Lungo la costa toscana l'attività di pesca professionale più diffusa è quella artigianale, definita anche piccola pesca: circa 470 imbarcazioni con 800 addetti che catturano 1300 tonn annue per un ricavo di oltre 13 milioni di euro, esercitata da imbarcazioni di LFT <12m dotate di attrezzi passivi che non utilizzano il motore trainante nell'azione di cattura. Viene ritenuta un'attività all'avanguardia sia sul criterio della sostenibilità, che su quello sociale, ecologico ed economico, anche se non è infrequente il mancato rispetto della normativa che limita la consistenza degli attrezzi, nonché l'imbarco di personale non regolarmente iscritto. La pesca dilettantistica comprende tutti i tipi pesca non professionale o scientifica; si divide in pesca ricreativa, cioè l'attività esercitata a fini ricreativi, e pesca sportiva, cioè la pesca effettuata durante le gare agonistiche. La pesca ricreativa è un passatempo molto radicato in Toscana: coinvolge circa 67.000 pescatori amatoriali, di cui 29.600 agiscono da terra, 24.000 da barca e 13.400 subacquei. Viene stimata una spesa annua pro-capite media di 600 euro per oltre 40 milioni di euro. Tra la pesca ricreativa e quella professionale si verificano spesso situazioni di conflittualità, dovute anche all'attività svolta nelle stesse aree marine costiere ed a carico delle stesse specie ittiche. In particolare alcuni dilettanti si comportano da pescatori professionisti "fantasma", che, camuffati da pescatori ricreativi, commercializzano il pescato, causando fenomeni di concorrenza sleale ai danni dei pescatori professionali. Questi pseudo-professionisti talvolta utilizzano attrezzi non consentiti ai dilettanti, pescano con barche da diporto senza limiti di cattura, vendono illegalmente il pescato, commettendo illeciti fiscali, sanitari e contributivi. Questo svolgimento abusivo di attività di pesca pseudo-professionale risulta in Toscana spesso molto rilevante, sebbene sottovalutata e socialmente accettata, creando notevoli conflitti. Questo emerge chiaramente dalla libertà e dalla tranquillità con cui molti pescatori dilettanti, praticando formalmente attività di pesca ricreativa, vendono il pescato in accordo con ristoratori, negozianti compiacenti, clienti privati. In un paese come il nostro, probabilmente questo non è considerato un grande problema, ma ritenuto un reato minore e tollerabile. L'attuale severa crisi economica crea spesso situazioni di sofferenza sociale ed il mare è visto come una fonte di guadagno senza controlli, senza regole e senza limiti. La problematica potrebbe essere affrontata inizialmente attraverso una sensibilizzazione delle categorie interessate (politici locali, ambientalisti, ricercatori, cooperative di pesca professionale ed associazioni di pesca sportivo/ricreativa, negozianti, clienti, ristoratori, organi di vigilanza) mediante una efficiente collaborazione con scambio di notizie ed indicazioni su esperienze, problematiche, criticità, vicende, episodi, percezioni acquisite. Successivamente con una campagna di informazione e di disincentivazione nei confronti della commercializzazione illegale dei prodotti ittici derivanti dalla pesca pseudo-professionale. Gli orientamenti comunitari sulla "Crescita Blu 2020" indicano che la pesca ricreativa deve proporsi nei suoi nuovi valori e nelle sue prospettive in Unione Europa, inserendosi a fianco della pesca professionale e dell'acquacoltura nella gestione integrata della fascia costiera. Tali strategie possono diventare un elemento di unione fra le Associazioni di pesca professionale e quelle di pesca ricreativa, con programmi comuni di gestioni compatibili delle risorse alieutiche, correlati ad attività di interesse dalla costa alle realtà produttive dell'entroterra creando turismo, promuovendo prodotti e servizi locali del territorio rurale e marino capaci di sviluppare lavoro e benessere.

Pesca professionale artigianale e pesca ricreativa e sportiva nella costa toscana; possibile una coesistenza pacifica?

