L'evoluzione della forma del paesaggio costiero dell'area occidentale della città di Napoli può essere analizzata utilizzando la cartografia storica come strumento di lettura della topografia di ieri per confrontarla con quella di oggi e delineare così il profilo dell'antropizzazione che ha modificato il litorale flegreo nell'arco di due secoli. In particolar modo nella Cartografia del Regno di Napoli realizzata dagli Ingegneri Topografi dal 1817 al 1823, possiamo ben osservare la topografia della piana di Fuorigrotta che presenta una verde campagna separata dal mare da un litorale punteggiato di sorgenti idro-termali. Nella mappa pre-unitaria è ben rappresentata la strada che in un lungo rettilineo ha dato inizio all'inglobamento della costa flegrea nell'area cittadina, prolungando così la linea di sviluppo urbanistico verso occidente. L'area di Bagnoli assunse quindi e assume ancora oggi il carattere di ingresso ai Campi Flegrei; nella cartografia ottocentesca si osserva il poligono di tiro e il sabbioso litorale dove compaiono le fabbriche di prodotti chimici e le vetrerie LeFevre i cui padiglioni oggi ospitano Città della Scienza e sono stati restaurati dopo l'incendio che nel 2013 ha distrutto le strutture del polo scientifico. Nella cartografia degli Ingegneri Topografi non si ha traccia dell'insediamento abitativo la cui costruzione ha inizio solo alla fine del 1800 ad opera del Marchese Candido Giusso che intendeva rendere l'area di Bagnoli una zona residenziale adatta alla villeggiatura essendo situata su di un bellissimo litorale articolato dalla spiaggia di Coroglio e da quella di La Pietra. Il Marchese Giusso affidò il disegno dell'impianto urbano di Bagnoli all'architetto inglese Lamont Young; il progetto prevedeva per l'insediamento la costruzione di villette con annesso giardino e distanti almeno 30 metri dalla strada . Quando tra il 1883 e il 1888 Lamont Young espose i disegni del suo futuristico progetto per il quartiere di Bagnoli, non si poteva immaginare come l'utopia dell'architetto anglo-napoletano sarebbe stata ribaltata da una realtà dettata da interessi speculativi che hanno decretato la distruzione ambientale di uno dei luoghi tra i più suggestivi della città partenopea. Nella cartografia ottocentesca si osserva come nonostante sulla spiaggia sorgessero l'opificio chimico Lefevre e la vetreria Melchiorre - Bournique la bellezza dei luoghi era incontaminata. Ad esclusione del rione Bagnoli-Agnano, l'insediamento urbano si sviluppò sull'antico borgo di pescatori, espandendosi solo in minima parte nella zona di Coroglio. Ma nonostante stabilimenti balneari e impianti termali facessero di quest'area un sito di villeggiatura posto a poca distanza dal centro cittadino nel 1905 inizia la costruzione dell'Ilva che segnerà la conversione del quartiere da turistico residenziale a polo industriale fino agli anni '90, quando l'impianto industriale comincia a chiudere. Ma oggi il litorale racconta una storia molto lontana da quella fatta di salubrità dei luoghi, oggi l'arenile e il fondale contano una quantità di inquinanti che fanno male gravemente alla salute dei cittadini. Una realtà urbana ben diversa da quella sognata da Lamont Young; in attesa di capire cosa succederà non ci resta che ripercorrere il passato augurandoci che possa essere d'ispirazione per progetti di rigenerazione urbana che possano porre rimedio allo scempio perpetuato. Oggi non si distinguono più gli elementi archeologici appartenuti alle numerose cave termali per la cura delle diverse affezioni del corpo rimaste attive fino agli ultimi mesi prima del colera del 1882 mentre sono visibili le acciaierie, elementi di archeologia industriale, testimoni del grande polo siderurgico chiuso definitivamente nel 1993. L'Italsider ha rappresentato uno dei maggiori problemi di Bagnoli, poiché causa di inquinamento; nel 1996 è stata approvata la variante di salvaguardia allo scopo di recuperare il valore ambientale e realistico dell' ex area industriale; purtoppo la bonifica viene resa problematica a causa della fragilità e instabilità dei suoli e dai fondali pieni di rifiuti inquinanti. Per realizzare il recupero ambientale del sistema dei suoli della piana di Bagnoli, formato da depositi alluvio-colluviali a buona disponibilità di ossigeno e dai depositi di colmata antropica composta dalle scorie di acciaierie soggetti quindi a sorgenti di inquinamento non solo di origine antropica ma anche di origine naturale legata all'attività vulcanica dei Campi Flegrei, potrebbe essere utilizzato il biorimedio fitoassistito, tecnologie di bonifica in situ che utilizza specie vegetali arboree ed erbacee; le piante operano attraverso due distinti meccanismi: da un lato estraggono dal suolo i metalli pesanti e li accumulano nelle radici e nelle foglie (fitoestrazione) e dall'altro, sfruttando la sinergia tra i vegetali e i microrganismi presenti intorno e all'interno delle loro radici promuovono la biodegradazione dei contaminanti organici (fitorizodegradazione). Il risultato finale è un recupero ambientale efficiente, sostenibile e a costi ridotti rispetto alle convenzionali tecniche chimico-fisiche. In questo modo si avrebbe non solo il recupero ambientale di Bagnoli ma anche la rigenerazione del paesaggio con risorse naturalistiche restituendo all'area occidentale della città di Napoli il suo naturale rapporto con la natura e con il mare.
