Le fasce, come son chiamati generalmente in dialetto locale i muretti a secco, sono ripiani artificiali di varie dimensioni, sostenuti da muri in pietre senza alcun legante, costruiti lungo i versanti dei pendii per creare campi coltivabili e permettere un'attività agricola altrimenti impensabile. Essi vengono realizzati, come riporta Rovereto (1924), da almeno due millenni e hanno profondamente caratterizzato il territorio ligure, tanto dal punto di vista agricolo, quanto da quello paesaggistico. Infatti, la costruzione e ricostruzione del paesaggio terrazzato ligure risale ad epoche remote, ma è un fatto che, per lunghissimo tempo, non ne troviamo traccia sui libri, perché risultato di fatiche, necessità, riflessioni tecniche, capace manualità, saperi tradizionali, preoccupazioni e speranze di un imprecisato numero di contadini anonimi, che disposero ad arte le pietre nell'erezione dei muri di contenimento dei campi, perché durassero e avessero futuro le comunità stesse, nei luoghi che scelsero a dimora. Quella varietà di campi artificiali creati lungo i pendii con elementi naturali - di solito pietre del luogo e terra riportata anche da lontano - hanno rappresentato, per molto tempo, una vita di fatiche, specchio di una agricoltura di sussistenza portata avanti da comunità che vivevano arroccate in borghi marginalizzati dal grande esodo dalle campagne alle città, a partire dagli anni Sessanta del Novecento e oggi quasi del tutto dimenticati. La fuga verso le città, per una prospettiva di vita migliore, hanno determinato l'abbandono di molte zone rurali e la conseguente mancata manutenzione dei muri ha provocato, negli ultimi decenni, una serie ripetuta e ininterrotta di frane, in un crescendo di smottamenti, dissesti anche gravi e diffusi sul territorio ligure; danni accompagnati purtroppo, dal sacrificio di vite umane, tanto da richiamare una forte attenzione sul problema e realizzare concreti interventi di ripristino. Di conseguenza, ne deriva che molteplici studi di carattere multidisciplinare sul paesaggio terrazzato hanno messo in luce l'importanza dell'opera del terrazzamento, delle tradizionali ed efficaci tecniche costruttive, della loro più ampia storia di patrimonio culturale, oltre che elemento base di un paesaggio agrario produttivo di colture specializzate, in particolare l'olivo e la vite che hanno raggiunto la massima produttività nella seconda metà dell'Ottocento; una dura attività di coltivazione e nel contempo manutenzione dei muri a secco che è continuata con una serie di difficoltà che vedremo nel testo, fino ai primi decenni del Novecento, per subire un declino quasi inarrestabile. Negli anni Ottanta del Novecento si apre una nuova fase quando Tiziano Mannoni, docente alla Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Genova, per primo nota la professionalità del contadino ligure, portatore di un "saper fare" empirico ed efficace, che sopperisce alla mancanza delle conoscenze matematiche e fisiche. E' l'inizio di una attenzione al lavoro del contadino ligure, al suo campo costruito e sostenuto con muri a secco e di un nuovo percorso di comprensione, anche se non facile e sempre in salita - come è la natura del territorio ligure - che ha portato infine al riconoscimento (28 novembre 2018) da parte dell'UNESCO dell'arte della costruzione dei muri in pietra a secco, categoria immateriale del Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Oggi l'immenso paesaggio agrario terrazzato può realmente rivivere con una buona politica del territorio che tenga conto non solo della valenza storico-culturale del paesaggio, ma anche della funzione strutturale e conservativa dei ripidi terreni liguri. I campi su fasce possono essere luoghi recuperati per una agricoltura sostenibile - se sufficientemente sostenuta dalle Istituzioni - una attività necessaria e conseguente al completamento della recente fase di ritorno e ripopolamento di molti borghi in stato di abbandono, nell'entroterra montano ligure. Inoltre, nelle nostre indagini abbiamo colto il segno di un'evoluzione e di un destino comune tra il recente recupero delle fasce e quello della riscoperta, anche se ardua, di antiche varietà, tanto da costituire un binomio indissolubile. Nell'ultimo secolo sono infatti scomparse numerosissime varietà coltivate di frutta, un inestimabile patrimonio di diversità genetica. Recuperando paesaggi rurali tradizionali, anche le antiche varietà presenti in Liguria saranno coltivate per alimentare un mercato a breve raggio. In effetti, la rivitalizzazione di questi spazi rurali può portare a produzioni di nicchia, favorendo la biodiversità, il prodotto locale e un impulso per l'agricoltura ligure.

