A quasi quaranta anni dal sisma che sconvolse la Campania e la Basilicata il 23 novembre 1980, è possibile fare una sintesi delle modalità di ricostruzione dei paesi distrutti o gravemente danneggiati. In questo studio si evidenzia come gli effetti ambientali abbiano condizionato le scelte ricostruttive, sia in situ, sia lontano dal nucleo originario e come la popolazione ha percepito lo sviluppo urbanistico ai fini della mitigazione del rischio sismico. Il terremoto dell'Irpinia e della Basilicata può essere considerato attualmente il più forte sisma registrato in Italia negli ultimi 100 anni, fu caratterizzato da una intensità epicentrale I0=X MCS, I0=X ESI e magnitudo ML=6.9. Il sisma causò circa 3000 vittime e danni in 800 paesi ubicati soprattutto a ridosso dell'Appennino meridionale. Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Lioni, Santomenna, Sant'Angelo dei Lombardi, Caposele, Calabritto, San Mango sul Calore, San Michele di Serino, Pescopagano, Guardia dei Lombardi, Laviano, Sant'Andrea di Conza, Senerchia e Teora, furono quasi completamente distrutti. Numerosi e devastanti furono gli effetti sull'ambiente naturale quali fenomeni di fagliazione superficiale ma anche e soprattutto fenomeni franosi, fratture nel suolo, variazioni idrologiche e fenomeni di liquefazione. Il grave livello di danneggiamento e gli estesi fenomeni di dissesto idrogeologico, hanno in molti casi condizionato la ricostruzione, talvolta sconvolgendo l'assetto degli originari insediamenti abitativi. In quest'ottica sono stati eseguiti studi di dettaglio per alcuni dei paesi più gravemente colpiti dal terremoto: Conza della Campania, San Mango sul Calore, Calitri, San Michele di Serino e Romagnano al Monte. Di questi, Conza della Campania e Romagnano al Monte, sono stati delocalizzati e ricostruiti completamente ex-novo, non senza conseguenze socio-economiche per la popolazione, mentre San Mango sul Calore, Calitri e San Michele di Serino, hanno cercato di recuperare il patrimonio edilizio esistente e di ricostruire con prevalenza di strutture in cemento armato rispettando l'originale assetto urbano.
Il terremoto irpino del 23 novembre 1980: paesi ricostruiti come e dove
Sabina Porfido;
2019
Abstract
A quasi quaranta anni dal sisma che sconvolse la Campania e la Basilicata il 23 novembre 1980, è possibile fare una sintesi delle modalità di ricostruzione dei paesi distrutti o gravemente danneggiati. In questo studio si evidenzia come gli effetti ambientali abbiano condizionato le scelte ricostruttive, sia in situ, sia lontano dal nucleo originario e come la popolazione ha percepito lo sviluppo urbanistico ai fini della mitigazione del rischio sismico. Il terremoto dell'Irpinia e della Basilicata può essere considerato attualmente il più forte sisma registrato in Italia negli ultimi 100 anni, fu caratterizzato da una intensità epicentrale I0=X MCS, I0=X ESI e magnitudo ML=6.9. Il sisma causò circa 3000 vittime e danni in 800 paesi ubicati soprattutto a ridosso dell'Appennino meridionale. Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Lioni, Santomenna, Sant'Angelo dei Lombardi, Caposele, Calabritto, San Mango sul Calore, San Michele di Serino, Pescopagano, Guardia dei Lombardi, Laviano, Sant'Andrea di Conza, Senerchia e Teora, furono quasi completamente distrutti. Numerosi e devastanti furono gli effetti sull'ambiente naturale quali fenomeni di fagliazione superficiale ma anche e soprattutto fenomeni franosi, fratture nel suolo, variazioni idrologiche e fenomeni di liquefazione. Il grave livello di danneggiamento e gli estesi fenomeni di dissesto idrogeologico, hanno in molti casi condizionato la ricostruzione, talvolta sconvolgendo l'assetto degli originari insediamenti abitativi. In quest'ottica sono stati eseguiti studi di dettaglio per alcuni dei paesi più gravemente colpiti dal terremoto: Conza della Campania, San Mango sul Calore, Calitri, San Michele di Serino e Romagnano al Monte. Di questi, Conza della Campania e Romagnano al Monte, sono stati delocalizzati e ricostruiti completamente ex-novo, non senza conseguenze socio-economiche per la popolazione, mentre San Mango sul Calore, Calitri e San Michele di Serino, hanno cercato di recuperare il patrimonio edilizio esistente e di ricostruire con prevalenza di strutture in cemento armato rispettando l'originale assetto urbano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.