Sabrina Colella;
2016

Abstract

Lungo la costa toscana l'attività di pesca professionale più diffusa è quella artigianale, definita anche piccola pesca: circa 470 imbarcazioni con 800 addetti che catturano 1300 tonn annue per un ricavo di oltre 13 milioni di euro, esercitata da imbarcazioni di LFT <12m dotate di attrezzi passivi che non utilizzano il motore trainante nell'azione di cattura. Viene ritenuta un'attività all'avanguardia sia sul criterio della sostenibilità, che su quello sociale, ecologico ed economico, anche se non è infrequente il mancato rispetto della normativa che limita la consistenza degli attrezzi, nonché l'imbarco di personale non regolarmente iscritto. La pesca dilettantistica comprende tutti i tipi pesca non professionale o scientifica; si divide in pesca ricreativa, cioè l'attività esercitata a fini ricreativi, e pesca sportiva, cioè la pesca effettuata durante le gare agonistiche. La pesca ricreativa è un passatempo molto radicato in Toscana: coinvolge circa 67.000 pescatori amatoriali, di cui 29.600 agiscono da terra, 24.000 da barca e 13.400 subacquei. Viene stimata una spesa annua pro-capite media di 600 euro per oltre 40 milioni di euro. Tra la pesca ricreativa e quella professionale si verificano spesso situazioni di conflittualità, dovute anche all'attività svolta nelle stesse aree marine costiere ed a carico delle stesse specie ittiche. In particolare alcuni dilettanti si comportano da pescatori professionisti "fantasma", che, camuffati da pescatori ricreativi, commercializzano il pescato, causando fenomeni di concorrenza sleale ai danni dei pescatori professionali. Questi pseudo-professionisti talvolta utilizzano attrezzi non consentiti ai dilettanti, pescano con barche da diporto senza limiti di cattura, vendono illegalmente il pescato, commettendo illeciti fiscali, sanitari e contributivi. Questo svolgimento abusivo di attività di pesca pseudo-professionale risulta in Toscana spesso molto rilevante, sebbene sottovalutata e socialmente accettata, creando notevoli conflitti. Questo emerge chiaramente dalla libertà e dalla tranquillità con cui molti pescatori dilettanti, praticando formalmente attività di pesca ricreativa, vendono il pescato in accordo con ristoratori, negozianti compiacenti, clienti privati. In un paese come il nostro, probabilmente questo non è considerato un grande problema, ma ritenuto un reato minore e tollerabile. L'attuale severa crisi economica crea spesso situazioni di sofferenza sociale ed il mare è visto come una fonte di guadagno senza controlli, senza regole e senza limiti. La problematica potrebbe essere affrontata inizialmente attraverso una sensibilizzazione delle categorie interessate (politici locali, ambientalisti, ricercatori, cooperative di pesca professionale ed associazioni di pesca sportivo/ricreativa, negozianti, clienti, ristoratori, organi di vigilanza) mediante una efficiente collaborazione con scambio di notizie ed indicazioni su esperienze, problematiche, criticità, vicende, episodi, percezioni acquisite. Successivamente con una campagna di informazione e di disincentivazione nei confronti della commercializzazione illegale dei prodotti ittici derivanti dalla pesca pseudo-professionale. Gli orientamenti comunitari sulla "Crescita Blu 2020" indicano che la pesca ricreativa deve proporsi nei suoi nuovi valori e nelle sue prospettive in Unione Europa, inserendosi a fianco della pesca professionale e dell'acquacoltura nella gestione integrata della fascia costiera. Tali strategie possono diventare un elemento di unione fra le Associazioni di pesca professionale e quelle di pesca ricreativa, con programmi comuni di gestioni compatibili delle risorse alieutiche, correlati ad attività di interesse dalla costa alle realtà produttive dell'entroterra creando turismo, promuovendo prodotti e servizi locali del territorio rurale e marino capaci di sviluppare lavoro e benessere.
2016
Istituto di Scienze Marine - ISMAR
Pesca
Costa Toscana
Conflittualità
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/375088
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