Napoli e il paesaggio costiero: il recupero ambientale di Bagnoli e la rigenerazione del litorale flegreo
Cirillo Clelia;Bertoli Barbara;Russo Marina;Acampora Giovanna
2017
Abstract
L'evoluzione della forma del paesaggio costiero dell'area occidentale della città di Napoli può essere analizzata utilizzando la cartografia storica come strumento di lettura della topografia di ieri per confrontarla con quella di oggi e delineare così il profilo dell'antropizzazione che ha modificato il litorale flegreo nell'arco di due secoli. In particolar modo nella Cartografia del Regno di Napoli realizzata dagli Ingegneri Topografi dal 1817 al 1823, possiamo ben osservare la topografia della piana di Fuorigrotta che presenta una verde campagna separata dal mare da un litorale punteggiato di sorgenti idro-termali. Nella mappa pre-unitaria è ben rappresentata la strada che in un lungo rettilineo ha dato inizio all'inglobamento della costa flegrea nell'area cittadina, prolungando così la linea di sviluppo urbanistico verso occidente. L'area di Bagnoli assunse quindi e assume ancora oggi il carattere di ingresso ai Campi Flegrei; nella cartografia ottocentesca si osserva il poligono di tiro e il sabbioso litorale dove compaiono le fabbriche di prodotti chimici e le vetrerie LeFevre i cui padiglioni oggi ospitano Città della Scienza e sono stati restaurati dopo l'incendio che nel 2013 ha distrutto le strutture del polo scientifico. Nella cartografia degli Ingegneri Topografi non si ha traccia dell'insediamento abitativo la cui costruzione ha inizio solo alla fine del 1800 ad opera del Marchese Candido Giusso che intendeva rendere l'area di Bagnoli una zona residenziale adatta alla villeggiatura essendo situata su di un bellissimo litorale articolato dalla spiaggia di Coroglio e da quella di La Pietra. Il Marchese Giusso affidò il disegno dell'impianto urbano di Bagnoli all'architetto inglese Lamont Young; il progetto prevedeva per l'insediamento la costruzione di villette con annesso giardino e distanti almeno 30 metri dalla strada . Quando tra il 1883 e il 1888 Lamont Young espose i disegni del suo futuristico progetto per il quartiere di Bagnoli, non si poteva immaginare come l'utopia dell'architetto anglo-napoletano sarebbe stata ribaltata da una realtà dettata da interessi speculativi che hanno decretato la distruzione ambientale di uno dei luoghi tra i più suggestivi della città partenopea. Nella cartografia ottocentesca si osserva come nonostante sulla spiaggia sorgessero l'opificio chimico Lefevre e la vetreria Melchiorre - Bournique la bellezza dei luoghi era incontaminata. Ad esclusione del rione Bagnoli-Agnano, l'insediamento urbano si sviluppò sull'antico borgo di pescatori, espandendosi solo in minima parte nella zona di Coroglio. Ma nonostante stabilimenti balneari e impianti termali facessero di quest'area un sito di villeggiatura posto a poca distanza dal centro cittadino nel 1905 inizia la costruzione dell'Ilva che segnerà la conversione del quartiere da turistico residenziale a polo industriale fino agli anni '90, quando l'impianto industriale comincia a chiudere. Ma oggi il litorale racconta una storia molto lontana da quella fatta di salubrità dei luoghi, oggi l'arenile e il fondale contano una quantità di inquinanti che fanno male gravemente alla salute dei cittadini. Una realtà urbana ben diversa da quella sognata da Lamont Young; in attesa di capire cosa succederà non ci resta che ripercorrere il passato augurandoci che possa essere d'ispirazione per progetti di rigenerazione urbana che possano porre rimedio allo scempio perpetuato. Oggi non si distinguono più gli elementi archeologici appartenuti alle numerose cave termali per la cura delle diverse affezioni del corpo rimaste attive fino agli ultimi mesi prima del colera del 1882 mentre sono visibili le acciaierie, elementi di archeologia industriale, testimoni del grande polo siderurgico chiuso definitivamente nel 1993. L'Italsider ha rappresentato uno dei maggiori problemi di Bagnoli, poiché causa di inquinamento; nel 1996 è stata approvata la variante di salvaguardia allo scopo di recuperare il valore ambientale e realistico dell' ex area industriale; purtoppo la bonifica viene resa problematica a causa della fragilità e instabilità dei suoli e dai fondali pieni di rifiuti inquinanti. Per realizzare il recupero ambientale del sistema dei suoli della piana di Bagnoli, formato da depositi alluvio-colluviali a buona disponibilità di ossigeno e dai depositi di colmata antropica composta dalle scorie di acciaierie soggetti quindi a sorgenti di inquinamento non solo di origine antropica ma anche di origine naturale legata all'attività vulcanica dei Campi Flegrei, potrebbe essere utilizzato il biorimedio fitoassistito, tecnologie di bonifica in situ che utilizza specie vegetali arboree ed erbacee; le piante operano attraverso due distinti meccanismi: da un lato estraggono dal suolo i metalli pesanti e li accumulano nelle radici e nelle foglie (fitoestrazione) e dall'altro, sfruttando la sinergia tra i vegetali e i microrganismi presenti intorno e all'interno delle loro radici promuovono la biodegradazione dei contaminanti organici (fitorizodegradazione). Il risultato finale è un recupero ambientale efficiente, sostenibile e a costi ridotti rispetto alle convenzionali tecniche chimico-fisiche. In questo modo si avrebbe non solo il recupero ambientale di Bagnoli ma anche la rigenerazione del paesaggio con risorse naturalistiche restituendo all'area occidentale della città di Napoli il suo naturale rapporto con la natura e con il mare.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


