L'assistenza fornita dagli operatori umanitari e l'incontro con il personale di questura sono le prime situazioni in cui i migranti si confrontano con la società italiana, sperimentando forme di accoglienza o esclusione. In queste circostanze, le politiche e le pratiche di gestione dei fenomeni migratori assumono un ruolo centrale nel definire categorie dai confini distinti che sono elaborate per garantire la riconoscibilità e identificazione degli stranieri, e in particolare, dei migranti forzati. Volgendo lo sguardo alle quotidiane esperienze dei migranti e alle rappresentazioni e categorie ad essi attribuite, se da un lato emerge la fragilità di quest'ultime nel descrivere la condizione sociale e giuridica vissuta dai migranti, dall'altro assumono un peso sostanziale mostrando il ruolo che le istituzioni locali, nazionali o internazionali posso avere nel delimitare i confini d'azione dell'individuo. Marchetti ci ricorda che l'etichettamento è un processo che, producendo disaggregazione e standardizzazione delle categorie, promuove una stereotipizzazione dell'individuo che, nel riconoscere il diritto alla protezione legittima al tempo stesso azioni di controllo (2008: 124-125). Prendendo le mosse dall'esperienza di referente e operatore sociale condotta a Bolzano all'interno del Centro di Emergenza Freddo e poi in un Centro di Seconda Accoglienza per Richiedenti Asilo, l'obiettivo di questo contributo è mettere in luce come l'attribuzione di categorie si traduca nella concreta definizione del perimetro e dei confini di accesso tanto al sistema d'accoglienza e quanto alle forme di assistenza socio-sanitaria cui hanno diritto i richiedenti asilo. Tra l'estate del 2015 e l'inverno del 2016, la popolazione autoctona della provincia di Bolzano ha assistito all'arrivo sul territorio altoatesino di oltre 400 migranti, soprattutto ragazzi di nazionalità afghana e pakistana, per lo più giovani ventenni privi di documenti d'identificazione. Al numero di queste persone, giunte autonomamente in Alto Adige attraversando la frontiera austriaca, si sono aggiunti sia quei richiedenti asilo che, pur assegnati ad altre regioni, si sono mossi verso il Brennero per cercare di passare il confine, sia coloro che sulla base degli accordi di Dublino, sono stati rimandati dai paesi del nord Europa in Italia dove risultano registrati per la prima volta. In breve tempo, i cosiddetti "profughi fuori quota", ossia quelli che non rientrano nelle quote ministeriali stabilite dallo Stato per Bolzano (i migranti sbarcati in Sicilia), hanno incominciato ad affollare la stazione, le strade e il principale parco del capoluogo, innescando un cortocircuito tra Stato e la Provincia autonoma sulle responsabilità della loro accoglienza. Per più di un anno sono rimasti in attesa di essere presi effettivamente in carico. Partendo dalle esperienze di vita a Bolzano di questi ragazzi, incontrati quotidianamente per strada e durante la mia attività nei due centri di Accoglienza, si esaminano le categorizzazioni e le rappresentazioni cui sono stati soggetti, i significati ad essi attribuiti e le concrete possibilità o costrizioni emerse nel transitare, senza alcuna partecipazione diretta, da uno status sociale e giuridico ad un altro. L'analisi delle variazioni di status che nell'esperienza dei ragazzi fuoriquota si avvicendano quasi parallelamente con gli spostamenti fisici da un rifugio sotto il ponte al centro di accoglienza, fa luce sul loro rapporto con i servizi e permette di cogliere la circolarità delle loro traiettorie biografiche. I servizi a disposizione appaiono relegare questi ragazzi all'interno di un circuito che, simile alla ricorsività della scala di Penrose, perpetua la loro marginalità sociale riportandoli, in molti casi, al punto di partenza. Come si desidera illustrare, l'essere "irregolare", "profugo fuori-quota", "senza-fissa dimora", "richiedente asilo" o "rifugiato" diventano etichette funzionali a un sistema di governance delle migrazioni. Queste categorizzazioni non soffocano, tuttavia la possibilità che le strategie o le "politiche agite" possano diventare anche quelle messe in atto dagli stessi "profughi fuori quota".

