Negli anni '70 J. Davidovits sviluppò i geopolimeri come alternativa refrattaria alle matrici organiche nei materiali compositi [1,2]. Nei materiali compositi la carica funge da rinforzo quando dispersa all'interno della matrice assicura un buon grado di rigidezza e di resistenza meccanica, sopportando la maggior parte del carico esterno. A seconda del tipo e della forma della carica (o rinforzo), i materiali compositi si suddividono in: compositi particellari; compositi rinforzati con fibre; compositi strutturati (ad esempio pannelli a sandwich). È importante sottolineare che i geopolimeri, o meglio gli impasti geopolimerici, sono sempre compositi, a meno che non vengano utilizzati puri come precursori per composti vetroceramici [3, 4]. Infatti, quando un impasto costituito solamente dai reagenti del processo di geopolimerizzazione (cioè la polvere allumino silicatica reattiva e la soluzione alcalina) consolida è soggetto a perdita d'acqua per evaporazione e a un conseguente notevole ritiro dimensionale [2]. Questo genera la formazione e propagazione di cricche nella matrice geopolimerica. È pertanto necessario contrastare questo effetto aggiungendo all'impasto delle cariche minerali, generalmente inerti o scarsamente reattive in soluzione alcalina, come sabbia, quarzo, corindone, mullite, zircone ecc. Ne consegue che per materiali compositi a base geopolimerica si possono indicare due tipologie di prodotti: una matrice geopolimerica composita per produrre la quale si introducono le cariche nell'impasto; un materiale composito che prevede l'impregnazione di fibre lunghe e tessuti o l'annegamento di un rinforzo interno in un impasto geopolimerico, con tecniche del tutto analoghe a quelle utilizzate per le resine organiche e i loro relativi materiali compositi. La tecnologia dei geopolimeri permette la produzione di una vasta gamma di materiali compositi per applicazioni "high tech", che trovano già un impiego in diversi settori industriali, quali: ingegneria civile, trattamento dei rifiuti industriali, industria dell'automobile ed aerospaziale, fonderie, industrie plastiche[1,2]. La scelta della carica o del rinforzo di natura ceramica, metallica, plastica, sotto forma di polvere, grani, fibre corte o lunghe, tessuti, reti o intelaiature (alcuni esempi in Figura 6.1 [2,5,6]), permette di ottimizzare le specifiche proprietà fisiche o meccaniche dei materiali, in funzione delle applicazioni a cui sono destinati.
CAPITOLO 6 MATERIALI COMPOSITI A BASE GEOPOLIMERICA
Valentina Medri
2014
Abstract
Negli anni '70 J. Davidovits sviluppò i geopolimeri come alternativa refrattaria alle matrici organiche nei materiali compositi [1,2]. Nei materiali compositi la carica funge da rinforzo quando dispersa all'interno della matrice assicura un buon grado di rigidezza e di resistenza meccanica, sopportando la maggior parte del carico esterno. A seconda del tipo e della forma della carica (o rinforzo), i materiali compositi si suddividono in: compositi particellari; compositi rinforzati con fibre; compositi strutturati (ad esempio pannelli a sandwich). È importante sottolineare che i geopolimeri, o meglio gli impasti geopolimerici, sono sempre compositi, a meno che non vengano utilizzati puri come precursori per composti vetroceramici [3, 4]. Infatti, quando un impasto costituito solamente dai reagenti del processo di geopolimerizzazione (cioè la polvere allumino silicatica reattiva e la soluzione alcalina) consolida è soggetto a perdita d'acqua per evaporazione e a un conseguente notevole ritiro dimensionale [2]. Questo genera la formazione e propagazione di cricche nella matrice geopolimerica. È pertanto necessario contrastare questo effetto aggiungendo all'impasto delle cariche minerali, generalmente inerti o scarsamente reattive in soluzione alcalina, come sabbia, quarzo, corindone, mullite, zircone ecc. Ne consegue che per materiali compositi a base geopolimerica si possono indicare due tipologie di prodotti: una matrice geopolimerica composita per produrre la quale si introducono le cariche nell'impasto; un materiale composito che prevede l'impregnazione di fibre lunghe e tessuti o l'annegamento di un rinforzo interno in un impasto geopolimerico, con tecniche del tutto analoghe a quelle utilizzate per le resine organiche e i loro relativi materiali compositi. La tecnologia dei geopolimeri permette la produzione di una vasta gamma di materiali compositi per applicazioni "high tech", che trovano già un impiego in diversi settori industriali, quali: ingegneria civile, trattamento dei rifiuti industriali, industria dell'automobile ed aerospaziale, fonderie, industrie plastiche[1,2]. La scelta della carica o del rinforzo di natura ceramica, metallica, plastica, sotto forma di polvere, grani, fibre corte o lunghe, tessuti, reti o intelaiature (alcuni esempi in Figura 6.1 [2,5,6]), permette di ottimizzare le specifiche proprietà fisiche o meccaniche dei materiali, in funzione delle applicazioni a cui sono destinati.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


