Nel saggio si sostiene che le Regioni, nel nostro ordinamento costituzionale, non sono delle mere circoscrizioni amministrative ma la tangibile espressione dell'identità collettiva, riconosciuta (art. 2 e 5 Cost.) e tutelata (art. 132 Cost.), delle comunità che abitano i rispettivi territori. Ci si interroga, conseguentemente, sui motivi per i quali le regioni-istituzioni abbiano dimostrato così scarsa attenzione alle caratteristiche storico-culturali che connotano le rispettive comunità di riferimento. Si argomenta, dunque, che l'identità culturale delle regioni non è né debole né artificiale e che non esiste un'unica e indifferenziata identità nazionale. Appare debole, piuttosto, l'interesse della politica nei confronti della loro identità storico-culturale. La riforma regionale, a partire dal 1968, ha avuto, infatti, motivazioni essenzialmente politiche e ha consentito al sistema dei partiti nazionali, che già gestiva il potere negli apparati centrali di governo, di diffondere questo potere in periferia o mediante l'assunzione diretta da parte di personale politico di funzioni precedentemente svolte da amministratori pubblici di carriera (i prefetti in primo luogo) o mediante il rafforzamento del monopolio dei partiti sul reclutamento della classe dirigente. La cultura politica che ha creato questo nuovo ceto di politici e amministratori regionali non è stata fin qui una cultura autenticamente autonomista e ha utilizzato le regioni come meri terminali periferici di spesa, scarsamente responsabilizzati sul piano politico e amministrativo, nonché per la sistemazione e la carriera del personale politico.

Dell'identita culturale delle regioni italiane

Ferrara Antonio
2013

Abstract

Nel saggio si sostiene che le Regioni, nel nostro ordinamento costituzionale, non sono delle mere circoscrizioni amministrative ma la tangibile espressione dell'identità collettiva, riconosciuta (art. 2 e 5 Cost.) e tutelata (art. 132 Cost.), delle comunità che abitano i rispettivi territori. Ci si interroga, conseguentemente, sui motivi per i quali le regioni-istituzioni abbiano dimostrato così scarsa attenzione alle caratteristiche storico-culturali che connotano le rispettive comunità di riferimento. Si argomenta, dunque, che l'identità culturale delle regioni non è né debole né artificiale e che non esiste un'unica e indifferenziata identità nazionale. Appare debole, piuttosto, l'interesse della politica nei confronti della loro identità storico-culturale. La riforma regionale, a partire dal 1968, ha avuto, infatti, motivazioni essenzialmente politiche e ha consentito al sistema dei partiti nazionali, che già gestiva il potere negli apparati centrali di governo, di diffondere questo potere in periferia o mediante l'assunzione diretta da parte di personale politico di funzioni precedentemente svolte da amministratori pubblici di carriera (i prefetti in primo luogo) o mediante il rafforzamento del monopolio dei partiti sul reclutamento della classe dirigente. La cultura politica che ha creato questo nuovo ceto di politici e amministratori regionali non è stata fin qui una cultura autenticamente autonomista e ha utilizzato le regioni come meri terminali periferici di spesa, scarsamente responsabilizzati sul piano politico e amministrativo, nonché per la sistemazione e la carriera del personale politico.
2013
Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie - ISSIRFA
978-88-96421-96-3
regionalismo - federalismo - identita culturale - autonomia politica
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/312792
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