Il "prodotto" vuole evidenziare, nell'ambito di un nascente e già ricchissimo dibattito sulla storia più recente del nostro Paese, cui rinvia, in primo luogo un progressivo rarefarsi e scomporsi identitario: dal decennio 1971-1980 a oggi (scil. 2011), infatti, il patrimonio iconografico - prima che quello sociale e culturale, nonché politico - collettivo si fa sempre più lasco fino a restringersi sovente al campanile, mentre la crisi economica del 1973 costringe la Nazione a interrogarsi sul proprio futuro. il periodo che gioiosamente si apre con i girotondi e le mimose e sogna di aprire i lucchetti ai matti si chiude in una "stazionarietà prolungata e senza reattività". Da un Paese che pensava di sognare e poi realizzare utopie, l'Italia è diventata un Paese che esita, un po' smarrito e un po' incredulo. E fermo, dubbioso nella sua crescente irrilevanza, affaticato dalla difficoltà di decrittare la direzione del proprio futuro, invecchiato, sovente tiepido alle passioni, disincantato e un po' impaurito da questo mondo entrato impetuosamente, irrotto dal "globale" che scatena velocità e voracità mentre l'abecedario dei problemi irrisolti resta sempre lo stesso: il debito pubblico e la disoccupazione, la crescente divaricazione sociale e la diminuzione degli incubatori di impresa e delle imprese stesse, il lavoro in nero e il guadagno non dichiarato e ricomposto in private fortune, la politica sempre più autoreferenziale e percepita come ceto, i discount che invadono per far fronte alla terza settimana del mese e il credito per l'irrinunciabile divano da comprare, la prossimità virtuale che si accompagna a una crescente solitudine in case sempre più piccole con i televisori sempre più grandi. Il contributo risuona dei dibattiti storiografici ed economici e li volge in chiave coerente con la "mission" in un connubio di ricerca e diffusione dei suoi risultati.

Album italiano. Immagini e storie dall'unità a oggi

2011

Abstract

Il "prodotto" vuole evidenziare, nell'ambito di un nascente e già ricchissimo dibattito sulla storia più recente del nostro Paese, cui rinvia, in primo luogo un progressivo rarefarsi e scomporsi identitario: dal decennio 1971-1980 a oggi (scil. 2011), infatti, il patrimonio iconografico - prima che quello sociale e culturale, nonché politico - collettivo si fa sempre più lasco fino a restringersi sovente al campanile, mentre la crisi economica del 1973 costringe la Nazione a interrogarsi sul proprio futuro. il periodo che gioiosamente si apre con i girotondi e le mimose e sogna di aprire i lucchetti ai matti si chiude in una "stazionarietà prolungata e senza reattività". Da un Paese che pensava di sognare e poi realizzare utopie, l'Italia è diventata un Paese che esita, un po' smarrito e un po' incredulo. E fermo, dubbioso nella sua crescente irrilevanza, affaticato dalla difficoltà di decrittare la direzione del proprio futuro, invecchiato, sovente tiepido alle passioni, disincantato e un po' impaurito da questo mondo entrato impetuosamente, irrotto dal "globale" che scatena velocità e voracità mentre l'abecedario dei problemi irrisolti resta sempre lo stesso: il debito pubblico e la disoccupazione, la crescente divaricazione sociale e la diminuzione degli incubatori di impresa e delle imprese stesse, il lavoro in nero e il guadagno non dichiarato e ricomposto in private fortune, la politica sempre più autoreferenziale e percepita come ceto, i discount che invadono per far fronte alla terza settimana del mese e il credito per l'irrinunciabile divano da comprare, la prossimità virtuale che si accompagna a una crescente solitudine in case sempre più piccole con i televisori sempre più grandi. Il contributo risuona dei dibattiti storiografici ed economici e li volge in chiave coerente con la "mission" in un connubio di ricerca e diffusione dei suoi risultati.
2011
Istituto di Studi sul Mediterraneo - ISMed
8837086016
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/339141
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