L'interesse che gli antichi romani hanno avuto per l'elemento "acqua" e per le acque termali in particolare, è arcinoto. Ne abbiamo testimonianze in tantissime opere letterarie (Lucrezio, Plinio, ecc.) e, soprattutto, in espressioni architettoniche di grande rilievo: ancora oggi impressionano per l'elevato livello di sviluppo tecnico e, nonostante l'incessante opera di demolizione e di devastazione perpetrata nel tempo e che in non pochi casi prosegue tuttora, continuano a connotare in modo marcato il territorio del nostro Paese. Basta pensare ai grandi acquedotti e ai sistemi di canalizzazione, alle cisterne che in alcuni casi potevano raggiungere dimensioni decisamente notevoli, alle reti fognarie, alle piccole e grandi fontane presenti nelle città, nei piccoli borghi e nelle campagne, alle macchine che utilizzavano l'acqua come forza motrice. Impossibile, poi, non citare le piccole e grandi strutture (sia pubbliche che private) che utilizzavano l'acqua per l'igiene personale, lo svago, la cura della persona: si tratta dei "bagni" e delle "terme" che erano presenti un po' ovunque e che nella città di Roma raggiunsero dimensioni decisamente ragguardevoli. Solitamente quelle che indichiamo come "terme" venivano chiamate dai romani con il termine generico di aquae ed erano diffuse in tutto l'Impero. Queste strutture, costituite da edifici ed impianti, si presentano oggi sotto forma di ruderi tutto sommato modesti; anche le antiche sorgenti risultano spesso esaurite o con le acque deviate e sfruttate per altri scopi. Sin dai tempi più antichi i bagni in acqua furono impiegati non solo per la pulizia del corpo e per l'azione rinfrescante ma anche per specifiche proprietà salutari e curative. La combinazione di bagni caldi e freddi, attraverso le fasi di riscaldamento, raffreddamento, umidificazione e asciugatura, veniva considerata come una via per raggiungere l'armonia del corpo e dello spirito.

Aqua et igni: scienza e senso del sacro delle acque termali per gli antichi

Cannarella C;Piccioni V
2018

Abstract

L'interesse che gli antichi romani hanno avuto per l'elemento "acqua" e per le acque termali in particolare, è arcinoto. Ne abbiamo testimonianze in tantissime opere letterarie (Lucrezio, Plinio, ecc.) e, soprattutto, in espressioni architettoniche di grande rilievo: ancora oggi impressionano per l'elevato livello di sviluppo tecnico e, nonostante l'incessante opera di demolizione e di devastazione perpetrata nel tempo e che in non pochi casi prosegue tuttora, continuano a connotare in modo marcato il territorio del nostro Paese. Basta pensare ai grandi acquedotti e ai sistemi di canalizzazione, alle cisterne che in alcuni casi potevano raggiungere dimensioni decisamente notevoli, alle reti fognarie, alle piccole e grandi fontane presenti nelle città, nei piccoli borghi e nelle campagne, alle macchine che utilizzavano l'acqua come forza motrice. Impossibile, poi, non citare le piccole e grandi strutture (sia pubbliche che private) che utilizzavano l'acqua per l'igiene personale, lo svago, la cura della persona: si tratta dei "bagni" e delle "terme" che erano presenti un po' ovunque e che nella città di Roma raggiunsero dimensioni decisamente ragguardevoli. Solitamente quelle che indichiamo come "terme" venivano chiamate dai romani con il termine generico di aquae ed erano diffuse in tutto l'Impero. Queste strutture, costituite da edifici ed impianti, si presentano oggi sotto forma di ruderi tutto sommato modesti; anche le antiche sorgenti risultano spesso esaurite o con le acque deviate e sfruttate per altri scopi. Sin dai tempi più antichi i bagni in acqua furono impiegati non solo per la pulizia del corpo e per l'azione rinfrescante ma anche per specifiche proprietà salutari e curative. La combinazione di bagni caldi e freddi, attraverso le fasi di riscaldamento, raffreddamento, umidificazione e asciugatura, veniva considerata come una via per raggiungere l'armonia del corpo e dello spirito.
2018
Istituto per i Sistemi Biologici - ISB (ex IMC)
acque termali
scienza antica
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/376523
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