo. Considerata la variabilità genetica associata a questo tipo di propagazione, quest'ultima potrebbe tuttavia risultare particolarmente interessante ai fini della produzione di portainnesti coevi. Sono in corso prove volte a ottimizzare la fase di moltiplicazione in vitro.
2013
Istituto per i Sistemi Agricoli e Forestali del Mediterraneo - ISAFOM
978-88-908499-0-9
carrubo
propagazione in vitro
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/258313
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