Gli scarti di lana e canapa possono trovare applicazione in settori differenti tra cui la bioedilizia (progetto VeLiCa) e l' agricoltura biologica (progetto GreenWoolF). In Europa si contano circa 100 milioni di capi ovini la maggior parte dei quali distribuiti in sette Paesi: Regno Unito (25 %), Spagna (20 %), Romania (10 %), Grecia (10 %) , Italia (9%), Francia (9 %) e Irlanda (4 %). Lo scopo primario dell'allevamento ovino in Europa è la produzione di carne ed in misura minore di latte. Nell'ultimo decennio, la richiesta di carne ovina risulta essere in crescita, contrapponendosi con quella di lana. Tuttavia, la tosa annuale, che è necessaria per il benessere dell'animale, produce lana prevalentemente grossolana, che trova impiego solo in parte nel settore tessile tradizionale ed in settori tecnici alternativi quali ad esempio la produzione di feltri o pannelli isolanti. In Europa si producono più di 200.000 ton/anno di lana da tosa (18 - 20 sono prodotte in Italia) la cui gestione è un problema per il settore zootecnico europeo. La lana di scarto è in gran parte smaltita in discarica o illegalmente abbandonata nei pascoli, dove degrada lentamente. Di conseguenza lo stoccaggio, il trasporto e lo smaltimento della lana sucida rappresentano un costo che grava sull'utile degli allevatori in quanto gli scarti di lana sucida sono soggetti ai vincoli della normativa europea [1]. D'altro canto la coltivazione della canapa nel nord Italia ha radici lontane ed ha rappresentato per molto tempo una preziosa risorsa economica: fino agli anni Trenta l'Italia era seconda solo alla Russia nella produzione canapiera mentre era prima come qualità della fibra. Tra le aree italiane di produzione più significative c'erano Emilia Romagna, Veneto, Campania, Piemonte e Lombardia (in particolare le zone affacciate sull'Adda e sul Mincio). Il progetto VeLiCa [2] (acronimo di Vegetali Lino Canapa, finanziato dalla regione Lombardia) si propone di studiare la possibile reintroduzione di colture tradizionali sul territorio italiano ed in particolare in Lombardia quali la canapa ed il lino, rendendone nuovamente remunerativa la coltivazione attraverso l'uso razionale di tutti i bioprodotti ottenibili dalle varie parti della pianta. Il progetto ha permesso di sperimentare un modello di bioraffineria integrata sfruttando sia l'olio sia la fibra tecnica e i residui di tutte le trasformazioni di canapa e lino, offrendo un'ampia gamma di prodotti a diverso valore aggiunto. Nel progetto VeLiCa l'utilizzo della fibra di canapa è stato rivisto rispetto a quello più tradizionale: una maturazione della pianta tale da consentire una produzione soddisfacente in semi da olio, fornisce una fibra corta e di scarsa qualità per il suo proficuo utilizzo nell'industria tessile. D'altro canto, la fibra così ottenuta, detta fibra tecnica, può trovare interessanti sbocchi applicativi nella preparazione di materiali compositi con materie plastiche (poliolefine e poliesteri biodegradabili) e in bioedilizia nella preparazione di pannelli isolanti termici e acustici in mista con lana di scarto. La canapa tecnica è stata miscelata con lana lavata di scarto e trattata con idrossido di sodio diluito a caldo sfruttando il diverso comportamento in alcali di canapa e lana. Le fibre di canapa in alcali mercerizzano, cioè rigonfiano, migliorano l'idrofilia e le caratteristiche meccaniche e i fascetti di fibre si separano nelle singole fibre. Le fibre di lana d'altro canto si idrolizzano parzialmente dando una matrice proteica adesiva, in seguito alla formazione dell'amminoacido lantionina a partire dalla cistina. Dopo neutralizzazione e asciugatura in stufa in stampi delle miscele trattate lana-canapa si ottengono dei pannelli in cui le fibre di canapa mercerizzate sono incollate dalla matrice proteica