Durante la tarda età moderna, in Europa, lo zucchero si democratizza: da bene di lusso e indicatore di status, diventa un prodotto di prima necessità. Il periodo napoleonico è un eccellente punto d'osservazione di questo processo, scontato nei suoi esiti novecenteschi ma svoltosi in modo tutt'altro che omogeneo e lineare nelle diverse regioni europee. Difatti, le guerre antifrancesi e il Blocco continentale compromisero i commerci coloniali, determinando per i consumatori europei una notevole contrazione dell'offerta di zucchero di canna. La scarsità del prodotto coloniale orientò la ricerca scientifica e gli investimenti industriali verso l'individuazione di uno 'zucchero europeo', che fu infine identificato nello zucchero di barbabietola. Ma non tutti i Paesi registarono le medesime reazioni sul fronte delle tensioni sul mercato dello zucchero come sotto il profilo dell'impegno scientifico e industriale nella produzione di uno 'zucchero indigeno'. L'articolo esamina queste vicende con particolare riferimento al Regno di Napoli. Si dimostra che, nel corso del XVIII secolo, i consumi di zucchero furono generalmente bassi, configurandosi come significativi (i.e. di massa) soltanto nella Capitale. La contrazione dell'offerta coloniale provocò, come altrove, la ricerca di prodotti sostitutivi, con buoni risultati visto che, già a partire dagli anni '90, un buon numero di impieghi gastronomici e farmacologici fu soddisfatto da uno sciroppo d'uva che era possibile produrre in modo artigianale. Le condizioni per l'investimento industriale non erano dunque le più favorevoli. Malgrado ciò, nella scia di quanto accadeva negli altri Paesi gravitanti nell'orbita napoleonica, anche a Napoli il governo incentivò l'investimento industriale nel settore e, grazie alla fattiva collaborazione di valenti chimici locali, Napoli ebbe le sue fabbriche di zucchero. L'articolo ne ripercorre le brevi ma sintomatiche vicende: gli ambigui rapporti degli imprenditori con il governo, il ruolo dei savants nella definizione dei processi industriali, la difficile affermazione dei loro prodotti sul mercato interno, la inevitabile caduta delle imprese seguita alla ripertura dei traffici coloniali.
«Un genere pressocché necessario». Consumo, politiche e industria dello zucchero nel Regno di Napoli in età rivoluzionaria e napoleonica
Ciccolella Daniela
2004
Abstract
Durante la tarda età moderna, in Europa, lo zucchero si democratizza: da bene di lusso e indicatore di status, diventa un prodotto di prima necessità. Il periodo napoleonico è un eccellente punto d'osservazione di questo processo, scontato nei suoi esiti novecenteschi ma svoltosi in modo tutt'altro che omogeneo e lineare nelle diverse regioni europee. Difatti, le guerre antifrancesi e il Blocco continentale compromisero i commerci coloniali, determinando per i consumatori europei una notevole contrazione dell'offerta di zucchero di canna. La scarsità del prodotto coloniale orientò la ricerca scientifica e gli investimenti industriali verso l'individuazione di uno 'zucchero europeo', che fu infine identificato nello zucchero di barbabietola. Ma non tutti i Paesi registarono le medesime reazioni sul fronte delle tensioni sul mercato dello zucchero come sotto il profilo dell'impegno scientifico e industriale nella produzione di uno 'zucchero indigeno'. L'articolo esamina queste vicende con particolare riferimento al Regno di Napoli. Si dimostra che, nel corso del XVIII secolo, i consumi di zucchero furono generalmente bassi, configurandosi come significativi (i.e. di massa) soltanto nella Capitale. La contrazione dell'offerta coloniale provocò, come altrove, la ricerca di prodotti sostitutivi, con buoni risultati visto che, già a partire dagli anni '90, un buon numero di impieghi gastronomici e farmacologici fu soddisfatto da uno sciroppo d'uva che era possibile produrre in modo artigianale. Le condizioni per l'investimento industriale non erano dunque le più favorevoli. Malgrado ciò, nella scia di quanto accadeva negli altri Paesi gravitanti nell'orbita napoleonica, anche a Napoli il governo incentivò l'investimento industriale nel settore e, grazie alla fattiva collaborazione di valenti chimici locali, Napoli ebbe le sue fabbriche di zucchero. L'articolo ne ripercorre le brevi ma sintomatiche vicende: gli ambigui rapporti degli imprenditori con il governo, il ruolo dei savants nella definizione dei processi industriali, la difficile affermazione dei loro prodotti sul mercato interno, la inevitabile caduta delle imprese seguita alla ripertura dei traffici coloniali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.