L'attenzione per la qualità ambientale ha portato al continuo sviluppo di studi per la caratterizzazione di ecosistemi antropizzati, con attenzione ai processi dinamici che vi avvengono, in termini di indicatori chimici. Gli ambienti marini costieri risultano particolarmente esposti a causa della concentrazione di insediamenti abitativi e produttivi: il Golfo di Trieste ne è un tipico esempio. Il nostro gruppo di ricerca ha studiato la distribuzione di specie metalliche, di nutrienti eutrofizzanti e di specie organiche persistenti nelle acque del Golfo [1-4], nei sedimenti [5-10] e in organismi bersaglio intesi quali bioindicatori [11-13], onde identificare sorgenti e tipologia d'inquinamento, discriminando i vari siti esaminati e modellizzando le variazioni spazio-temporali in funzione di fattori meteorologici e stagionali [14-15]. Un recente fattore d'impatto è costituito dal diffusore di un impianto di trattamento che convoglia off-shore le acque reflue urbane della Provincia di Trieste. Già in uno studio precedente volto a caratterizzare analiticamente il carico eutrofico del diffusore e a valutarne l'impatto ambientale, ha evidenziato da un lato l'abbattimento del contenuto organico ma d'altro lato anche elevati apporti di azoto ammoniacale. Nel presente studio si è approfondita l'indagine sull'apporto di nutrienti, con particolare attenzione alle forme azotate: si è quindi preso in considerazione anche il contributo di urea imputabile al depuratore, che ci si attendeva cospicuo data l'origine delle acque trattate; si è inoltre cercato di comprendere il significato delle varie forme dell'azoto sul suo destino nelle acque in cui veniva rilasciato. Si è osservato che l'apporto di urea, un parametro non considerato nel monitoriggio istituzionale, è nel nostro caso non inferiore a quello dell'azoto ammoniacale: ne consegue che le emissioni del depuratore in termini di azoto a bassi stati di ossidazione possono essere anche due volte superiori a quanto istituzionalmente collezionato nei monitoraggi pregressi in quest'area. Si sono impostati esperimenti per verificare quale sia il significato ambientale delle varie forme di azoto. L'assimilazione dell'azoto inorganico da parte del particellato è stata determinata impiegando nutrienti marcati con 15N (ossia Na15NO3, 15NH4Cl e (15NH2)2CO), aggiunti a campioni d'acqua marina prelevati a quote di superficie , intermedie e di fondale, e posti in duplicato in bottiglie di policarbonato, trasparenti e scure. Per minimizzare artefatti durante l'incubazione, la quantità di nutriente non deve eccedere il 10% di quanto già naturalmente presente nel campione. Dopo l'aggiunta, le bottiglie vengono riposizionate alle quote di prelievo, quindi alla stessa temperatura e irradianza, ed incubate 'in situ' per 3 ore. I campioni nelle bottiglie scure consentono di valutare l'effetto dell'assenza di luce sull'assimilazione delle varie forme di azoto. Questi esperimenti di incubazione sono stati confrontati con esperimenti su campioni trattati con antibiotico, in cui l'attività batterica risultava inibita. Successivamente i campioni, filtrati su Wathman GF/F di porosità nominale 0.7?m, vengono analizzati con uno spettrometro do massa europa 20/20 interfacciato con l'analizzatore elementare Europa ANCA Solid/Liquid preparation Unit orientato al trattamento di campioni solidi. I risultati analitici suggeriscono che la forma nitrica viene assorbita molto lentamente nell'ambiente dei fondali, a bassa irradiazione solare: c'è quindi il tempo perché si diluisca prima di entrare nella catena trofica degli organismi marini. La forma ammoniacale viene invece metabolizzata in tempi brevi da batteri e fitoplankton e riconvertita in forma organica: in definitiva, lo scarico a mare di forme azotate a basso stato di ossidazione, ammonio e urea, risulta essere un fattore ambientale negativo, perché tende ad alimentare piuttosto il comparto batterico marino, che non quello fitoplanktonico.