derivante dal trattamento alcalino della lana. Il lavoro di ricerca ha portato alla brevettazione di nuovi materiali compositi costituiti da scarti di lana e canapa per la produzione di pannelli isolanti che possiedono ottime caratteristiche in termini di densità, spessore, porosità, proprietà meccaniche e conducibilità termica [3]. In particolare è possibile modulare tutte queste caratteristiche variando concentrazione di alcali, tempi di trattamento e percentuali lana-canapa. L'aspetto che risulta peculiare rispetto agli altri materiali noti a base di fibre consiste nella possibilità di preparare pannelli autoportanti senza l'aggiunta di resine, elemento non trascurabile per una loro applicazione in bioedilizia. Figura 1. Pannelli autoportanti lana-canapa Il progetto Life+GreenWoolF, finanziato dalla Commissione Europea (accordo LIFE12ENV/IT/000439), ha come scopo la realizzazione di un processo ecologico per trasformare la lana di scarto non lavata in fertilizzante organico ammesso in agricoltura biologica [4]. La lana sucida è stata idrolizzata utilizzando acqua surriscaldata (alla temperatura di 170°-180°C) prodotta da una caldaia. Il progetto ha previsto la progettazione, la costruzione ed il collaudo di un impianto dimostrativo di idrolisi trasportabile, con capacità di 20 kg che utilizza vapore saturo diretto ad alta temperatura e pressione e che consente un notevole risparmio energetico e di acqua. L'impianto di idrolisi converte la proteina della lana in composti più semplici e, controllando il processo, è possibile ottimizzare le caratteristiche qualitative del prodotto finale, come ad esempio la velocità di rilascio di sostanze nutritive per le piante. Le analisi chimiche eseguite sui prodotti ottenuti hanno mostrato un idrolizzato ricco di proteine a basso peso molecolare e amminoacidi, nutrienti primari e micronutrienti con una concentrazione di metalli pesanti al di sotto del limite standard. Inoltre, i lotti di prodotto utilizzati per test di germinazione su semi di crescione (Lepidium Sativum) hanno mostrato un indice di germinabilità dei semi superiore al 100%, senza fitotossicità collaterale. L'idrolizzato proteico in forma liquida è inoltre stato miscelato con la biomassa lignocellulosica rimanente dopo la produzione della fibra di canapa (canapulo) per ottenere un materiale fertilizzante avente la consistenza di un terriccio che è stato anche trasformato in pellets. Attualmente sono state disposte prove in campo con l'idrolizzato in forma liquida da testare come fertilizzante sulla patata e come biostimolante su vite e piccoli frutti. I risultati saranno confrontati con il raccolto ottenuto con il metodo di fertilizzazione convenzionale per la patata o in assenza di biostimolante per le altre colture. Inoltre, è stata condotta una valutazione preliminare dei costi di processo che comprende il costo dell'impianto e la gestione del prodotto ipotizzando di rientrare nelle spese di investimento in due anni. (a) (b) Figura 2. (a)Reattore di idrolisi (b) fertilizzante in pellets Bibliografia 1. Zoccola, M.; Montarsolo, A.; Mossotti, R.; Patrucco, A.; Tonin, C. Green hydrolysis an emerging technology to turn wool waste into organic nitrogen fertilizer. Waste and Biomass Valorization 6 (5), 891-897. 2. http://www.velica.org/ 3. Brevetto n° GE2012A000028, "Materiale composito di origine naturale e metodo per la sua fabbricazione", Titolare CNR, Inventori: Patrucco Alessia, Tonin Claudio, Ravasio Maria Nicoletta, Ramella Pollone Franco, Bianchetto Songia Michela. Data di deposito 07/03/2012. 4. http://www.life-greenwoolf.eu/

La valorizzazione degli scarti di Lana e Canapa

M Zoccola;R Mossotti;A Montarsolo;A Patrucco;M Simionati;S Gavignano;R Caringella;N Ravasio;C Tonin
2016

Abstract

