Scheda Sull'esemplare molto raro di un libro che si inscrive appieno nella storia della fortuna di Vico nel Settecento, ed in particolare nella polemica sul complesso problema del rapporto tra natura e cultura, e sull'interesse cha a partire dal Secolo XVIII matura intorno al dato antropologico. Il bel frontespizio è ornato da un fregio centrale, sovrastato da questo verso tratto dalle Divinarum Institutionum di Lattanzio: «Nec unquam fuisse homines in terra, qui praeter infantiam non loquerentur, intelliget cui ratio non deest. Lactant. Div. Inst. Lib. VI. Cap. X.». L'Apologia è la risposta che Bonifazio Finetti, che si firma con il nome del fratello Gian Francesco, indirizza ad Emanuele Duni, seguace delle idee di Vico, in seno alla polemica divampata tra i due dopo la pubblicazione di una sua precedente opera, i dodici libri De principiis juris naturae, et gentium adversos Hobbesium, Pufendorfium, Thomasium, Wolfium, et alios, pubblicata a Venezia presso lo stampatore Bettinelli nel 1764, sulla storia del diritto naturale. Finetti con essa intendeva ripristinare la dottrina cattolica e tomista che pone Dio a fondamento del diritto di natura contro i giusnaturalisti del XVII e del XVIII Secolo, con l'intento di stabilire un nuovo diritto naturale cattolico in grado di contrastare la scuola protestante, entrando in aperta polemica con Grozio, Hobbes, Spinoza, Pufendorf, e altri scrittori francesi e tedeschi, arrivando fino a Rousseau e Vico, accomunato al suo discepolo Emanuele Duni.
Bonifacio Finetti, Apologia del genere umano accusato d'essere stato una volta bestia. Parte prima. In cui si dimostra la falsità dello Stato Ferino degli Antichi Uomini colla Sacra Scrittura. Operetta che può servire di Appendice ai Libri De Princip. Jur. Nat. ed Gen. del Sig. G.F. Finetti. Venezia, appresso Vincenzo Radici, 1768.
Alessia Scognamiglio
2019
Abstract
Scheda Sull'esemplare molto raro di un libro che si inscrive appieno nella storia della fortuna di Vico nel Settecento, ed in particolare nella polemica sul complesso problema del rapporto tra natura e cultura, e sull'interesse cha a partire dal Secolo XVIII matura intorno al dato antropologico. Il bel frontespizio è ornato da un fregio centrale, sovrastato da questo verso tratto dalle Divinarum Institutionum di Lattanzio: «Nec unquam fuisse homines in terra, qui praeter infantiam non loquerentur, intelliget cui ratio non deest. Lactant. Div. Inst. Lib. VI. Cap. X.». L'Apologia è la risposta che Bonifazio Finetti, che si firma con il nome del fratello Gian Francesco, indirizza ad Emanuele Duni, seguace delle idee di Vico, in seno alla polemica divampata tra i due dopo la pubblicazione di una sua precedente opera, i dodici libri De principiis juris naturae, et gentium adversos Hobbesium, Pufendorfium, Thomasium, Wolfium, et alios, pubblicata a Venezia presso lo stampatore Bettinelli nel 1764, sulla storia del diritto naturale. Finetti con essa intendeva ripristinare la dottrina cattolica e tomista che pone Dio a fondamento del diritto di natura contro i giusnaturalisti del XVII e del XVIII Secolo, con l'intento di stabilire un nuovo diritto naturale cattolico in grado di contrastare la scuola protestante, entrando in aperta polemica con Grozio, Hobbes, Spinoza, Pufendorf, e altri scrittori francesi e tedeschi, arrivando fino a Rousseau e Vico, accomunato al suo discepolo Emanuele Duni.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.