Le sorgenti luminose a stato solido che utilizzano emettitori organici (Organic Light-Emitting Diodes o OLEDs [1]) sono già presenti sul mercato, ma la loro produzione si basa su complessi processi di evaporazione in alto vuoto che richiedono tempi lunghi e ne innalzano i costi di produzione. Al fine di utilizzare appieno le possibilità offerte dai materiali organici occorre passare ad un processo di fabbricazione, più semplice e sostenibile, basato su tecniche da soluzione. Allo stesso modo, le celle solari organiche (OPV) hanno un notevole vantaggio, rispetto a quelle basate sul silicio: sono leggere, trasparenti, adatte ad un mercato "off-grid" e possono essere fabbricate con tecniche da soluzione come "ink-jet printing" e "roll-to-roll". Il "gap" di efficienza, ma soprattutto la durata, rispetto alla controparte inorganica è però ancora tale da limitarne l'applicazione commerciale. Entrambe le tipologie di dispositivi organici si sviluppano con architetture multistrato, per cui le loro prestazioni sono fortemente dipendenti dalle proprietà delle interfacce tra i diversi strati che li compongono. L'ingegnerizzazione delle interfacce tra strato organico ed elettrodo gioca quindi un ruolo fondamentale nell'ottimizzazione del dispositivo [2]. I polimeri coniugati polari (PCP) sono stati recentemente proposti per svolgere questo ruolo. Si tratta di una classe di materiali semiconduttori che presenta catene laterali alchiliche con gruppi terminali polari o ionici (cationici, anionici o in forma zwitterionica) innestate su un backbone coniugato. Grazie alla natura delle catene laterali, i PCP sono generalmente solubili in solventi polari come metanolo, etanolo e acqua, diversamente dai semiconduttori polimerici tradizionali solubili in solventi organici. Questa solubilità in solventi "green" ortogonali a quelli in cui viene processato lo strato attivo del dispositivo, consente la fabbricazione di architetture multistrato con tecniche da soluzione ecosostenibili, rapide ed economiche, che mimano ciò che fino ad ora era una prerogativa dei processi di termo-sublimazione in alto vuoto. L'estrema facilità di processo di deposizione unita alle funzionalità ioniche hanno spinto la ricerca a sviluppare PCP per ottimizzare i dispositivi elettronici ed optoelettronici organici. Grazie alla formazione di dipoli elettrici all'interfaccia tra elettrodo e materiale organico, l'inserimento di PCP come "interlayer" può infatti portare a migliorare le efficienze sia degli OLED che delle OPV modificando le barriere di potenziale per l'iniezione/estrazione e trasporto delle cariche elettriche. Un ulteriore beneficio offerto dall'utilizzo dei PCP è quello di poter evitare l'impiego, come catodo, di metalli altamente reattivi (come bario o calcio) normalmente necessari per ridurre la barriera di potenziale per l'iniezione di elettroni nel livello di LUMO ("lowest unoccupied molecular orbital" [1]) dello strato organico attivo. Il PCP infatti, grazie alla formazione del dipolo all'interfaccia col metallo, è in grado di ridurre l'elevata barriera tra alluminio (tipico metallo utilizzato come catodo) ed il LUMO stesso. Eliminando metalli reattivi, il dispositivo risulta più stabile e durevole anche in aria. In questa ottica, abbiamo sintetizzato una serie di PCP basati su backbone di polifluorene e catene laterali terminate con diversi gruppi polari o ionici, e li abbiamo testati come "interlayer" in OLED e OPV. I risultati ottenuti hanno mostrato come i materiali testati siano effettivamente in grado di aumentare in maniera rilevante le prestazioni delle diverse tipologie di dispositivi optelecttronici.