Circular trajectories and shifting categories. Notes from the experience of the so-called "profughi fuori-quota" (out-of-quota refugees) in South-Tyrol (Italy).

degli Uberti Stefano
2017

Abstract

L'assistenza fornita dagli operatori umanitari e l'incontro con il personale di questura sono le prime situazioni in cui i migranti si confrontano con la società italiana, sperimentando forme di accoglienza o esclusione. In queste circostanze, le politiche e le pratiche di gestione dei fenomeni migratori assumono un ruolo centrale nel definire categorie dai confini distinti che sono elaborate per garantire la riconoscibilità e identificazione degli stranieri, e in particolare, dei migranti forzati. Volgendo lo sguardo alle quotidiane esperienze dei migranti e alle rappresentazioni e categorie ad essi attribuite, se da un lato emerge la fragilità di quest'ultime nel descrivere la condizione sociale e giuridica vissuta dai migranti, dall'altro assumono un peso sostanziale mostrando il ruolo che le istituzioni locali, nazionali o internazionali posso avere nel delimitare i confini d'azione dell'individuo. Marchetti ci ricorda che l'etichettamento è un processo che, producendo disaggregazione e standardizzazione delle categorie, promuove una stereotipizzazione dell'individuo che, nel riconoscere il diritto alla protezione legittima al tempo stesso azioni di controllo (2008: 124-125). Prendendo le mosse dall'esperienza di referente e operatore sociale condotta a Bolzano all'interno del Centro di Emergenza Freddo e poi in un Centro di Seconda Accoglienza per Richiedenti Asilo, l'obiettivo di questo contributo è mettere in luce come l'attribuzione di categorie si traduca nella concreta definizione del perimetro e dei confini di accesso tanto al sistema d'accoglienza e quanto alle forme di assistenza socio-sanitaria cui hanno diritto i richiedenti asilo. Tra l'estate del 2015 e l'inverno del 2016, la popolazione autoctona della provincia di Bolzano ha assistito all'arrivo sul territorio altoatesino di oltre 400 migranti, soprattutto ragazzi di nazionalità afghana e pakistana, per lo più giovani ventenni privi di documenti d'identificazione. Al numero di queste persone, giunte autonomamente in Alto Adige attraversando la frontiera austriaca, si sono aggiunti sia quei richiedenti asilo che, pur assegnati ad altre regioni, si sono mossi verso il Brennero per cercare di passare il confine, sia coloro che sulla base degli accordi di Dublino, sono stati rimandati dai paesi del nord Europa in Italia dove risultano registrati per la prima volta. In breve tempo, i cosiddetti "profughi fuori quota", ossia quelli che non rientrano nelle quote ministeriali stabilite dallo Stato per Bolzano (i migranti sbarcati in Sicilia), hanno incominciato ad affollare la stazione, le strade e il principale parco del capoluogo, innescando un cortocircuito tra Stato e la Provincia autonoma sulle responsabilità della loro accoglienza. Per più di un anno sono rimasti in attesa di essere presi effettivamente in carico. Partendo dalle esperienze di vita a Bolzano di questi ragazzi, incontrati quotidianamente per strada e durante la mia attività nei due centri di Accoglienza, si esaminano le categorizzazioni e le rappresentazioni cui sono stati soggetti, i significati ad essi attribuiti e le concrete possibilità o costrizioni emerse nel transitare, senza alcuna partecipazione diretta, da uno status sociale e giuridico ad un altro. L'analisi delle variazioni di status che nell'esperienza dei ragazzi fuoriquota si avvicendano quasi parallelamente con gli spostamenti fisici da un rifugio sotto il ponte al centro di accoglienza, fa luce sul loro rapporto con i servizi e permette di cogliere la circolarità delle loro traiettorie biografiche. I servizi a disposizione appaiono relegare questi ragazzi all'interno di un circuito che, simile alla ricorsività della scala di Penrose, perpetua la loro marginalità sociale riportandoli, in molti casi, al punto di partenza. Come si desidera illustrare, l'essere "irregolare", "profugo fuori-quota", "senza-fissa dimora", "richiedente asilo" o "rifugiato" diventano etichette funzionali a un sistema di governance delle migrazioni. Queste categorizzazioni non soffocano, tuttavia la possibilità che le strategie o le "politiche agite" possano diventare anche quelle messe in atto dagli stessi "profughi fuori quota".
2017
Richiedenti asilo
sistema di Accoglienza
Alto Adige
Migrazioni forzate
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Descrizione: Circular trajectories and shifting categories. Notes from the experience of the so-called "profughi fuori-quota" in South-Tyrol.
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