Gli scarti di lana e canapa possono trovare applicazione in settori differenti tra cui la bioedilizia (progetto VeLiCa) e l' agricoltura biologica (progetto GreenWoolF). In Europa si contano circa 100 milioni di capi ovini la maggior parte dei quali distribuiti in sette Paesi: Regno Unito (25 %), Spagna (20 %), Romania (10 %), Grecia (10 %) , Italia (9%), Francia (9 %) e Irlanda (4 %). Lo scopo primario dell'allevamento ovino in Europa è la produzione di carne ed in misura minore di latte. Nell'ultimo decennio, la richiesta di carne ovina risulta essere in crescita, contrapponendosi con quella di lana. Tuttavia, la tosa annuale, che è necessaria per il benessere dell'animale, produce lana prevalentemente grossolana, che trova impiego solo in parte nel settore tessile tradizionale ed in settori tecnici alternativi quali ad esempio la produzione di feltri o pannelli isolanti. In Europa si producono più di 200.000 ton/anno di lana da tosa (18 - 20 sono prodotte in Italia) la cui gestione è un problema per il settore zootecnico europeo. La lana di scarto è in gran parte smaltita in discarica o illegalmente abbandonata nei pascoli, dove degrada lentamente. Di conseguenza lo stoccaggio, il trasporto e lo smaltimento della lana sucida rappresentano un costo che grava sull'utile degli allevatori in quanto gli scarti di lana sucida sono soggetti ai vincoli della normativa europea [1]. D'altro canto la coltivazione della canapa nel nord Italia ha radici lontane ed ha rappresentato per molto tempo una preziosa risorsa economica: fino agli anni Trenta l'Italia era seconda solo alla Russia nella produzione canapiera mentre era prima come qualità della fibra. Tra le aree italiane di produzione più significative c'erano Emilia Romagna, Veneto, Campania, Piemonte e Lombardia (in particolare le zone affacciate sull'Adda e sul Mincio). Il progetto VeLiCa [2] (acronimo di Vegetali Lino Canapa, finanziato dalla regione Lombardia) si propone di studiare la possibile reintroduzione di colture tradizionali sul territorio italiano ed in particolare in Lombardia quali la canapa ed il lino, rendendone nuovamente remunerativa la coltivazione attraverso l'uso razionale di tutti i bioprodotti ottenibili dalle varie parti della pianta. Il progetto ha permesso di sperimentare un modello di bioraffineria integrata sfruttando sia l'olio sia la fibra tecnica e i residui di tutte le trasformazioni di canapa e lino, offrendo un'ampia gamma di prodotti a diverso valore aggiunto. Nel progetto VeLiCa l'utilizzo della fibra di canapa è stato rivisto rispetto a quello più tradizionale: una maturazione della pianta tale da consentire una produzione soddisfacente in semi da olio, fornisce una fibra corta e di scarsa qualità per il suo proficuo utilizzo nell'industria tessile. D'altro canto, la fibra così ottenuta, detta fibra tecnica, può trovare interessanti sbocchi applicativi nella preparazione di materiali compositi con materie plastiche (poliolefine e poliesteri biodegradabili) e in bioedilizia nella preparazione di pannelli isolanti termici e acustici in mista con lana di scarto. La canapa tecnica è stata miscelata con lana lavata di scarto e trattata con idrossido di sodio diluito a caldo sfruttando il diverso comportamento in alcali di canapa e lana. Le fibre di canapa in alcali mercerizzano, cioè rigonfiano, migliorano l'idrofilia e le caratteristiche meccaniche e i fascetti di fibre si separano nelle singole fibre. Le fibre di lana d'altro canto si idrolizzano parzialmente dando una matrice proteica adesiva, in seguito alla formazione dell'amminoacido lantionina a partire dalla cistina. Dopo neutralizzazione e asciugatura in stufa in stampi delle miscele trattate lana-canapa si ottengono dei pannelli in cui le fibre di canapa mercerizzate sono incollate dalla matrice proteica derivante dal trattamento alcalino della