POLIMERI CONIUGATI POLARI: MATERIALI ECOSOSTENIBILI PER INTERFACCE IN CELLE SOLARI E OLED AD ALTE PRESTAZIONI

M Pasini;F Galeotti;U Giovanella;F Carulli;S Luzzati
2016

Abstract

Le sorgenti luminose a stato solido che utilizzano emettitori organici (Organic Light-Emitting Diodes o OLEDs [1]) sono già presenti sul mercato, ma la loro produzione si basa su complessi processi di evaporazione in alto vuoto che richiedono tempi lunghi e ne innalzano i costi di produzione. Al fine di utilizzare appieno le possibilità offerte dai materiali organici occorre passare ad un processo di fabbricazione, più semplice e sostenibile, basato su tecniche da soluzione. Allo stesso modo, le celle solari organiche (OPV) hanno un notevole vantaggio, rispetto a quelle basate sul silicio: sono leggere, trasparenti, adatte ad un mercato "off-grid" e possono essere fabbricate con tecniche da soluzione come "ink-jet printing" e "roll-to-roll". Il "gap" di efficienza, ma soprattutto la durata, rispetto alla controparte inorganica è però ancora tale da limitarne l'applicazione commerciale. Entrambe le tipologie di dispositivi organici si sviluppano con architetture multistrato, per cui le loro prestazioni sono fortemente dipendenti dalle proprietà delle interfacce tra i diversi strati che li compongono. L'ingegnerizzazione delle interfacce tra strato organico ed elettrodo gioca quindi un ruolo fondamentale nell'ottimizzazione del dispositivo [2]. I polimeri coniugati polari (PCP) sono stati recentemente proposti per svolgere questo ruolo. Si tratta di una classe di materiali semiconduttori che presenta catene laterali alchiliche con gruppi terminali polari o ionici (cationici, anionici o in forma zwitterionica) innestate su un backbone coniugato. Grazie alla natura delle catene laterali, i PCP sono generalmente solubili in solventi polari come metanolo, etanolo e acqua, diversamente dai semiconduttori polimerici tradizionali solubili in solventi organici. Questa solubilità in solventi "green" ortogonali a quelli in cui viene processato lo strato attivo del dispositivo, consente la fabbricazione di architetture multistrato con tecniche da soluzione ecosostenibili, rapide ed economiche, che mimano ciò che fino ad ora era una prerogativa dei processi di termo-sublimazione in alto vuoto. L'estrema facilità di processo di deposizione unita alle funzionalità ioniche hanno spinto la ricerca a sviluppare PCP per ottimizzare i dispositivi elettronici ed optoelettronici organici. Grazie alla formazione di dipoli elettrici all'interfaccia tra elettrodo e materiale organico, l'inserimento di PCP come "interlayer" può infatti portare a migliorare le efficienze sia degli OLED che delle OPV modificando le barriere di potenziale per l'iniezione/estrazione e trasporto delle cariche elettriche. Un ulteriore beneficio offerto dall'utilizzo dei PCP è quello di poter evitare l'impiego, come catodo, di metalli altamente reattivi (come bario o calcio) normalmente necessari per ridurre la barriera di potenziale per l'iniezione di elettroni nel livello di LUMO ("lowest unoccupied molecular orbital" [1]) dello strato organico attivo. Il PCP infatti, grazie alla formazione del dipolo all'interfaccia col metallo, è in grado di ridurre l'elevata barriera tra alluminio (tipico metallo utilizzato come catodo) ed il LUMO stesso. Eliminando metalli reattivi, il dispositivo risulta più stabile e durevole anche in aria. In questa ottica, abbiamo sintetizzato una serie di PCP basati su backbone di polifluorene e catene laterali terminate con diversi gruppi polari o ionici, e li abbiamo testati come "interlayer" in OLED e OPV. I risultati ottenuti hanno mostrato come i materiali testati siano effettivamente in grado di aumentare in maniera rilevante le prestazioni delle diverse tipologie di dispositivi optelecttronici.
2016
Istituto per lo Studio delle Macromolecole - ISMAC - Sede Milano
polar polymers
interlayer
OPV
OLED
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/353262
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