Tra i costituzionalisti è da tempo aperta una accesa e viva discussione sulle vicende del nostro regionalismo. Ciò ha portato a un diffuso senso di insoddisfazione sul recente disegno di legge costituzionale di revisione, AS/1429, della seconda parte della Costituzione. A 13 anni dall'adozione delle leggi costituzionali del 1999 e del 2001, l'attuale proposta non rappresenta una messa a punto del regionalismo, bensì la messa in discussione del regionalismo medesimo, come forma dello Stato italiano, e del sistema storico delle autonomie locali. La sua caratteristica principale, infatti, risiede nella volontà di rendere "fittizio" il ruolo delle Regioni. Quella che si vuole realizzare non è una semplificazione della forma di Stato e una fluidificazione dei rapporti tra il centro e i livelli di governo territoriali, bensì una trasformazione neo-centralista dello Stato in sintonia con la logica di questi ultimi anni in cui l'inefficienza degli apparati pubblici e, soprattutto il loro costo, è stata scaricata, con il contributo dei media, sulle Regioni e sulle Province. Ciò che risulterebbe necessaria, con riferimento al Titolo V, è «una riforma della riforma», e il nodo reale da cui partire è l'Amministrazione statale: senza riforma dello Stato, infatti, non è possibile comprendere la funzionalità del regionalismo e il ruolo degli enti locali.
Prime considerazioni sul disegno di legge costituzionale AS/1429 sulla modifica della seconda parte della Costituzione
Stelio Mangiameli
2014
Abstract
Tra i costituzionalisti è da tempo aperta una accesa e viva discussione sulle vicende del nostro regionalismo. Ciò ha portato a un diffuso senso di insoddisfazione sul recente disegno di legge costituzionale di revisione, AS/1429, della seconda parte della Costituzione. A 13 anni dall'adozione delle leggi costituzionali del 1999 e del 2001, l'attuale proposta non rappresenta una messa a punto del regionalismo, bensì la messa in discussione del regionalismo medesimo, come forma dello Stato italiano, e del sistema storico delle autonomie locali. La sua caratteristica principale, infatti, risiede nella volontà di rendere "fittizio" il ruolo delle Regioni. Quella che si vuole realizzare non è una semplificazione della forma di Stato e una fluidificazione dei rapporti tra il centro e i livelli di governo territoriali, bensì una trasformazione neo-centralista dello Stato in sintonia con la logica di questi ultimi anni in cui l'inefficienza degli apparati pubblici e, soprattutto il loro costo, è stata scaricata, con il contributo dei media, sulle Regioni e sulle Province. Ciò che risulterebbe necessaria, con riferimento al Titolo V, è «una riforma della riforma», e il nodo reale da cui partire è l'Amministrazione statale: senza riforma dello Stato, infatti, non è possibile comprendere la funzionalità del regionalismo e il ruolo degli enti locali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.