Le guerre a noi contemporanee hanno chiarito ulteriormente, se possibile, come i conflitti prolungati costituiscano un'occasione, per soggetti già ricchi di risorse economiche e di autorevoli relazioni, di implementare le une e le altre, fornendo ai poteri istituzionali armi, equipaggiamenti, servizi logistici e persino combattenti inquadrati nei ranghi di compagnie private. Anche lo studio comparativo e interdisciplinare, secondo i canoni della New Military History, dei dispositivi militari operanti in Europa e nel Mediterraneo durante la Prima età moderna - che integravano corte, burocrazia, esercito e società - ha chiarito, parafrasando il pensiero di Enrico Stumpo, come le guerre utili al potere sovrano non siano quelle che si combattono attraverso il consenso, ma quelle che generano consenso, che consentono di rinsaldare il rapporto privilegiato tra quello stesso potere sovrano e i sudditi o cittadini più potenti, distribuendo risorse pubbliche ai privati. Non sfuggì a questa logica la seconda fase delle Guerre d'Italia e una strategia di avanzamento che doveva necessariamente poggiare sui trattati diede certamente il suo contributo. Perché, se la presenza di una base militare francese, Torino, a pochi giorni di marcia da Milano e l'esistenza di un partito franciosante in ogni città o borgo, o quasi, del nord d'Italia di fatto costituivano una minaccia permanente, politica e militare, per tutti i centri fortificati di Lombardia, allora la sicurezza di tali piazze non dipendeva tanto dal numero ma dalla fedeltà dei militari che costituivano i presidi imperiali.
Conflitto dinastico e guerre di relazioni. Colpi di mano, 'trattati' e congiure nell'Italia contesa tra Asburgo e Valois
Michele Maria Rabà
2018
Abstract
Le guerre a noi contemporanee hanno chiarito ulteriormente, se possibile, come i conflitti prolungati costituiscano un'occasione, per soggetti già ricchi di risorse economiche e di autorevoli relazioni, di implementare le une e le altre, fornendo ai poteri istituzionali armi, equipaggiamenti, servizi logistici e persino combattenti inquadrati nei ranghi di compagnie private. Anche lo studio comparativo e interdisciplinare, secondo i canoni della New Military History, dei dispositivi militari operanti in Europa e nel Mediterraneo durante la Prima età moderna - che integravano corte, burocrazia, esercito e società - ha chiarito, parafrasando il pensiero di Enrico Stumpo, come le guerre utili al potere sovrano non siano quelle che si combattono attraverso il consenso, ma quelle che generano consenso, che consentono di rinsaldare il rapporto privilegiato tra quello stesso potere sovrano e i sudditi o cittadini più potenti, distribuendo risorse pubbliche ai privati. Non sfuggì a questa logica la seconda fase delle Guerre d'Italia e una strategia di avanzamento che doveva necessariamente poggiare sui trattati diede certamente il suo contributo. Perché, se la presenza di una base militare francese, Torino, a pochi giorni di marcia da Milano e l'esistenza di un partito franciosante in ogni città o borgo, o quasi, del nord d'Italia di fatto costituivano una minaccia permanente, politica e militare, per tutti i centri fortificati di Lombardia, allora la sicurezza di tali piazze non dipendeva tanto dal numero ma dalla fedeltà dei militari che costituivano i presidi imperiali.File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: Conflitto dinastico e guerre di relazioni.
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