I muretti a secco nel paesaggio agrario ligure

Ghiglione Giovanni
2020

Abstract

Le fasce, come son chiamati generalmente in dialetto locale i muretti a secco, sono ripiani artificiali di varie dimensioni, sostenuti da muri in pietre senza alcun legante, costruiti lungo i versanti dei pendii per creare campi coltivabili e permettere un'attività agricola altrimenti impensabile. Essi vengono realizzati, come riporta Rovereto (1924), da almeno due millenni e hanno profondamente caratterizzato il territorio ligure, tanto dal punto di vista agricolo, quanto da quello paesaggistico. Infatti, la costruzione e ricostruzione del paesaggio terrazzato ligure risale ad epoche remote, ma è un fatto che, per lunghissimo tempo, non ne troviamo traccia sui libri, perché risultato di fatiche, necessità, riflessioni tecniche, capace manualità, saperi tradizionali, preoccupazioni e speranze di un imprecisato numero di contadini anonimi, che disposero ad arte le pietre nell'erezione dei muri di contenimento dei campi, perché durassero e avessero futuro le comunità stesse, nei luoghi che scelsero a dimora. Quella varietà di campi artificiali creati lungo i pendii con elementi naturali - di solito pietre del luogo e terra riportata anche da lontano - hanno rappresentato, per molto tempo, una vita di fatiche, specchio di una agricoltura di sussistenza portata avanti da comunità che vivevano arroccate in borghi marginalizzati dal grande esodo dalle campagne alle città, a partire dagli anni Sessanta del Novecento e oggi quasi del tutto dimenticati. La fuga verso le città, per una prospettiva di vita migliore, hanno determinato l'abbandono di molte zone rurali e la conseguente mancata manutenzione dei muri ha provocato, negli ultimi decenni, una serie ripetuta e ininterrotta di frane, in un crescendo di smottamenti, dissesti anche gravi e diffusi sul territorio ligure; danni accompagnati purtroppo, dal sacrificio di vite umane, tanto da richiamare una forte attenzione sul problema e realizzare concreti interventi di ripristino. Di conseguenza, ne deriva che molteplici studi di carattere multidisciplinare sul paesaggio terrazzato hanno messo in luce l'importanza dell'opera del terrazzamento, delle tradizionali ed efficaci tecniche costruttive, della loro più ampia storia di patrimonio culturale, oltre che elemento base di un paesaggio agrario produttivo di colture specializzate, in particolare l'olivo e la vite che hanno raggiunto la massima produttività nella seconda metà dell'Ottocento; una dura attività di coltivazione e nel contempo manutenzione dei muri a secco che è continuata con una serie di difficoltà che vedremo nel testo, fino ai primi decenni del Novecento, per subire un declino quasi inarrestabile. Negli anni Ottanta del Novecento si apre una nuova fase quando Tiziano Mannoni, docente alla Facoltà di Architettura dell'Università degli Studi di Genova, per primo nota la professionalità del contadino ligure, portatore di un "saper fare" empirico ed efficace, che sopperisce alla mancanza delle conoscenze matematiche e fisiche. E' l'inizio di una attenzione al lavoro del contadino ligure, al suo campo costruito e sostenuto con muri a secco e di un nuovo percorso di comprensione, anche se non facile e sempre in salita - come è la natura del territorio ligure - che ha portato infine al riconoscimento (28 novembre 2018) da parte dell'UNESCO dell'arte della costruzione dei muri in pietra a secco, categoria immateriale del Patrimonio Mondiale dell'Umanità. Oggi l'immenso paesaggio agrario terrazzato può realmente rivivere con una buona politica del territorio che tenga conto non solo della valenza storico-culturale del paesaggio, ma anche della funzione strutturale e conservativa dei ripidi terreni liguri. I campi su fasce possono essere luoghi recuperati per una agricoltura sostenibile - se sufficientemente sostenuta dalle Istituzioni - una attività necessaria e conseguente al completamento della recente fase di ritorno e ripopolamento di molti borghi in stato di abbandono, nell'entroterra montano ligure. Inoltre, nelle nostre indagini abbiamo colto il segno di un'evoluzione e di un destino comune tra il recente recupero delle fasce e quello della riscoperta, anche se ardua, di antiche varietà, tanto da costituire un binomio indissolubile. Nell'ultimo secolo sono infatti scomparse numerosissime varietà coltivate di frutta, un inestimabile patrimonio di diversità genetica. Recuperando paesaggi rurali tradizionali, anche le antiche varietà presenti in Liguria saranno coltivate per alimentare un mercato a breve raggio. In effetti, la rivitalizzazione di questi spazi rurali può portare a produzioni di nicchia, favorendo la biodiversità, il prodotto locale e un impulso per l'agricoltura ligure.
2020
Istituto di Ricerca sulla Crescita Economica Sostenibile - IRCrES
978-88-448-1015-3
fasce
paesaggio agrario
storia
biodiversità
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/387232
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