L'EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è un approccio psicoterapico integrativo descritto per la prima volta da Francine Shapiro nel 1989 (Shapiro, 1989) e successivamente sviluppato negli anni '90. Inizialmente utilizzato per il trattamento di traumi psicologici, l'EMDR viene oggi utilizzato per affrontare una vasta gamma di disturbi psicopatologici che seguono esperienze di vita avverse (malattie, lutti, abusi, etc.) anche in comorbidità con depressione, abuso di sostanze, malattie oncologiche e disturbi alimentari. Il modello teorico dell'elaborazione delle informazioni adattive (AIP), che guida le procedure che caratterizzano l'EMDR (AIP, Shapiro, 2001), postula che gli effetti disturbanti che si verificano in seguito ad un trauma psicologico, causano una mancata sistematizzazione e memorizzazione nei network neuronali delle immagini, pensieri, emozioni e sensazioni associate all'evento che lo ha causato disregolando il sistema innato di elaborazione delle informazioni. In virtù di questo, informazioni non integrate sono più facilmente riattivate da stimoli che richiamano l'evento traumatico iniziale e possono dare origine a risposte di tipo emotivo, cognitivo e somatico. L'obiettivo delle terapie che utilizzano l'EMDR è di accedere a queste esperienze memorizzate in modo disfunzionale e di facilitare l'integrazione delle memorie traumatiche, stimolando i processi neurali naturali del consolidamento della memoria (Shapiro, 2012). L'efficacia clinica della terapia EMDR per il trattamento dei sintomi da DPTS (Disturbo Post-Traumatico da Stress) negli adulti, è stata ampiamente documentata in circa 30 studi randomizzati controllati e le linee guida di diverse organizzazioni internazionali la raccomandano come trattamento d'elezione in caso di traumi psicologici (American Psychiatric Association, 2004; Department of Veterans Affairs Department of Defense 2017; National Collaborating Center for Mental Health, 2005). La ricerca focalizzata sull'EMDR è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni e le tecniche di neuroimaging si sono dimostrate un potente strumento d'indagine per esplorarne i correlati neurobiologici. Ad esempio, l'impatto dell'EMDR sulle regioni cerebrali corticali e sub-corticali, coinvolte nel disturbo da DPTS, è stato dimostrato da diversi studi che attestano una chiara associazione tra la scomparsa dei sintomi e la normalizzazione delle variazioni funzionali. In questo ambito sono state utilizzate sia metodologie che permettono di confrontare lo stato neurobiologico pre e post-trattamento sia tecniche che consentono di monitorare l'attivazione corticale durante le sessioni EMDR. I recenti avanzamenti nel campo della ricerca sulla terapia EMDR, hanno inoltre postulato alcuni possibili meccanismi d'azione che facilitano l'elaborazione di memorie traumatiche patologiche.

I correlati neurobiologici dell'efficacia clinica e dei meccanismi di azione della terapia EMDR

Pagani M
2019

Abstract

L'EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è un approccio psicoterapico integrativo descritto per la prima volta da Francine Shapiro nel 1989 (Shapiro, 1989) e successivamente sviluppato negli anni '90. Inizialmente utilizzato per il trattamento di traumi psicologici, l'EMDR viene oggi utilizzato per affrontare una vasta gamma di disturbi psicopatologici che seguono esperienze di vita avverse (malattie, lutti, abusi, etc.) anche in comorbidità con depressione, abuso di sostanze, malattie oncologiche e disturbi alimentari. Il modello teorico dell'elaborazione delle informazioni adattive (AIP), che guida le procedure che caratterizzano l'EMDR (AIP, Shapiro, 2001), postula che gli effetti disturbanti che si verificano in seguito ad un trauma psicologico, causano una mancata sistematizzazione e memorizzazione nei network neuronali delle immagini, pensieri, emozioni e sensazioni associate all'evento che lo ha causato disregolando il sistema innato di elaborazione delle informazioni. In virtù di questo, informazioni non integrate sono più facilmente riattivate da stimoli che richiamano l'evento traumatico iniziale e possono dare origine a risposte di tipo emotivo, cognitivo e somatico. L'obiettivo delle terapie che utilizzano l'EMDR è di accedere a queste esperienze memorizzate in modo disfunzionale e di facilitare l'integrazione delle memorie traumatiche, stimolando i processi neurali naturali del consolidamento della memoria (Shapiro, 2012). L'efficacia clinica della terapia EMDR per il trattamento dei sintomi da DPTS (Disturbo Post-Traumatico da Stress) negli adulti, è stata ampiamente documentata in circa 30 studi randomizzati controllati e le linee guida di diverse organizzazioni internazionali la raccomandano come trattamento d'elezione in caso di traumi psicologici (American Psychiatric Association, 2004; Department of Veterans Affairs Department of Defense 2017; National Collaborating Center for Mental Health, 2005). La ricerca focalizzata sull'EMDR è cresciuta esponenzialmente negli ultimi anni e le tecniche di neuroimaging si sono dimostrate un potente strumento d'indagine per esplorarne i correlati neurobiologici. Ad esempio, l'impatto dell'EMDR sulle regioni cerebrali corticali e sub-corticali, coinvolte nel disturbo da DPTS, è stato dimostrato da diversi studi che attestano una chiara associazione tra la scomparsa dei sintomi e la normalizzazione delle variazioni funzionali. In questo ambito sono state utilizzate sia metodologie che permettono di confrontare lo stato neurobiologico pre e post-trattamento sia tecniche che consentono di monitorare l'attivazione corticale durante le sessioni EMDR. I recenti avanzamenti nel campo della ricerca sulla terapia EMDR, hanno inoltre postulato alcuni possibili meccanismi d'azione che facilitano l'elaborazione di memorie traumatiche patologiche.
2019
Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione - ISTC
9788857555102
EMDR
PTSD
Neuroimmagini
Meccanismi d'azione
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14243/393858
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