Formalisme et nihilisme en Italie entre le XIXe et XXe siècle. Une nouvelle lecture de Natalino Irti, in Historia et ius. Rivista di storia giuridica dell'età medievale e moderna, 8 (2015)

Between the end of the 20th century and the beginning of the 21st, Natalino Irti focused his studies on legal formalism also under general theory of law standpoint. Moving from a traditional definition he considered the legal formalism a complex legal technique established in the economic system and independent from the State and the legislator. These are the reasons why it is necessary to reflect on the theoretical structures developed by Natalino Irti and that lead law historians to understand the reason for a need of a new definition of "legal formalism" and the extent to which it should be far from the previous one. Therefore this research analyses the Italian legal thought which, between the end of the 19th and the 20th century on the basis of German scholars, used the formalism to strengthen the idea of State. Then the State of Law results from the liberal culture where the strict application of the laws justifies their nature in the State and formally ensures the freedom of individuals as subordinated citizens of the State. The formalism results in the legalism principle i.e. the fact that law provisions only originate from law and both citizens and public administration are subject to it. In the theoretical conception of the State of law the formalism consists of an elaboration of technical criteria of law. Due to Carl Schmitt (1888-1985) this idea of formalism was then replaced by a formalism based on the justification of authoritarian and decisionist regimes. On the one hand, this new perspective seems to recover the relationship between State and society, that was neglected under Kelsen's normativism which is based on the mere formalism of the rule, while on the other hand it expresses the need for a legal system and State to be the same.

Il lavoro su Formalisme et nihilisme en Italie entre le XIXe et XXe siècle, in Historia et ius. Rivista di storia giuridica dell'età medievale e moderna, 8 (2015); ISSN 2279-7416 si sofferma sulla scienza giuridica italiana dei secoli XIX e XX e dimostra come il formalismo giuridico sia legato all'idea di Stato tanto nella sua dimensione liberale tanto nella sua dimensione totalitaria o pseudo-totalitaria. Si vuole dunque preliminarmente analizzare il pensiero giuridico italiano che, tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, sulla base dell'insegnamento tedesco di Carl Friedrich Gerber, Paul Laband e Georg Jellinek, ha fatto ricorso al formalismo per render ancor più salda l'idea di Stato, di quello Stato di diritto prodotto della cultura liberale ove la rigida applicazione delle norme promulgate dal legislatore giustifica la loro natura nello Stato e garantisce formalmente le libertà dell'individuo solo in quanto cittadino subordinato allo Stato. Il formalismo si manifesta così nel principio di legalità ovvero nel fatto che il diritto ha nella legge la sua unica fonte e tanto i cittadini quanto l'apparato burocratico dello Stato sono sottoposti alla legge. Nella delineazione teorica dello Stato di diritto il formalismo si concretizza così nella elaborazione di criteri tecnici della norma, sulla base di una sempre più radicata consapevolezza del diritto come norma tecnica e sulla base di un interessamento da parte della scienza giuridica italiana di fine Ottocento in merito al carattere formale della filosofia giuridica di Kant. A tali teorie si è presto sostituito un formalismo che ha trovato come proprio punto di riferimento la giustificazione della dimensione autoritaria e decisionistica dello Stato. Tale nuova riflessione, di cui fu autore Carl Schmitt (1888-1985), se da un lato sembra voler recuperare il rapporto tra Stato e società abbandonato dal normativismo kelseniano fondato sul mero formalismo della norma giuridica, dall'altro lato, con evidenti tratti di incoerenza, afferma la necessità di far coincidere ordinamento giuridico e Stato. La concettualizzazione dello Stato, realizzata nel corso del ventennio fascista, va oltre l'idea di Stato di diritto propria dell'Ottocento liberale e giustifica tutti quei provvedimenti adottati senza alcuna partecipazione dei cittadini: si tratta di provvedimenti emanati da soggetti che, svincolati da qualsivoglia principio di formalità, si avvalgono di pubblica autorità. Il formalismo della norma che si era consolidato in un tecnicismo finalizzato a giustificare lo Stato di diritto e la tutela delle libertà degli individui nelle prospettive dell'ideologia liberale si trasforma in un tecnicismo volto a sanare l'autoritarismo. Tuttavia tali orientamenti dottrinali non furono immuni da critiche fin dagli anni del regime fascista. Infatti, alcuni lineamenti teorici della cultura liberale riemersero, seppur timidamente e con significati diversi rispetto alla cultura ottocentesca, nel pensiero giuridico italiano a partire dagli anni Trenta del Novecento. È in questo contesto che si è giunti a sottolineare la necessità di un recupero del rapporto tra diritto e politica, un rapporto in nome del quale si auspicava una più ampia partecipazione popolare nell'indirizzo politico del governo. Il recupero di tale rapporto tra diritto e politica ha messo indubbiamente in crisi il metodo giuridico legato al formalismo della norma rilevante solo in quanto imposta da un'autorità dello Stato e questo perché la scienza giuridica che opera in tal senso non si interroga più semplicemente sull'esistenza della norma ma sul principio di effettività ovvero su quanto la norma incida concretamente nella gestione dei rapporti sociali, politici e economici dei cittadini. Ma questa riflessione che si muove nell'alveo della giuspubblicistica italiana di fine regime non porrà fine ai caratteri del formalismo giuridico in quanto essa apparirà sia legata all'impostazione del normativismo kelseniano sia immatura a rendere in una dimensione concreta il principio dell'effettività. Infatti, nel panorama della cultura giuridica italiana degli anni successivi alla caduta del regime fascista si affacciano, benché non sempre metabolizzati e fatti propri, i tratti forse più emblematici del formalismo normativistico di Kelsen. In vero questa costruzione teorica in Italia subirà notevoli critiche e ripensamenti anche in ragione della sensibilità, ancora una volta, verso l'idea di Stato. Il lavoro è stato sottoposto alla procedura di Peer Review.