Aspetti speciativi dell'assimilazione di nutrienti azotati da parte del particellato marino
Cozzi S;
2004
Abstract
L'attenzione per la qualità ambientale ha portato al continuo sviluppo di studi per la caratterizzazione di ecosistemi antropizzati, con attenzione ai processi dinamici che vi avvengono, in termini di indicatori chimici. Gli ambienti marini costieri risultano particolarmente esposti a causa della concentrazione di insediamenti abitativi e produttivi: il Golfo di Trieste ne è un tipico esempio. Il nostro gruppo di ricerca ha studiato la distribuzione di specie metalliche, di nutrienti eutrofizzanti e di specie organiche persistenti nelle acque del Golfo [1-4], nei sedimenti [5-10] e in organismi bersaglio intesi quali bioindicatori [11-13], onde identificare sorgenti e tipologia d'inquinamento, discriminando i vari siti esaminati e modellizzando le variazioni spazio-temporali in funzione di fattori meteorologici e stagionali [14-15]. Un recente fattore d'impatto è costituito dal diffusore di un impianto di trattamento che convoglia off-shore le acque reflue urbane della Provincia di Trieste. Già in uno studio precedente volto a caratterizzare analiticamente il carico eutrofico del diffusore e a valutarne l'impatto ambientale, ha evidenziato da un lato l'abbattimento del contenuto organico ma d'altro lato anche elevati apporti di azoto ammoniacale. Nel presente studio si è approfondita l'indagine sull'apporto di nutrienti, con particolare attenzione alle forme azotate: si è quindi preso in considerazione anche il contributo di urea imputabile al depuratore, che ci si attendeva cospicuo data l'origine delle acque trattate; si è inoltre cercato di comprendere il significato delle varie forme dell'azoto sul suo destino nelle acque in cui veniva rilasciato. Si è osservato che l'apporto di urea, un parametro non considerato nel monitoriggio istituzionale, è nel nostro caso non inferiore a quello dell'azoto ammoniacale: ne consegue che le emissioni del depuratore in termini di azoto a bassi stati di ossidazione possono essere anche due volte superiori a quanto istituzionalmente collezionato nei monitoraggi pregressi in quest'area. Si sono impostati esperimenti per verificare quale sia il significato ambientale delle varie forme di azoto. L'assimilazione dell'azoto inorganico da parte del particellato è stata determinata impiegando nutrienti marcati con 15N (ossia Na15NO3, 15NH4Cl e (15NH2)2CO), aggiunti a campioni d'acqua marina prelevati a quote di superficie , intermedie e di fondale, e posti in duplicato in bottiglie di policarbonato, trasparenti e scure. Per minimizzare artefatti durante l'incubazione, la quantità di nutriente non deve eccedere il 10% di quanto già naturalmente presente nel campione. Dopo l'aggiunta, le bottiglie vengono riposizionate alle quote di prelievo, quindi alla stessa temperatura e irradianza, ed incubate 'in situ' per 3 ore. I campioni nelle bottiglie scure consentono di valutare l'effetto dell'assenza di luce sull'assimilazione delle varie forme di azoto. Questi esperimenti di incubazione sono stati confrontati con esperimenti su campioni trattati con antibiotico, in cui l'attività batterica risultava inibita. Successivamente i campioni, filtrati su Wathman GF/F di porosità nominale 0.7?m, vengono analizzati con uno spettrometro do massa europa 20/20 interfacciato con l'analizzatore elementare Europa ANCA Solid/Liquid preparation Unit orientato al trattamento di campioni solidi. I risultati analitici suggeriscono che la forma nitrica viene assorbita molto lentamente nell'ambiente dei fondali, a bassa irradiazione solare: c'è quindi il tempo perché si diluisca prima di entrare nella catena trofica degli organismi marini. La forma ammoniacale viene invece metabolizzata in tempi brevi da batteri e fitoplankton e riconvertita in forma organica: in definitiva, lo scarico a mare di forme azotate a basso stato di ossidazione, ammonio e urea, risulta essere un fattore ambientale negativo, perché tende ad alimentare piuttosto il comparto batterico marino, che non quello fitoplanktonico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


