Queste riflessioni sono dedicate all'analisi dei fenomeni migratori, delle politiche che sono state poste in essere per gestirli e degli effetti che essi hanno avuto sul sistema di welfare italiano nel corso del primo decennio del nuovo millennio. Il riferimento a questo arco temporale deriva dall'assunto, ampiamente condiviso da studiosi, decisori politici e osservatori, e probabilmente percepito anche dall'opinione pubblica, che in tale periodo le dinamiche migratorie abbiano manifestato caratteri nuovi e diversi rispetto al passato, e che ciò abbia in qualche modo eroso l'affidabilità (sul piano politico, su quello economico e su quello sociale) dei tradizionali approcci in base ai quali la questione immigrazione era stata precedentemente affrontata. Dall'assunto, cioè, che si sia verificata una discontinuità significativa nel processo di costruzione di senso (sensemaking) per mezzo del quale i fenomeni migratori erano stati inscritti nel modello sociale occidentale, assegnando loro un significato ed un ruolo entrambi compatibili con la stabilità di tale modello e del sistema di relazioni sociali che lo caratterizzano. Proprio questa discontinuità, tuttavia, come ci ricorda Weick , pone alcuni problemi rilevanti. Il processo di sensemaking assomiglia molto a quello attraverso il quale i cartografi disegnano una mappa: il risultato dipende da ciò che si sceglie di osservare, da come lo si osserva, da ciò che si intende rappresentare e da quali strumenti si utilizzano. La conseguenza è che non esiste, per un dato territorio, una mappa migliore in assoluto di qualsiasi altra: ne esistono invece molte, ma l'importante è che esse siano in grado di convertire un insieme complesso di esperienze in una rappresentazione intelligibile (ciò che appunto è il risultato del processo di sensemaking sul piano sociale). La discontinuità, quando interviene, rende palese l'inadeguatezza della mappa che avevamo costruito, e ci obbliga a riprendere il nostro esercizio di lettura del mondo. Riadeguando le nostre rappresentazioni (le nostre mappe), così come gli itinerari che sulla base di esse avevamo definito. Qualcosa di simile è accaduto a proposito del problema dell'immigrazione nel mondo occidentale, e segnatamente in Europa (e in Italia), nel corso del decennio appena trascorso: alla fine del quale, secondo i dati Eurostat , la popolazione straniera residente nell'insieme degli Stati membri dell'Unione Europea è arrivata al 6,5% del totale, e quella nata all'estero al 9,4%. Per Paesi come l'Italia, la Spagna o l'Irlanda, in ragione dell'incremento dei flussi migratori in ingresso, è stata coniata l'espressione nuovi Paesi di immigrazione. Nel medesimo periodo, gli effetti a medio termine di altri avvenimenti hanno contribuito a ridisegnare i confini europei e, con essi, le opportunità e la qualità della mobilità territoriale. Occorre quindi, per riprendere l'immagine evocata da Weick, ridisegnare le nostre mappe concettuali nei confronti dell'immigrazione. Il che rinvia immediatamente alla sfera delle politiche, quelle per l'immigrazione e quelle per gli immigrati (in larga parte ricadenti nella sfera delle politiche di welfare) che di quelle mappe concettuali sono spesso interpreti e che al tempo stesso contribuiscono ad orientare.

Introduzione

Giuseppe Ponzini
2012

Abstract

Queste riflessioni sono dedicate all'analisi dei fenomeni migratori, delle politiche che sono state poste in essere per gestirli e degli effetti che essi hanno avuto sul sistema di welfare italiano nel corso del primo decennio del nuovo millennio. Il riferimento a questo arco temporale deriva dall'assunto, ampiamente condiviso da studiosi, decisori politici e osservatori, e probabilmente percepito anche dall'opinione pubblica, che in tale periodo le dinamiche migratorie abbiano manifestato caratteri nuovi e diversi rispetto al passato, e che ciò abbia in qualche modo eroso l'affidabilità (sul piano politico, su quello economico e su quello sociale) dei tradizionali approcci in base ai quali la questione immigrazione era stata precedentemente affrontata. Dall'assunto, cioè, che si sia verificata una discontinuità significativa nel processo di costruzione di senso (sensemaking) per mezzo del quale i fenomeni migratori erano stati inscritti nel modello sociale occidentale, assegnando loro un significato ed un ruolo entrambi compatibili con la stabilità di tale modello e del sistema di relazioni sociali che lo caratterizzano. Proprio questa discontinuità, tuttavia, come ci ricorda Weick , pone alcuni problemi rilevanti. Il processo di sensemaking assomiglia molto a quello attraverso il quale i cartografi disegnano una mappa: il risultato dipende da ciò che si sceglie di osservare, da come lo si osserva, da ciò che si intende rappresentare e da quali strumenti si utilizzano. La conseguenza è che non esiste, per un dato territorio, una mappa migliore in assoluto di qualsiasi altra: ne esistono invece molte, ma l'importante è che esse siano in grado di convertire un insieme complesso di esperienze in una rappresentazione intelligibile (ciò che appunto è il risultato del processo di sensemaking sul piano sociale). La discontinuità, quando interviene, rende palese l'inadeguatezza della mappa che avevamo costruito, e ci obbliga a riprendere il nostro esercizio di lettura del mondo. Riadeguando le nostre rappresentazioni (le nostre mappe), così come gli itinerari che sulla base di esse avevamo definito. Qualcosa di simile è accaduto a proposito del problema dell'immigrazione nel mondo occidentale, e segnatamente in Europa (e in Italia), nel corso del decennio appena trascorso: alla fine del quale, secondo i dati Eurostat , la popolazione straniera residente nell'insieme degli Stati membri dell'Unione Europea è arrivata al 6,5% del totale, e quella nata all'estero al 9,4%. Per Paesi come l'Italia, la Spagna o l'Irlanda, in ragione dell'incremento dei flussi migratori in ingresso, è stata coniata l'espressione nuovi Paesi di immigrazione. Nel medesimo periodo, gli effetti a medio termine di altri avvenimenti hanno contribuito a ridisegnare i confini europei e, con essi, le opportunità e la qualità della mobilità territoriale. Occorre quindi, per riprendere l'immagine evocata da Weick, ridisegnare le nostre mappe concettuali nei confronti dell'immigrazione. Il che rinvia immediatamente alla sfera delle politiche, quelle per l'immigrazione e quelle per gli immigrati (in larga parte ricadenti nella sfera delle politiche di welfare) che di quelle mappe concettuali sono spesso interpreti e che al tempo stesso contribuiscono ad orientare.
2012
978-88-207-5668-0
Immigrazione
Stato sociale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/296287
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