E' praticamente più che superfluo ricordare che ci troviamo in un'epoca molto difficile in particolare per quanto riguarda il nostro Paese per ciò che concerne lo scottante tema del "lavoro". Settori sempre più ampi della nostra società si trovano a dover affrontare il problema della disoccupazione o del declino del potere d'acquisto dei salari, tutti fattori che causano poi un effetto "loop" rilevante nella capacità di spesa e nella fiducia dei consumatori. Poiché gli impieghi dove si richiedono elevate competenze e professionalità sembrano sempre più mete difficilmente raggiungibili, con pesanti ripercussioni sul fenomeno dei "cervelli in fuga", molte persone qualificate si trovano nella necessità di ripiegare su lavori meno qualificati pur di poter portare a casa uno stipendio. Per questo motivo, sempre più spesso troviamo a svolgere lavori tutto sommato umili uomini e donne, ragazzi e ragazze ad esempio con titoli di studio di livello universitario. La cosa pone una serie di domande. Un numero sempre crescente di persone "high skilled" entrano in competizione (anche fra di loro) per lavori poco qualificati rendendo estremamente vulnerabile il destino delle persone "low skilled". Inoltre l'espansione continua di nuove tecnologie, renderà sempre più precario ed incerto il futuro proprio di quei lavori "ultima spiaggia" che sono più esposti all'introduzione di sistemi di automazione di molte funzioni. Il problema è quale può essere il futuro di chi finisce con il perdere il proprio posto di lavoro poco qualificato. Tutto questo ha pesanti ripercussioni sul "valore" del lavoro che oggi sembra quindi diminuire sempre di più. La sfida del domani è quindi non solo creare occupazione in uno scenario mutevole fortemente caratterizzato dall'evoluzione della tecnologia, ma fare in modo che si possa tutelare la dignità stessa del lavoro: insomma si tratta di creare delle traiettorie tecnologiche fondate sull'evoluzione di un'innovazione continua e sostenibile capace di generare un numero adeguato di posti di lavoro decenti e dignitosi per un ventaglio ampio e variegato di persone integrando la prospettiva quantitativa dell'occupazione con quella qualitativa. Se si considera allora un quadro così complesso e sotto molti aspetti oggi abbastanza deprimente, il problema dei "pointless jobs" appare in tutta la sua stridente paradossalità.
Il problema dei "Pointless Jobs"
Cannarella C;Piccioni V
2018
Abstract
E' praticamente più che superfluo ricordare che ci troviamo in un'epoca molto difficile in particolare per quanto riguarda il nostro Paese per ciò che concerne lo scottante tema del "lavoro". Settori sempre più ampi della nostra società si trovano a dover affrontare il problema della disoccupazione o del declino del potere d'acquisto dei salari, tutti fattori che causano poi un effetto "loop" rilevante nella capacità di spesa e nella fiducia dei consumatori. Poiché gli impieghi dove si richiedono elevate competenze e professionalità sembrano sempre più mete difficilmente raggiungibili, con pesanti ripercussioni sul fenomeno dei "cervelli in fuga", molte persone qualificate si trovano nella necessità di ripiegare su lavori meno qualificati pur di poter portare a casa uno stipendio. Per questo motivo, sempre più spesso troviamo a svolgere lavori tutto sommato umili uomini e donne, ragazzi e ragazze ad esempio con titoli di studio di livello universitario. La cosa pone una serie di domande. Un numero sempre crescente di persone "high skilled" entrano in competizione (anche fra di loro) per lavori poco qualificati rendendo estremamente vulnerabile il destino delle persone "low skilled". Inoltre l'espansione continua di nuove tecnologie, renderà sempre più precario ed incerto il futuro proprio di quei lavori "ultima spiaggia" che sono più esposti all'introduzione di sistemi di automazione di molte funzioni. Il problema è quale può essere il futuro di chi finisce con il perdere il proprio posto di lavoro poco qualificato. Tutto questo ha pesanti ripercussioni sul "valore" del lavoro che oggi sembra quindi diminuire sempre di più. La sfida del domani è quindi non solo creare occupazione in uno scenario mutevole fortemente caratterizzato dall'evoluzione della tecnologia, ma fare in modo che si possa tutelare la dignità stessa del lavoro: insomma si tratta di creare delle traiettorie tecnologiche fondate sull'evoluzione di un'innovazione continua e sostenibile capace di generare un numero adeguato di posti di lavoro decenti e dignitosi per un ventaglio ampio e variegato di persone integrando la prospettiva quantitativa dell'occupazione con quella qualitativa. Se si considera allora un quadro così complesso e sotto molti aspetti oggi abbastanza deprimente, il problema dei "pointless jobs" appare in tutta la sua stridente paradossalità.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.