lana. Il lavoro di ricerca ha portato alla brevettazione di nuovi materiali compositi costituiti da scarti di lana e canapa per la produzione di pannelli isolanti che possiedono ottime caratteristiche in termini di densità, spessore, porosità, proprietà meccaniche e conducibilità termica [3]. In particolare è possibile modulare tutte queste caratteristiche variando concentrazione di alcali, tempi di trattamento e percentuali lana-canapa. L'aspetto che risulta peculiare rispetto agli altri materiali noti a base di fibre consiste nella possibilità di preparare pannelli autoportanti senza l'aggiunta di resine, elemento non trascurabile per una loro applicazione in bioedilizia. Figura 1. Pannelli autoportanti lana-canapa Il progetto Life+GreenWoolF, finanziato dalla Commissione Europea (accordo LIFE12ENV/IT/000439), ha come scopo la realizzazione di un processo ecologico per trasformare la lana di scarto non lavata in fertilizzante organico ammesso in agricoltura biologica [4]. La lana sucida è stata idrolizzata utilizzando acqua surriscaldata (alla temperatura di 170°-180°C) prodotta da una caldaia. Il progetto ha previsto la progettazione, la costruzione ed il collaudo di un impianto dimostrativo di idrolisi trasportabile, con capacità di 20 kg che utilizza vapore saturo diretto ad alta temperatura e pressione e che consente un notevole risparmio energetico e di acqua. L'impianto di idrolisi converte la proteina della lana in composti più semplici e, controllando il processo, è possibile ottimizzare le caratteristiche qualitative del prodotto finale, come ad esempio la velocità di rilascio di sostanze nutritive per le piante. Le analisi chimiche eseguite sui prodotti ottenuti hanno mostrato un idrolizzato ricco di proteine a basso peso molecolare e amminoacidi, nutrienti primari e micronutrienti con una concentrazione di metalli pesanti al di sotto del limite standard. Inoltre, i lotti di prodotto utilizzati per test di germinazione su semi di crescione (Lepidium Sativum) hanno mostrato un indice di germinabilità dei semi superiore al 100%, senza fitotossicità collaterale. L'idrolizzato proteico in forma liquida è inoltre stato miscelato con la biomassa lignocellulosica rimanente dopo la produzione della fibra di canapa (canapulo) per ottenere un materiale fertilizzante avente la consistenza di un terriccio che è stato anche trasformato in pellets. Attualmente sono state disposte prove in campo con l'idrolizzato in forma liquida da testare come fertilizzante sulla patata e come biostimolante su vite e piccoli frutti. I risultati saranno confrontati con il raccolto ottenuto con il metodo di fertilizzazione convenzionale per la patata o in assenza di biostimolante per le altre colture. Inoltre, è stata condotta una valutazione preliminare dei costi di processo che comprende il costo dell'impianto e la gestione del prodotto ipotizzando di rientrare nelle spese di investimento in due anni. (a) (b) Figura 2. (a)Reattore di idrolisi (b) fertilizzante in pellets Bibliografia 1. Zoccola, M.; Montarsolo, A.; Mossotti, R.; Patrucco, A.; Tonin, C. Green hydrolysis an emerging technology to turn wool waste into organic nitrogen fertilizer. Waste and Biomass Valorization 6 (5), 891-897. 2. http://www.velica.org/ 3. Brevetto n° GE2012A000028, "Materiale composito di origine naturale e metodo per la sua fabbricazione", Titolare CNR, Inventori: Patrucco Alessia, Tonin Claudio, Ravasio Maria Nicoletta, Ramella Pollone Franco, Bianchetto Songia Michela. Data di deposito 07/03/2012. 4. http://www.life-greenwoolf.eu/
2016
978-88-88417-14-1
Lana
canapa
fertilizzante organico
bioedilizia
materiale di scarto
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Descrizione: La valorizzazione degli scarti di Lana e Canapa
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